Di fronte alla possibilità che il Parlamento, anche se in stato comatoso, scongiuri la pazzesca spesa per gli scadenti F 35, dopo l’esplorazione conoscitiva sull’apparecchio dei misteri, scende in campo il Quirinale a dire di abbandonare ogni speranza: quel caccia s’ha da compare. Così suona il vivo e vibrante monito di Napolitano dopo una riunione del consiglio supremo di difesa: ci fa sapere che il Parlamento non può porre veti al governo nel campo dell’ammodernamento militare.
Sebbene questo consiglio, formato dal Presidente, dal capo di stato maggiore e dai membri del governo, sia stato istituito come cavallo di troia delle volontà statunitensi con una legge del 1950 che gli ha conferito rilevanza costituzionale, finora ha sempre avuto un ruolo puramente consultivo. Et pour cause: non sta né in cielo né in terra che il Parlamento e i cittadini non possano mettere bocca sulle spese militari che sono poi tenuti a pagare ed è comunque il Parlamento che deve approvare i bilanci dello Stato. Quella legge del ’50 è oggi insensata perché rispetto al primo dopoguerra la situazione è radicalmente mutata anche rispetto ai tempi, alle tecnologie e alle ricadute produttive: di fatto nessuno sa quanto costerà un F35 perché il prezzo finale dipende da una quantità di fattori imponderabili. Dunque ci si impegna per una spesa non definita rendendo evidente che il golpe del consiglio supremo di difesa non solo è uno sfregio alla Costituzione e alla divisione dei poteri, ma anche al minimo buon senso.
In realtà si è di fronte ad una sorta di golpe a carattere presidenziale che trova probabilmente la sua spinta e la sua origine nell’impossibilità di non comprare una costosa carretta per la quale probabilmente sono già corsi sostanziosi “riconoscimenti” visto che la scelta ci allontana non solo dall’Europa, ma anche da un ruolo progettuale e produttivo raggiunto con l’Eurofighter e che con l’F35 viene ridotto ai minimi termini. Si deve essere riconoscenti per i mezzani di questo suicidio. Una decisione destabilizzante che nasce dall’opacità di fondo in cui è maturata l’operazione F35, a piccoli e insensati passi.
Sempre di più il Quirinale appare come garante di ogni insensatezza e nequizia delle caste, il Noè e il refugium peccatorum sotto le cui ali accorre una classe dirigente fallita e corrotta. E il caso degli F 35 da marginale che era, rischia di diventare il primo concreto e visibile passo di una operazione a carattere autoritario. Di fatto comprare un apparecchio tra i più costosi del mondo in un momento di drammatico impoverimento, sapendo da innumerevoli analisi che è una macchina mediocre, che non serve agli scopi per i quali si era dimostrato interesse 15 anni fa, che nessun pilota italiano ha mai provato e che per giunta sarà sempre controllato dagli Usa* (vedi nota), è talmente folle da rendere fin troppo evidente l’esautorazione di un Parlamento che già a sua volta ha esautorato i cittadini.
* Uno dei problemi più spinosi del nuovo caccia è la cessione dei codici sorgenti. L’ atout dell F35 consiste infatti nell’elettronica e informatica di bordo che dovrebbe aprire nuovi orizzonti di interconnessione tra i velivoli, i piloti e gli obiettivi. Sono emersi difetti anche in questo campo che, del resto, ha poco a che vedere con la macchina in sé, ma la questione è che la Lockheed si rifiuta di fornire i codici sorgenti di programmazione del sistema informatico ritenendolo segreto industriale. Così i vari Paesi che acquisteranno il caccia non potranno adattarlo alle loro esigenze, ma non potranno nemmeno sapere se nel software non sono presenti sottoprogrammi destinati a spiare e/o a bloccare e alterare le funzionalità in casi specifici o con certi segnali. E’ chiaro che un’arma di questo genere, non può essere venduta a scatola chiusa, come pretende la Lockheed ( per interposta Washington) suscitando così le perplessità di molti stati che avevano aderito al progetto.