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Il paese delle prugne verdi – Herta Muller

Creato il 09 agosto 2010 da Viadellebelledonne

Il paese delle prugne verdi – Herta Muller

Un nonno dice: Le mie forbici da viticcio. Di giorno in giorno divento più vecchio e più basso e più magro. Ma le mie unghie crescono più veloci e più  grosse. Si taglia le unghie con le forbici da viticcio. Una bambina non si lascia tagliare le unghie. Fa male, dice la bambina. La madre lega la bambina alla sedia con la cintura dei suoi vestiti. La bambina ha occhi cupi e grida.” 

Un nonno, una madre, un padre, una bambina spuntano durante la narrazione, come spine da un arbusto di rovi. L’intero romanzo è ruvido, spinoso e pungente come un  roveto.

Il linguaggio è scarno, duro e tirato, sa di urlo trattenuto in gola che non ce la fa più. A tratti i ricordi della bambina affiorano come incubi, come sogni paurosi.

“L’ambiente” , come luogo delle proprie origini, quello di cui non ci possiamo più liberare, è scolpito sui volti  grigi indelebilmente ed è un ambiente di  miseria, di rassegnata abitudine alla paura e alla sopportazione. 

Lola muore suicida. 

“ Cinque ragazze stavano accanto all’ingresso dello studentato. In vetrina era appesa la foto di Lola, la stessa che stava nel libro del Partito. Sotto la foto era appeso un foglio. Qualcuno lesse a voce alta : Questa studentessa si è suicidata. Noi aborriamo il suo gesto e per questo la disprezziamo. E’una vergogna per tutto il Paese”.  

Quattro amici dello studentato, fra cui “la bambina” ormai adulta, i cui ricordi spuntano qui e là come una spina, prendono coscienza della Dittatura, si riuniscono a leggere libri proibiti segretamente nascosti e, come anche una grande moltitudine silenziosa e terrorizzata, anelano alla fuga oltre confine, sognano una vita normale fuori da un Paese rassegnato e paralizzato dal terrore, ove i “mangiaprugne” sono ovunque, spiano chiunque.

”Mangiaprugne” è un insulto. Si chiamano così gli arrivisti, i rinnegatori di se stessi, i leccapiedi privi di scrupoli usciti dal nulla, le persone che camminano sopra i cadaveri. Anche il Dittatore viene chiamato così. 

 “I mangiaprugne erano contadini. Impazzivano per le prugne verdi. Se le mangiavano lontani dal loro servizio. Regredivano all’infanzia, rubando prugne sotto gli alberi del paese. Non mangiavano per fame, ne erano avidi per il sapore aspro della povertà davanti alla quale appena un anno prima abbassavano gli occhi e chinavano il capo come davanti alla mano del padre.”   

Herta Muller , con uno stile evocativo e immaginifico, narra di povertà e paura, di riscatto che tarda ad arrivare , di personaggi adulti che parlano, agiscono e vivono come automi, di una terra aspra e scolpita da anni di silenzi e teste basse. Eppure nella cappa di grigiore metallico che avvolge tutto il romanzo, a tratti spiccano momenti di poesia, come quando descrive la demenza senile di una delle due nonne, quella che canta : 

“ La madre sta davanti allo specchio e si pettina. La nonna che canta si avvicina alla madre. La nonna che canta afferra con una mano la treccia nera della madre e con l’altra la propria treccia grigia. Dice : Ora ho due bambini e nessuno è mio. Mi avete ingannato entrambi, pensavo foste biondi. Toglie alla madre il pettine, sbatte la porta e se ne va col pettine in giardino.”  

e ancora

“Schiacciavamo tante cose con le parole in bocca quante coi piedi nel prato. Ma anche col silenzio.” 

Sara Ferraglia

Il Paese delle Prugne verdi – Keller Editore 

Herta Muller : Nata nel 1953 a Nitzkydorf nel Banato Svevo, regione di cultura e lingua tedesca passata dopo la seconda guerra sotto il controllo della Romania, ha studiato letteratura tedesca e rumena a Temesvari (Timisoara) vivendo a lato di un gruppo di scrittori e poeti rumeno-tedeschi (l’ “Aktionssgruppe Banat” di cui faceva parte Richard Wagner – con cui si sposò e si trasferì poi in Germania, che intendeva la letteratura come critica e contrapposizione al regime di Ceausescu.



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