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Il padre dell’archeologia? mah...

Creato il 21 luglio 2011 da Ilmulinodeltempo @IlMulinodelTemp

IL PADRE DELL’ARCHEOLOGIA? MAH...

Rovine di Troia: torre nella cinta muraria


Di Alberto Majrani 
Nell’intervista ad AlbertoMajrani http://ilmulinodeltempo.blogspot.com/2011/05/laltro-ulisse.html  abbiamo accennato a come l’identificazionedella mitica città di Troia in Turchia sia tutt’altro che sicura: ora l’autoreci regala un capitolo del suo libro “Ulisse, Nessuno, Filottete” (www.logisma.it) in cui viene approfondita laquestione.
QUI SI NARRA DELL’ASTUTOSCHLIEMANN
Qualcuno a questo puntopotrebbe spazientirsi, e domandare: ma Troia, allora? Heinrich Schliemann haben scoperto una città nell’Asia minore! In realtà l’identificazione del sitoturco di Hissarlik con la città dell’assedio ha sempre lasciato perplessi glistudiosi; gli archeologi seri tendono oggi a metterne in rilievo più ledifferenze che le analogie. Per esempio, gli studi geologici dimostrano chel’ampia pianura alluvionale che si trova alla base della collina su cui sarebbesorta Troia non esisteva ancora all’epoca del XII secolo avanti Cristo, datache viene comunemente considerata come la più probabile per l’evento dellaguerra. Il che significa che non c’era l’ampia spiaggia dove parcheggiare piùdi mille navi, non c’era la piana dove far correre i carri, e non c’era neancheil campo di battaglia!

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Rovine di Troia


 Schliemann, inoltre, nell’ansia di cercare i tesoridell’antica Troia, combinò dei disastri notevoli, scoperchiando i vari stratiarcheologici e danneggiandoli irreparabilmente. Credette di trovare il “tesorodi Priamo” nel secondo strato (risalente ad almeno mille anni prima dellapresunta data della guerra), identificando in seguito la città dell’assedio conil sesto o il settimo strato (gli strati archeologici vengono numerati inordine progressivo dal più profondo, che è anche il più antico, al piùrecente). Inoltre, lo stesso Schliemann era tutt’altro che un personaggioirreprensibile, e la sua autobiografia, che molti conoscono,  è ampiamente “romanzata”: parecchi episodicitati sono inventati di sana pianta, come per esempio la storia del suoincontro con il presidente degli Stati Uniti, la presenza a San Franciscodurante il famoso incendio della città, la stessa smania di scoprire levestigia di Troia fin dalla più tenera infanzia, e molto altro ancora.Rimandiamo a questo proposito al documentatissimo saggio di David A. Traill:“Schliemann e la verità perduta di Troia”, dove il professore americano mostradell’archeologo tedesco un ritratto molto meno lusinghiero di quello divulgatoda lui stesso e dai suoi ammiratori. Particolarmente gravi sono le accuse diaver alterato i risultati dei propri scavi con oggetti trovati altrove, forsecomprati o addirittura contraffatti, distorcendo molti dati archeologici epersino falsificando i propri diari per provare certe affermazioni. Addiritturail bel tipo si vantava della propria scorrettezza nei confronti di altriarcheologi che dovevano sovraintendere agli scavi, e contrabbandavaillegalmente i pezzi più preziosi, infischiandosene degli accordi sottoscritticon le autorità locali. Traill non sembra però sostanzialmente dubitare dellarealtà della scoperta delle rovine di Troia.

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Rovine di Troia

Tuttavia, molti archeologila pensano in modo diverso. Per esempio, il prof. Dieter Hertel (che insegna ArcheologiaClassica all’Università di Colonia ed ha preso parte a diverse campagne discavo nell’area di Hissarlik), nel suo libro Troia (Bologna 2003), dopoaver premesso che “fra i tanti strati che testimoniano le diverse ricostruzionidi Troia dopo ogni distruzione avvenuta nei secoli, le fasi Troia VI(1700-1300) e Troia VII (XIII secolo) non furono il teatro di famose impresemilitari”, sottolinea che «non è possibile parlare di una spedizione di grecimicenei contro la città, fosse essa Troia VI o Troia VIIa [...] Lo studio dellefasi Troia I-VII [...] ci ha rivelato i contorni di una lunga epoca storica,dai caratteri del tutto diversi da quelli del mondo e degli eventi descritti daOmero». Inoltre, «non vi è alcun indizio che consenta di attribuire a unaconquista la fine di Troia VI, VIIb1 e VIIb 2 [...] Anche nel caso in cui TroiaVIIa sia stata presa con la forza, questo evento non può aver trovato riflessonella saga greca: nemmeno il minimo indizio depone a favore di talepossibilità». Per di più, aggiunge Hertel, «nei dintorni di Troia non è statotrovato alcun segno di un assedio contemporaneo agli strati di distruzionerinvenuti nello scavo della città, portato da greci micenei o da altre popolazioni; né trincee,né accampamenti fortificati per le navi, né alcunché di simile è stato scopertonei dintorni della città, sulla costa settentrionale o nella baia di Beşika,nonostante le numerose e alacri ricerche condotte». Da notare che i turisti vengonospesso portati a vedere resti come la cosiddetta “tomba di Aiace”: peccato chetali reperti archeologici risalgano all’epoca romana, circa un millennio dopoOmero, e furono costruiti per far contenti i già allora numerosi viaggiatoriprovenienti da Roma, compresi alcuni imperatori, che restavano affascinatinello scoprire quelle che Virgilio aveva raccontato essere le “radici” degliantichi romani! Trascriviamotestualmente da Il libro dei libri perduti di Stuart Kelly:  «L'imperatoreAdriano cercò di districare quei resoconti contraddittori chiedendo un parerealla sibilla Pizia, che gli rispose: “Itaca è la sua patria, Telemaco suopadre, ed Epicasta, figlia di Nestore, la madre che lo partorì, un uomo che èdi gran lunga il più saggio fra i mortali”. 

