L’inchiesta è iniziata sei mesi fa su iniziativa del pm Marco Airoldi e seguita dal procuratore aggiunto Nicola Piacente. L’accusa è anche rivolta contro Gianfranco Massone e Antonello Gabelli, dal 2010 cootitolari della società assieme a Tiziano, poi fallita nel 2013.
L’avviso di garanzia è stato notificato all’ex imprenditore circa tre giorni fa, coincidente con la richiesta di proroga di indagini del gip. Ecco le dichiarazioni di Renzi padre: Prendo atto del provvedimento, ringrazio la magistratura, è un atto a mia tutela, ma essendo io indagato non posso dire niente. Appena avrò tempo, a dimostrazione di quanto sono preoccupato, farò un comunicato stampa.
La società oggetto della domanda era stata ceduta a un imprenditore genovese, ma adando a ritroso vi erano stati altri passaggi azionari e di gestione. D’altronde, lo stesso premier Matteo era stato, assieme alle sorelle, suo amministratore dal 1999 al 2004.
Gli stessi consiglieri di centrodestra, quando Matteo era stato eletto Presidente della provincia di Firenze, si erano indispettiti per come il suddetto si fosse distaccato dalla società. Aveva ceduto il 40% delle quote, scelta tattica efficace, considerando che gli sarebbero stati assicurati nove anni di contributi. Intanto i documenti a testimonianza della vicenda si dimostravano impeccabilmente regolari. Morale della favola, la vicenda venne accantonata.
Intanto una decina d’anni fa, la società con sede a Rignano sull’Arno, aveva aperto la filiale genovese. Nel 2005 vennero lasciati gli uffici, ma in maniera brusca: si aprì un contenzioso con il proprietario dell’immobile per le condizioni in cui erano stati lasciati i locali e per il mancato pagamento degli ultimi tre mesi, per un totale di 8000 euro.
A seguito fu ad essa notificato un decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di ben 11mila euro. Nel dicembre del 2010, padre Tiziano cedette un ramo d’azienda ala Eventi 6 srl , mentre la Chil Post fu ceduta a Gian Franco Massone, vicepresidente di un’altra società di consegne, la Delivery Service Italia. Ma la società non garantì risultati e ne venne dichiarato il fallimento.
Tra i creditori del fallimento della Chil Post è presente anche la Banca di Credito Cooperativo di Pontassieve, nonché la banca della città in cui il premier abita assieme alla famiglia. Il debito complessivo, stimato dal curatore fallimentare Maurizio Civardi, ammonterebbe di 496mila euro.
Intanto, rimaniamo in attesa di nuovi sviluppi.