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Il nostro tempio interiore

Da Sharatan
Il nostro tempio interiore
“Più siamo “toccati” dagli esseri
e più la loro sostanza si unisce alla nostra.
In realtà tutto si tocca
e si implica reciprocamente.”
(Pierre Lévy)

Vivere nel mondo è come essere nel ciclone perché ovunque è lotta, è conflitto, ovunque è contesa e si vive nel confronto con gli altri, ma questo è il livello superficiale della realtà, per come appare se guardiamo solo superficialmente la vita. Vedere il mondo con uno sguardo superficiale è come guardare un mare in tempesta in cui le onde si lanciano contro gli scogli producendo rumore e frastuono, perciò siamo impauriti dall’agitazione e dal rumore di tutte le attività troppo potenti e disordinate: e tutto ciò riguarda sia la vita umana che l’attività del mare.
Ma la vita e il mare non sono affatto come sembrano poiché sotto la superficie di ogni mare tempestoso e ribelle, negli abissi marini, vi è una zona silenziosa in cui tutto è pace e silenzio, e in cui la vita del mare trascorre pacificamente e senza conflitti: è verso questo abisso di pace che è diretta la nostra ricerca spirituale. Nella vita possiamo scegliere se divenire come quella superficie in cui vi è violenza, vi è lotta, vi è sforzo, e in cui vi sono tutti gli impedimenti che causano malessere e angoscia: di solito l’uomo sceglie di identificarsi con la superficie delle cose, anche se è la parte più disturbata e più influenzabile dell’ambiente etserno.
Tutti i territori di frontiera sono dei luoghi in cui non vi è pace e tranquillità, poiché esse sono zone in cui si devono fronteggiare le forze ostili, infatti ci confrontiamo con ciò che ci è straniero e che non riconosciamo come nostro, e questo è inevitabile e fatale, perciò non è facile vivere tranquilli se siamo dei pionieri. I maestri spirituali insegnano che è possibile vivere bene in quei territori solo se riusciamo a “mettere radici nel centro,” perché saremo ben sicuri ed ancorati ad una terraferma da cui la visione dell’agitazione del mare diventa uno spettacolo meraviglioso da contemplare, e non un fenomeno temibile ed angosciante da subire.
Se l’uomo riesce a mettersi in quiete rendendo silenzioso e pacifico al suo interno, tutti i rumori del mondo non avranno pià un fracasso assordante, nulla sarà sbagliato o inadeguato e tutto sarà leggero come in un gioco. Invece, se l’uomo vive senza un centro definito e calmo viene totalmente assorbito dalla confusione esterna diventando un candidato alla follia inumana che è molto diffusa nella realtà moderna. Tutte le tecniche che possiamo usare per raggiungere questo equilibrio, tutto ciò che ci aiuta a penetrare nei nostri territori di frontiera, e che ci fa momentaneamente dimenticare il frastuono della superficie, tutto ciò ci riporta dove esiste solo la pace mentale e la gioia del cuore.
Se usiamo la mente per restare attaccati alla superficie delle cose illudendoci di restare sereni ci illudiamo, infatti ci insegnano a guardare al lato esteriore che riconosciamo meglio, per questo usare uno sguardo più raffinato e penetrante diventa difficilissimo, ma è un modo di vedere che può essere imparato. Ricordiamo sempre che la mente non vuole osare oltre i luoghi che gli sono familiari, perciò il consueto la rassicura, ed il lasciarsi andare ad un modo diverso di pensare gli causa l’incertezza e l’angoscia, sebbene sappiamo che il percorrere le stesse strade non ci può rendere né più forti, né più coraggiosi e neppure più audaci.
Vi sono tanti che si pongono al centro del mondo perché sono infelici ed inconsapevoli, infatti cercano di costruirsi un’importanza che non sentono di possedere, infatti essi vivono oppressi da un fatale errore di centratura che li aggancia all’ego che gli è stato inculcato con l’educazione, e da cui non sanno evolvere. Valutiamo comunque che, l’uomo non potrebbe esistere se non fosse differenziato e definito rispetto alla realtà che lo circonda, perciò è l’egoità umana che ci permette la coscienza e la consapevolezza individuali. Il nostro ego è come un guscio duro, esso è una buccia che racchiude la nostra tenera essenza interna: se non avessimo questa protezione tutta la nostra individualità si perderebbe nell’indeterminatezza.
