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Il “Paese di merda”

Creato il 07 settembre 2011 da Fugadeitalenti

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Quando questo blog è partito, oltre due anni fa, mai avremmo immaginato di trovare un giorno, quale testimonial d’eccezione, persino il premier Silvio Berlusconi. Lo stesso che quasi vent’anni fa proclamava, in un noto spot pubblicitario, “L’Italia è il Paese che amo”.

Ore 23.24, 13 luglio, Berlusconi parla con Valter Lavitola: “Tra qualche mese me ne vado, vado via da questo Paese di merda… di cui… sono nauseato… punto e basta…“.

Estrapolate per un attimo queste parole, facendo finta di non conoscere la persona che fa questa affermazione. Non vi sembrano le stesse, magari meno volgari, che avete sentito ripetere migliaia di volte dai giovani di questo Paese?

E’ questo che colpisce. La confusione è totale: i responsabili di questa situazione e gli innocenti ormai si mischiano e si confondono, in un calderone dove diventa sempre più difficile distinguere chi è onesto intellettualmente, e chi no.

Prendiamo Berlusconi: al di là delle non trascurabili vicende giudiziarie che lo vedono coinvolto (impensabili, per un premier straniero), quotidiani autorevoli come il Wall Street Journal e il Financial Times (per non parlare, in passato del settimanale The Economist”), lo hanno accusato di: 1) confondere i mercati con le continue sbandate sulla manovra economica, 2) non avere lo stomaco per varare misure impopolari (ma necessarie), 3) avere una forte inclinazione per i colpi di teatro, 4) essere alla guida di un Paese con i giorni contati sui mercati. Insomma, qui di chi sarebbe la colpa? Di una non meglio definita “Italia”, o di chi non ha uno straccio di idea su come governarla?

Onestà intellettuale: ecco una merce di cui avremmo bisogno in quantità industriali. Per il momento, chiunque abbia anche solamente un briciolo di responsabilità nei confronti dello sfascio ormai evidente di questo Paese, è pregato di starsene zitto.

E di lasciare certe affermazioni a chi è stato veramente tradito e preso per i fondelli da una classe dirigente provinciale, inetta, corporativa e da Terzo Mondo. La lista è lunga, proviamo a stilarla sulla base delle ultime notizie:

-i giovani imprenditori di prima generazione, che secondo Datagiovani si sono ridotti di circa 64mila unità, 7800 in meno solo nell’ultimo anno. L’area più colpita dalla moria di imprenditori under 30 è -pensate- il Nordest. Non ci credono più, a investire in questo Paese.

-il 60% di giovani che continua a pensare che si possa trovare lavoro senza spintarelle o raccomandazioni. Già, perché il dato scandaloso, secondo l’Isfol, è che ben 4 giovani su 10 hanno trovato così un impiego. Per intenderci, i contatti nell’ambiente lavorativo, vale a dire la cosiddetta “segnalazione all’anglosassone” (la norma in Usa e UK), contano solo per il 7,5%. Ridicola la percentuale che trova lavoro con i Centri per l’Impiego: il 3%!

-il 27,6% dei giovani, ancora disoccupati. Nel Primo Mondo, in Olanda e Austria, non arrivano al 10%.

-ancora i giovani, che nel 2008 ricevevano ancora 300mila offerte di lavoro dalle aziende del Belpaese. Nel 2011 saranno solo 208mila. Fate voi i conti sul calo percentuale (!). Le statistiche sono di Datagiovani.

-tutti coloro che hanno studiato, investendo nella propria formazione: per le Acli, nel 2010 sono andate perse 70mila posizioni dirigenziali, 78mila impieghi da professionista della conoscenza, e oltre 100mila tecnici. Intanto il 45% dei disoccupati italiani vive in questa condizione da oltre due anni, mentre gli scoraggiati sono oltre il doppio della media europea.

-i ricercatori, che -sempre secondo le Acli- sono impiegati in quantità risibili dal settore privato: 105mila in tutto, con l’Italia fanalino di coda tra i Paesi più sviluppati. Sei volte in meno rispetto ai ricercatori del Giappone, tre volte e mezzo in meno rispetto a quelli della Germania (settore privato).

Sullo sfondo, un Paese dove i consumi sono fermi (in 17 regioni potrebbero risultare quest’anno inferiori rispetto a quelli del 2000), dove la crescita del Pil non raggiunge nemmeno più neppure la ridicola quota dell’1% (lo afferma l’Istat, confortata dalle stime di Bankitalia e dell’Fmi – +0,8% nel 2011).

Un Paese, per dirla con l’editorialista de Il Sole 24 Ore Carlo Carboni, alla ricerca disperata di un’élite con senso morale. Basterebbe -per cominciare- un’élite. Manco quella abbiamo… Ci bagna il naso persino la Turchia, che -come informa il portale Eurasianet.org, riesce a far rientrare tra gli 8000 e i 10mila giovani talenti all’anno.

Noi invece facciamo di tutto per farli scappare. Alla fine ci siamo talmente tafazzati, che se ne vuole andare persino il premier. Come sempre, la colpa sarà di nessuno. Tutti vittime, nessun colpevole. La solita Italia. Condannata non più al declino, ma all’estinzione.

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