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Il “nuovo” articolo 18 – Prima parte

Creato il 23 marzo 2012 da Cataruz
mar 23, 12 Il “nuovo” articolo 18 – Prima parte

In questi mesi si parla tanto di articolo 18, la norma che tutela il lavoratore dal licenziamento.

Molte cose sono state dette, quasi nessuna corretta, forse per strategia in parte sindacale o politica, comunque sia, sempre distorta e completamente sfasata.

Non resisto al “richiamo della foresta”; essendo stato un esperto in diritto del lavoro e avendo scritto libri anche sull’argomento qui trattato, mi sento tirato per la lingua e non riesco a trattenermi dall’esprimere il mio parere, e lo faccio contro tutti.

Va precisato che l’articolo 18 è una particolare norma prevista all’interno di un’altrettanta particolare legge, esattamente la numero 300 del 20.05.1970. Quindi, altro non è che un articolo inserito nella legge che da quaranta e passa anni viene denominata “Statuto dei Lavoratori”.

Cosa dice l’articolo 18?

Prima di tutto dice che può essere applicato SOLO nelle aziende che occupano più di 15 dipendenti, cioè da 16 in su.

Quindi, non a tutte e già questa è una discriminante! Ma andiamo avanti.

L’articolo 18 L. 300/70 prevede, per le sole aziende che superano i 15 occupati, che un licenziamento di un dipendente,    previa dichiarazione di “inefficacia” da parte del Giudice (decisione basata ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2 della legge n. 604/66, cioè che vi deve essere giusta causa o giustificato motivo per il licenziamento), va reintegrato nel proprio posto di lavoro e viene previsto un indennizzo del danno non inferiore a cinque mensilità (decide il Giudice) e, in caso di inadempienza al dispositivo da parte del datore di lavoro, anche i salari maturati dalla sentenza fino all’effettivo reintegro.

Di seguito il testo integrale:

ART. 18. – Reintegrazione nel posto di lavoro.

Ferma restando l’esperibilità delle procedure previste dall’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell’art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.

Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l’invalidità a norma del comma precedente. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all’art. 2121 del codice civile. Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a corrispondere al lavoratore le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione. Se il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, il rapporto si intende risolto.

La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.

Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all’art. 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.

L’ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l’ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell’art. 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.

L’ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.

Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all’art. 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo camma ovvero all’ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l’ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all’importo della retribuzione dovuta al lavoratore.

E’ palese il fatto che l’articolo 18, sempre comunque applicabile a una precisa tipologia di datore di lavoro (+ 15 dipendenti), non dice che tutti i licenziamenti andranno reintegrati, bensì solo quelli non ritenuti sorretti da giusta causa o giustificato motivo.

E qui casca l’asino!

Di cosa stiamo parlando, allora? 

Di tutti i licenziamenti, di quelli immotivati o di quelli sorretti da giusta causa o giustificato motivo?

Sfatiamo subito un concetto: i licenziamenti che sono sorretti da giusta causa o giustificato motivo, cioè quelli che alla base vi è SEMPRE una motivazione grave e documentata, l’articolo 18 non è applicabile, nemmeno se l’azienda supera i 15 dipendenti.

L’articolo 18 è la norma che, nel caso il Giudice dichiari l’inefficacia del licenziamento in quanto NON sorretto da giusta causa o giustificato motivo, prevede la reintegra.

Ma se, invero, il licenziamento fosse sorretto da giusta causa o giustificato motivo, l’articolo 18 NON è applicabile e, di conseguenza, il lavoratore non potrà essere reintegrato.

In pratica, al fine di garantire l’effetto giuridico dell’articolo 18, necessita obbligatoriamente la dichiarazione di INEFFICACIA del licenziamento da parte del Giudice.

Quindi, l’articolo 18 non è la tutela, ma la rimozione e il rimedio di un effetto illegittimo.

La tutela viene espressa dall’articolo 2 della legge 604/66, mai messa in discussione, la quale prevede che per licenziare è necessaria la GIUSTA CAUSA O il GIUSTIFICATO MOTIVO.

ATTENZIONE!

L’articolo 2 della legge 604/66 non si applica alle aziende che superano i 15 dipendenti, bensì a TUTTE.

Coerentemente, se dovessi difendere il diritto sacrosanto del lavoratore, io difenderei l’articolo 2 della legge n. 604/66.

Difesa del lavoratore = art. 2 L. 604/66 | Rimedio in caso di inadempienza = articolo 18 L. 300/70.

L’articolo 18 è un deterrente, è la cura della malattia, è la possibilità di poter rimediare e sistemare un torto, ma NON la garanzia che, tra l’altro, viene applicata a taluni al dispetto di altri.

Fatta chiarezza, è innegabile che oltre alla garanzia serve la norma che rimedi al torto, ma questa possibilità non deve, assolutamente, essere confusa con la vera garanzia e tutela che è e rimarrà sempre la GIUSTA CAUSA o GIUSTIFICATO MOTIVO, articolo 2 L. 604/66.

FINE PRIMA PARTE


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