Il nuovo orizzonte sino-iraniano

Creato il 07 novembre 2011 da Bloglobal @bloglobal_opi
di M. Dolores Cabras All’indomani del 40° anniversario delle relazioni diplomatiche sino-iraniane, celebrato in pompa magna a Teheran lo scorso 15 luglio, i due Paesi consolidano la loro strategic brotherhood, intensificano le attività di cooperazione economica e militare e pianificano un nuovo assetto geopolitico per lo scacchiere asiatico, del quale ambiscono a divenirne i custodi, l’Iran ad ovest e la Cina ad est.“Dopo 40 anni, un nuovo orizzonte è apparso nelle relazioni tra i due Paesi. Questo porterà a sviluppi positivi a favore delle due nazioni, delle altrenazioni e della regione “, così ha chiosato il Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Mahmoud Ahmadinejad, altermine dell’incontro con Hu Guoqiang, rappresentante del Comitato Centrale del PCC.Per riuscire a cogliere il senso intrinseco della simmetria di intenti sino-iraniana che sta preoccupando Stati Uniti ed Europa, e per scorgere lungo la linea sfumata di questo “nuovo orizzonte” i reciprocicore interests, quelli particolaristici e quelli condivisi, occorre fare un passo indietro nella storia ed indagare sull’atavicità dei rapporti bilaterali tra i due Paesi.La special relationship tra la Cina el’Iran non si fonda solo sulle note solidaristiche ed emotive del revanscismo regionalista e post-coloniale asiatico e non solo sull’anti-imperialismo, ma soprattutto sulla storicità della relazione tra le due millenarie grandi civilità d’oriente.La Persia, prima super-potenza dell’Asia centrale, e l’Impero di Mezzo, bastione dell’Estremo Oriente, hanno stretto il loro primo “defence pact” nel lontano 115 a.C., quando in Cina regnava la dinastia Han e in Persia dominavano i Parti, intrecciando i loro destini lungo i sentieri del commercio della Via della Seta che veicolavano merci, costumi e cultura fino al cuore dell’Europa.Da metà degli anni Settanta, è l’oro nero iraniano a dominare il mercato di interscambio con la Cina, e la cooperazione nel settore energetico sembra finora essere il nodo sostanziale dello stretto avvicinamento di Pechino aTeheran.Nonostante il pacchetto di sanzioni che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha imposto con una risoluzione all’Iran per il suo programma nucleare, la Cina è il suo primo partner economico e anzi profitta della condizione di isolamento internazionale di Teheran per ergersi quale suo interlocutore esclusivo e privilegiato, e per colmare con i propri investimenti i vuoti lasciati scoperti dagli altri partners.Il pragmatismo politico di Pechino antepone i rapporti bilaterali a quelli multilaterali, e la soddisfazione degli interessi egoistici alle condivise preoccupazioni della Comunità Internazionale sui piani nucleari dell’Iran.Cooperazione economicaGli scambi bilaterali sono notevolmente accresciuti negli ultimi anni tanto da capitalizzare un volume di affari che svetta attorno ai 21,2 miliardi di dollari. Più di 100 imprese cinesi operano nel Paese, offrendo manodopera, tecnologia e know-how agli iraniani nel settore energetico e infrastrutturale. Nel quinquennio 2005-2010 i Cinesi hanno concluso contratti per l’esplorazione e lo sfruttamento degli idrocarburi giacenti nel sottosuolo iraniano per un valore di 120 miliardi di dollari.L’Iran esporta nel Paese di Mezzo non meno di 408.000 barili di petrolio al giorno: nel 2009 la Cina ha importato l’oro nero per 3,12 miliardi di dollari e nel settembre 2010 le cinesi Sinopec e Cnpc hanno concluso accordi per finanziare alcuni progetti per la costruzione di raffinerie in Iran per 6,5 miliardi di dollari. Tuttavia, non essendo solo il petrolio a far gola a Pechino, così marzo 2009 è iniziato un nuovo sodalizio con Teheran per