Il Nuovo dizionario delle cose perdute di Francesco Guccini è uno di quei libri che si legge in un'ora o poco più. L'ho comprato due giorni fa, alle sei e mezza del mattino, dopo averlo notato passando davanti all'edicola. Poi sono entrato nel posto in cui lavoro da circa venti anni, ho acceso una fila di luci e mi sono accomodato sulla sedia di una delle casse ancora deserte, immergendomi nella lettura. Amo quei momenti, perché prima di iniziare a lavorare ho l'assoluta necessità di rilassarmi, di mettermi nella giusta predisposizione d'animo. L'attività commerciale apre al pubblico alle otto in punto, ma per quell'ora avevo già finito, passando ad altro. Che dire, di Guccini ho sempre apprezzato i frequenti rimandi al passato. Nostalgia, certo, ma anche necessità di mantenere in ordine i fili che legano i tempi andati al presente. Del resto basta dare una rapida occhiata a questo blog, per rendersi conto che - fatte le debite proporzioni tra me e lui - è qualcosa che faccio spesso anch'io. Con questo Nuovo dizionario delle cose perdute l'autore prosegue sul sentiero tracciato dal precedente volume della serie, passando in rassegna situazioni che non ci appartengono più, oggetti ai quali è ovviamente legata una storia. Gli anni che passano, il cambiamento, probabilmente il rimpianto. Non c'è altro da scorgere tra le righe, non occorre munirsi di chiavi di lettura diverse da quelle date da curiosità e voglia di sapere. Le 150 pagine sono caratterizzate da piacevole leggerezza, perché poi c'è modo e modo di raccontare e non è che sia proprio semplicissimo guidare la macchina del tempo, basta una piccola distrazione e si finisce fuori epoca. In realtà questo dizionario è assimilabile ad un termometro, per mezzo del quale possiamo misurare il nostro grado di... antichità. Escludendo le pezze al culo, sempre attuali per un sacco di motivi, chi ha qualche lustro in più ricorderà tutto, mentre chi di anni sulle spalle non ne ha molti troverà ridicole "cose" come il gettone o la carta carbone. Ecco, diciamo che io mi trovo a metà strada, troppo giovane per Coppi e Bartali, sufficientemente vecchio per il traforo. Una volta Guccini cantava non starò più a cercare parole che non trovo, per dirti cose vecchie con il vestito nuovo. Oggi invece le parole per le cose vecchie le trova. Mi fa molto piacere.
Magazine Diario personale
Il Nuovo dizionario delle cose perdute di Francesco Guccini è uno di quei libri che si legge in un'ora o poco più. L'ho comprato due giorni fa, alle sei e mezza del mattino, dopo averlo notato passando davanti all'edicola. Poi sono entrato nel posto in cui lavoro da circa venti anni, ho acceso una fila di luci e mi sono accomodato sulla sedia di una delle casse ancora deserte, immergendomi nella lettura. Amo quei momenti, perché prima di iniziare a lavorare ho l'assoluta necessità di rilassarmi, di mettermi nella giusta predisposizione d'animo. L'attività commerciale apre al pubblico alle otto in punto, ma per quell'ora avevo già finito, passando ad altro. Che dire, di Guccini ho sempre apprezzato i frequenti rimandi al passato. Nostalgia, certo, ma anche necessità di mantenere in ordine i fili che legano i tempi andati al presente. Del resto basta dare una rapida occhiata a questo blog, per rendersi conto che - fatte le debite proporzioni tra me e lui - è qualcosa che faccio spesso anch'io. Con questo Nuovo dizionario delle cose perdute l'autore prosegue sul sentiero tracciato dal precedente volume della serie, passando in rassegna situazioni che non ci appartengono più, oggetti ai quali è ovviamente legata una storia. Gli anni che passano, il cambiamento, probabilmente il rimpianto. Non c'è altro da scorgere tra le righe, non occorre munirsi di chiavi di lettura diverse da quelle date da curiosità e voglia di sapere. Le 150 pagine sono caratterizzate da piacevole leggerezza, perché poi c'è modo e modo di raccontare e non è che sia proprio semplicissimo guidare la macchina del tempo, basta una piccola distrazione e si finisce fuori epoca. In realtà questo dizionario è assimilabile ad un termometro, per mezzo del quale possiamo misurare il nostro grado di... antichità. Escludendo le pezze al culo, sempre attuali per un sacco di motivi, chi ha qualche lustro in più ricorderà tutto, mentre chi di anni sulle spalle non ne ha molti troverà ridicole "cose" come il gettone o la carta carbone. Ecco, diciamo che io mi trovo a metà strada, troppo giovane per Coppi e Bartali, sufficientemente vecchio per il traforo. Una volta Guccini cantava non starò più a cercare parole che non trovo, per dirti cose vecchie con il vestito nuovo. Oggi invece le parole per le cose vecchie le trova. Mi fa molto piacere.
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