La buccia ci protegge e ci separa dal mondo affinché possiamo costruire la nostra “casa dei mille tesori,” che è il tempio interiore in cui ospitiamo la divinità. Se non ci fosse un ego mancheremmo della protezione essenziale, ma questa scorza non deve divenire tanto dura da divenire un ostacolo per il seme si deve schiudere e maturare: infatti la nostra parte più dura deve dissolversi per dare spazio all’ascolto interiore che fa evolvere la nostra consapevolezza personale. Se possiamo percepire che “Io sono” in quanto esisto, è solo per il fatto che il nostro ego ha costruito quel confine difensivo necessario per incubare e per far crescere al sicuro la nostra individualità.
Anche se appare paradossale è solo con il possesso di un centro forte e solido che ci sostiene, e che ci lascia liberi di evolvere abbiamo un crescente progresso spirituale, seppure dobbiamo imparare ad uccidere un ego se è troppo strutturato e se diventa un accentratore e un tiranno prepotente. Similmente dobbiamo usare un salubre egoismo umano per sostenere un centro interiore troppo debole e fragile, affinché sia adeguato e robusto per procedere sulle strade del mondo. Osho scrive che l’uomo che muore con l’ego integro muore come un seme sterile, poiché non ha realizzato tutto il destino che gli era possibile e perchè non ha vissuto consapevolmente.
Noi percepiamo poco noi stessi, perciò sappiamo ancor meno avere una percezione degli altri, infatti possiamo solo fare delle illazioni e delle deduzioni mentali sugli altrui sentimenti e pensieri, infatti pensiamo alle persone come a delle cose su cui avanzare deduzioni e ipotesi mentali, quindi abbiamo timore che anche gli altri facciano la stessa cosa usandoci come oggetti. Questo è il motivo per cui l’uomo non ama eccessive intimità e perché mantiene la distanza e il distacco infatti, la mancanza di un solido centro interiore, ci impedisce di condividere la nostra consapevolezza senza avere il timore di essere destabilizzati dall‘impatto con gli altri, perciò temiamo di metterci in gioco.
Saper condividere la consapevolezza significa riuscire a perdersi pur restando noi stessi, perciò significa saper correttamente differenziare ciò che è nostro da ciò che ci proviene dagli altri, perciò sappiamo scambiare le nostre particolarità godendo di una intimità consapevole in un contatto aperto e fluido che sa lasciarsi andare al mondo e alle persone sentendosi in armonica fusione. Noi siamo preoccupati sempre per noi stessi, e abbiamo paura che ogni cosa nuova possa arrecarci infelicità perché nutriamo eccessivamente un ego che ci trascina nel lato mentale che vede solo infelicità e paura nella condizione umana, poiché l’uomo solitamente sfrutta e non condivide nulla con gli altri.
Dovremmo togliere ogni considerazione eccessiva costruita dall’Io ipoertrofico della mentalità errata che vuole la sola soddisfazione dei nostri desideri e delle nostre necessità, perché crea un centro falso e fittizio. Se impariamo a considerare anche le necessità degli altri nutriremo l’altruismo, la compassione e l’amore, e sapremo capire quando è il momento di essere il centro e quando dobbiamo divenire la periferia del mondo. Questo è il risultato dello sviluppo dell’empatia, con cui sappiamo divenire tanto sensibili da sentirci una sola cosa con tutto ciò che vediamo, che sia pietra, pianta, animale oppure essere umano, in quanto l’empatia è la capacità di avere lo sguardo profondo.