la costruzione di un gasdotto, capace di condurre ai Cinesi 2 miliardi di metri cubi di gas naturale e 70000 barili al giorno.D’altra parte, per l’Iran la cooperazione economica con la Cina, in un momento di emarginazione internazionale, è fondamentale per mantenere il proprio livello di industrializzazione e modernizzazione. Inoltre, occorre tenere in conto anche il vantaggio costituito dalla contropartita materiale che i cinesi offrono in cambio dei fruttuosi accordi sugli idrocarburi: sono numerosissimi i progetti d’opera conclusi e in corso per la costruzione di linee ferroviarie, strade, ponti nel vecchio regno Persiano.L’incapacità tecnologica di realizzare la raffinazione in loco ha di fatto indotto gli Iraniani a dipendere dalle importazioni di benzina dalla Cina, circa 40000 barili al giorno giungono in Iran dai porti dell’Estremo Oriente.Il programma nucleare iranianoDagli Stati Uniti arriva forte il monito ai Cinesi di allentare la cooperazione energetica con l’Iran, perchè offrire supporto tecnologico e costruire raffinerie nel Paese è “un segnale sbagliato da inviare in Iran, in questo momento in cui Teheran continua ad arricchire l’uranio a dispetto della Comunità Internazionale”, come ha riferito Howard Berman del Congresso Us.Si, perchè la Cina se da una parte proclama il diritto dell’Iran ad avere una tecnologia nucleare “pacifica”, dall’altra vota le risoluzioni adottate dal CdS delle Nazioni Unite contro il programma di arricchimento nucleare iraniano. Per spiegare quella che, senza tema di smentita, sembra essere una vera e propria contraddizione in termini, occorre riflettere sulle parole del Ministro degli Esteri della RPC, Liu Jianchao, che ha affermato di esser più che convinto che “le sanzioni unilaterali non sono di aiuto” e invita l’assemblea internazionale a tentare piuttosto la strada della paziente negoziazione.I dubbi sull’ambiguità della gestione cinese della questione del programma nucleare iraniano permangono e acutizzano le diffidenze degli Stati Uniti circa l’elusione da parte di Pechino delle sanzioni impartite all’Iran con la cessione e la vendita a Teheran di metalli, come il rame, il tungsteno, l’alluminio e il titanio, necessari per la fabbricazione di missili nucleari a lungo raggio.I Cinesi avrebbero potuto continuare a passare le materie prime agli iraniani legalmente, senza violare i limiti della risoluzione ONU, inviando a Teheran metalli in polvere piuttosto che in barre e lingotti.Questo potrebbe spiegare la reazione comunque benevola di Ahmadinejad, che continua ad esprimere la massima fiducia nei confronti del partner cinese, al voto della Cina a favore della risoluzione dell’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.Alla vigilia del nuovo dettagliato rapporto dell’AIEA sull’Iran e sul suo programma per sviluppare armi nucleari, l’agenzia di stampa Mehr ha riportato la notizia pubblicata sul giornale iraniano Kayahn, dell’imminente formazione di un nuovo triangolo strategico, Cino-Russo-Iraniano, diretto alla costituzione di uno scudo comune di difesa antimissile di contrappeso agli Stati Uniti in Asia centrale, in risposta a quello della NATO.Dopo tutto,cinesi e russi l’avevano preannunciato al Summit della Shanghai Cooperation Organization, tenutosi lo scorso giugno ad Astana, con il plauso dell’Iran dal suo seggio di osservatore: “lo sviluppo unilaterale e illimitato di sistemi di difesa missilistici da parte di un governo o di un piccolo gruppo di governi potrebbe danneggiare la stabilità strategica e la sicurezza internazionale”.È questo il nuovo orizzonte delle relazioni sino-iraniane?* M. Dolores Cabras è Dottoressa in Relazioni Internazionali (Università di Firenze)

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