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Il Paese bordello line

Creato il 20 febbraio 2012 da Albertocapece

Il Paese bordello lineLicia Satirico per il Simplicissimus

Corsi e ricorsi storici. Il 20 febbraio del 1958 veniva approvata in Italia la legge Merlin, che chiudeva le case di tolleranza, aboliva la regolamentazione della prostituzione e introduceva una serie di reati volti a punirne lo sfruttamento: un passo storico per un Paese che aveva, sino ad allora, considerato la prostituzione pubblica come esigenza igienica compatibile con Fede Patria e Famiglia, nell’ambito di un consolidato contesto culturale in cui la donna era tutelata solo come oggetto di pertinenza del padre o del marito. Le case di tolleranza erano presenti anche nello Stato pontificio, mentre quello italiano si è spesso preoccupato di adeguare il prezzo delle prestazioni al tasso d’inflazione (non erano ancora tempi di spread) o di stabilire con decreto ministeriale la durata minima della performance garantita al cliente: la decisione di eliminarle segnò il passaggio epocale verso un processo di emancipazione della donna poi divenuto inarrestabile.

Nel 1958 la violenza sessuale era un delitto contro la moralità pubblica e il buon costume. Erano tempi in cui l’adulterio era reato e non esisteva il divorzio, in cui la donna non aveva diritti su custodia ed educazione dei figli, in cui il ratto a fine di libidine si concludeva con l’indulgenza verso il rapitore che avesse ricondotto spontaneamente la res sottratta “alla casa donde la tolse o a quella della famiglia di lei” o l’avesse collocata “in altro luogo sicuro, a disposizione della famiglia stessa”. Erano gli anni in cui si discuteva della possibilità stessa di rispondere di violenza sessuale su una prostituta, soggetto a destinazione sessuale “non vincolata” e non meritevole di tutela come persona.

Lina Merlin era una donna fuori del comune: collaboratrice di Matteotti in gioventù, strenua antifascista impegnata nella Resistenza, membro dell’Assemblea costituente e poi senatrice della Repubblica, si è impegnata fino all’impopolarità nella lotta contro l’analfabetismo femminile e lo sfruttamento della prostituzione. Credeva nella necessità di colmare il divario sociale tra donne “rispettabili” e “non rispettabili”. Credeva nella dignità di tutte le donne e ha combattuto una strenua battaglia contro pregiudizi diffusi, scanditi ancor oggi dal periodico revirement di nostalgici dei bordelli.

In effetti, oggi la nostalgia dei bordelli è mitigata da una nuova, curiosa indulgenza verso la prostituzione d’alto bordo, sull’onda dei rigurgiti para-filantropici di un ex premier pronto a dichiarare che pagava prostitute perché non si prostituissero. Il processo Ruby ha aperto nuovi scenari sul fronte della prostituzione minorile e sui suoi utilizzatori finali, approdando in un Parlamento pronto a credere a nipoti d’Egitto. La mutata Weltanschaaung sul mercimonio di sé trova nelle parole di Terry de Nicolò, frequentatrice assidua dei festini di Arcore, la sua teorizzazione più esplicita: «se sei racchia e fai schifo te ne devi stare a casa. Se vuoi 20.000 euro al mese ti devi vendere anche tua madre». Risale a pochi mesi fa, del resto, lo sdoganamento della prostituzione per far carriera: la summa del diritto prostituzionale è opera di quello stesso Giorgio Stracquadanio che qualche giorno fa, martonizzandosi, ha definito sfigato chi guadagni appena 500 euro al mese.

Sembra che la prostituzione si inserisca oggi a pieno titolo nella campagna contro la monotonia del posto fisso tanto autorevolmente sponsorizzata. Le cose, però, non sono così semplici. L’apologia della prostituzione come stile di vita stride in modo drammatico con lo sfruttamento mortale di migliaia di giovani donne senza diritti, che vengono considerate da alcuni sindaci solo un problema per il decoro delle strade: una folla di donne senza dignità, ignorate dalle leggi, dalle ministre e persino dalla tv.
Nell’epoca dei contrasti, dell’iniquità, dell’esasperazione del divario tra pochi ricchi sempre più ricchi e molti poveri sempre più poveri, la prostituzione segna l’abisso tra libero arbitrio e necessità, tra lo stile di vita di chi si è venduto al denaro e quello di chi viene venduto per denaro. Ci piace pensare che, se avesse conosciuto Stracquadanio, Lina Merlin si sarebbe battuta per trasformare in reato anche la prostituzione intellettuale.


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