Sentire le affinità significa diventare sempre più empatici, perciò accrescere sempre più in consapevolezza per saper vedere il mondo in modo giusto, infatti lo vediamo in modo chiaro. Osho dice che le persone si perdono la bellezza sensuale del mondo perché temono di mettersi in gioco e rinunciano a condividere i loro sentimenti, gli stati d’animo e le loro esperienze avendo timore della profondità del pensiero e dell’intimità del sentimento. Il nostro contatto con il mondo si è corrotto perché si è persa questa comunicazione empatica tra gli esseri viventi a causa dell’isolamento e dell’egocentrismo che opprime l’essere umano, e che ci costringe e soffoca ogni consapevolezza spirituale.
Nel mondo tutto appare come materia ma questo è solo il livello superficiale perché, se scendiamo sotto la superficie dell’oceano vediamo il livello energetico che deve ascendere per divenire il terzo livello che è il pensiero consapevole, e che i mistici chiamano Dio, che è anche il centro del nostro mondo interiore ed è il livello più intimo e più profondo cui si può giungere. Nel corpo materiale vediamo l’involucro carnale in cui fluisce l’energia del prana ma, ancor più profondamente noi andiamo, più in alto si ascende per divenire consapevolezza.
Dicono che ogni cosa che esiste possiede questi tre livelli di vista, infatti tutto può essere visto basandosi su tre diversi livelli di percezione in quanto, dalla parte materiale si ascende alla parte vitale ed animica fino al risveglio dell’essenza spirituale più pura ed elevata. Se pensiamo a cosa siamo, noi diventiamo inconsistenti nel nostro pensare infatti, se chiudiamo gli occhi scompare tutto il mondo come scompare anche il nostro corpo, e resta soltanto la consapevolezza che “Io sono” perché qualcosa emerge dal mio centro e spinge verso l’esterno.
Non siamo pienamente se non quando diventiamo il Testimone consapevole dell’energia che ci pervade in merito di quella sensibilità empatica in cui la realtà scompare e compaiono tutti i colori e le sfumature del mondo circostante. Ma questo è possibile solo se ci innalziamo dalla prospettiva contingente e superficiale del mondo, e se sappiamo vedere con degli occhi sensibili e raffinati a ogni forma di energia e di luce che esiste, perché ogni cosa è viva e in ogni cosa vi è consapevolezza.
La mente scientifica non è l’unica metodologia per vedere la realtà, essa è il modo più lento e grossolano di guardare, perché non sa vedere tutti i livelli delle cose, la nostra mente razionale non sa osare perché vuole delle modalità certe, perché essa ama i paragoni e lavora con materiali ormai troppo datati. E’ solo il nostro cuore che sa fare a meno delle ragioni logiche per osare un salto conoscitivo che va oltre il sentiero della logica ordinaria, infatti è solo il cuore che sa creativamente “svisare” al gioco della vita. E’ questa la bussola sicura che noi abbiamo e che indica il nostro giusto orientamento, in cui ciascuno fortemente crede perché “sente” che è vero, e che è giusto seguire.
Allora noi osiamo una strada perché sappiamo che è la nostra, poiché una guida interiore ormai è desta e ci spinge ad agire, perché è dall’interno che emerge l’esigenza che sa vincere la mente costringendola ad arrendersi e mettersi da parte, perciò facciamo una rinuncia alle ragioni basate sui calcoli di probabilità e sulle prove del passato. La nostra vita va vissuta nel momento presente, perciò la decisione giusta è quella che giunge senza fatica e che proviene dall’interno della nostra pancia. E’ la mente che scende dalla testa, perciò il pensiero ci deve forzare per credere, ci può condizionare e ci può limitare, mentre la nostra guida interiore è sicura, in quanto vive nelle nostre viscere.
E’ la mente che ama le parti superficiali e che teme di scendere nelle profondità sconosciute mentre, la guida interiore sa ascendere velocemente assieme al nostro vero essere, e ci manifesta sempre qualcosa che è nostro, infatti vive dentro noi senza condizionamenti infusi da valutazioni esteriori e razionali. Nulla può mai interferire con ciò che noi sentiamo profondamente, e che sappiamo essere intimamente come una nostra prerogativa, e l’essere umano potrebbe vivere magnificamente se riuscisse a costruire la sua felicità sapendo usare questa guida sicura e affidabile, che è il Dio personale che vive nel nostro tempio interiore.
Buona erranza
Sharatan

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