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Imperatore Adriano

Se aveva ragione, e se Telemaco,figlio di Ulisse, era l'antenato di Omero, l'Odissea è una biografia di suononno oltre che un poema epico»e quindi, aggiungiamo noi, un espediente agiografico per legittimare il suopotere su Itaca. Così la Pizia, che era a capo dell’oracolo di Delfi, potevamagari essere a conoscenza di qualche “mistero”, ben custodito e ben tramandatoda generazioni. Niente male l'idea di Omero, figlio di Telemaco, che scrive lastoria della nobile casata...

Si aggiunga poi che se sivanno a vedere le descrizioni che Omero fa di Troia, per esempio nei libri XIIe XX dell’Iliade, ci si accorge che l’antica città di pietra del sito diHissarlik, fondata nel 3000 avanti Cristo sulla costa turca, ha ben poco incomune con quello che sembra un tipico villaggio fortificato dell’Europa nordica.Omero riferisce che le mura del campo degli Achei sono ancor più imponenti diquelle di Troia, ma che vengono in parte abbattute durante un attacco troiano,e che sono poi spazzate via dalla successiva piena del fiume. La stessa Troiaverrà poi completamente distrutta da un incendio: il tutto fa arguire che fossefatta in gran parte di legno; Omero sottolinea che solo le case dei membridella famiglia reale erano di pietra. Si consideri quanta fatica fece secolidopo Giulio Cesare per fare capitolare Alesia, la città dei Galli, per rendersiconto di quanto i villaggi del nord Europa fossero difficili da espugnare, puressendo protetti solo da robuste palizzate di tronchi. A questo punto si puòanche pensare, riprendendo le osservazioni di alcuni storici dell’anticaGrecia,  che il famoso “Cavallo di Troia”fosse in realtà una specie di “macchina da guerra”, non molto dissimile daquelle architettate da Cesare per conquistare Alesia.  L’eroe troiano Enea poi afferma (IliadeXX, 219-240) che la fondazione della sua città risale a meno di seigenerazioni prima, cioè a circa 200 anni addietro; quindi se la guerra datasseal 1200 avanti Cristo, e la fondazione al 1400, ci sarebbero “appena” 1600 annidi differenza con la data reale di nascita della città turca! Insomma, in pocheparole, non c’è quello che dovrebbe esserci, e c’è quello che non dovrebbeesserci! Alla fine di questo discorso, dunque, gli archeologi avrebbero tutti imotivi per tirare un bel sospiro di sollievo al pensiero che la gloriosa cittàcantata da Omero non sia quel cumulo di macerie devastato dal “mitico”Schliemann!Quindi la Troia della Turchia nonè altro che una delle tante città chiamate così, come ce n’è una in Puglia, unain Portogallo, una Troyes in Francia, una Troynovant nell’antica Inghilterra,per non parlare della ventina circa di Troy negli USA. Del resto questomeccanismo di chiamare luoghi diversi con lo stesso nome ha continuato aperpetuarsi dall’antichità fino ai giorni nostri: basti pensare che il termineEridano indicava anticamente un fiume europeo (non si è mai capito se il Rodanoo il Reno, o qualcun altro) e poi ha designato il Po. O a quanti monti Olimpoci sono: sette tra Grecia e Turchia, alcuni altri sparsi per il mondo, tra cuiuno in America, e uno persino su Marte! Quindi Schliemann non ha scoperto laTroia omerica, ma solo un’importante città dell’antichità che poi è statachiamata così. Sarebbe ora interessante scoprire quale città fosse, magari èproprio quella che gli Ittiti chiamavano Wilusa.  La sua non fu un'impresa particolarmentedifficile, in fondo: egli era un ricco mercante, che viaggiava molto ed eraappassionato di archeologia, in un’epoca in cui i ricchi viaggiatori eranopochissimi, e gli archeologi ancora meno. Bastava solo chiedere un po’ in giro elasciare qualche mancia, per scoprire resti interessanti. Bei tempi!

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