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Il panpepato di Terni, ricetta e curiosità di un dolce di Natale

Creato il 16 dicembre 2015 da Berenice @beneagnese

Il panpepato è il dolce umbro natalizio per eccellenza di Terni e dell'area circostante.

Non c'è famiglia che nel periodo delle festività non ne abbia almeno uno nella dispensa o che non ne conservi la ricetta, tanto che anche la Regione dell'Umbria lo ha ricompreso tra i prodotti gastronomici tradizionali.

Fatto in casa o regalato o acquistato il panpepato è sempre presente sulla tavola di Natale e di Capodanno e, curiosità, vi rimane per tradizione fino a Pasqua, perché l'usanza vuole che almeno un esemplare venga conservato in attesa della festa di Resurrezione.

Gli ingredienti sono quelli forniti dalla stagione autunnale: frutta secca e farina arricchite da cioccolato, cacao, caffè, miele o zucchero, mosto cotto, uvetta, canditi e una buona dose di spezie che gli conferiscono il tocco di straordinarietà e preziosità al pari delle altre preparazioni gastronomiche delle feste di fine anno: tòrta o rocciata, panforte, pinoccate, maccheroni dolci e via dicendo.

Ma in questo caso nella ricetta più antica, che sembra risare al Cinquecento, oltre alla cannella e alla noce moscata c'è la sorpresa del pepe nero a predominare come gusto. Quello stesso pepe che nella dotazione alimentare di fine anno era presente nella credenza perché usato per insaporire le carni di maiale da stagionare (prosciutti, salsicce, capocolli, salami).

Il panpepato di Terni e dintorni ha la grandezza di un panino di colore marrone, con una superficie bitorzoluta che tradisce la presenza all'interno di nocciole, noci, pinoli e delicate mandorle, di consistenza dura ma pastosa e dal gusto piacevolissimo.

Come tutte le preparazioni tradizionali non c'è un procedimento unico da consegnare a chi volesse cimentarsi per la prima volta nella sua realizzazione, ma una miriade di ricette casalinghe o professionali che si discostano per piccole differenze, per l'aggiunta o meno di qualche ingrediente, per l'espressione 'fare un po' a occhio' che equivale a quantificare un ingrediente con 'quanto basta'.

'Li hai assaggiati quest'anno? Me sanno un po' troppo di pepe eppure so mejo dell'altra volta' - e così via a commentare i risultati.

La regola fissa è, però, che il panpepato quando si prepara deve bastare per tutti, per le necessità domestiche, per i regali, per gli scambi tra una famiglia e l'altra. Così la dose minima è quella che serve almeno per prepararne una ventina. Di meno neanche a sporcarsi le mani.

Sì, proprio sporcarsi, perché il miscuglio viene preparato tutto manualmente, dall'impasto alla fase di modellatura dei gustosi panetti, in un grande recipiente.

Sestilia, che tutti chiamano Bruna, settantaquattrenne originaria di Frattuccia di Guardea e residente a Narni, prepara i panpepati 'a la mejo' -dice lei- ma in realtà con una cura certosina. Inizia le operazioni il pomeriggio: sbuccia la frutta secca con prevalenza di nocciole perché a casa ne sono ghiotti, la sbollenta in acqua per togliere le pellicine, la tosta e poi prepara un impasto caldo usando liquore, miele duro sciolto a bagnomaria, caffè caldo, cedro candito e tutto il resto, specificando che la farina serve a dare consistenza per non far 'sbracare' cioè crollare i panetti. Racconta che alcune donne, per dare la classica forma conoide al panpepato, usano come forma un imbuto.

Sestilia-Bruna fa raffreddare l'impasto tutta la notte e poi, dopo aver confezionato i singoli pezzi, li cuoce nel forno. Dopo li avvolge a uno a uno nella carta stagnola e quando li porta in tavola li taglia a fette sottili.

Giuseppina, invece, originaria di Rocca San Zenone e residente a Borgo Bovio, segue la ricetta che le ha insegnato la mamma Iolanda. Non pela la frutta, usa il mosto cotto che a Terni si può acquistare in tutti i negozi, dolcifica solo con il miele perché dice che lo zucchero fa spaccare i panpepati durante la cottura; non fa riposare la pasta ma procede senza interruzioni dall'inizio alla fine impiegando circa due ore e mezza per prepararne una ventina. Per dare la forma ai panpepati bagna un mestolo nell'acqua, ci mette una porzione di impasto, lo sistema con la mano e poi spinge con un cucchiaio per far compattare bene il miscuglio; dopo lo rovescia delicatamente sulla piastra del forno rivestita di apposita carta per la cottura.

Ricorda che un tempo il pepe si metteva con più abbondanza mentre oggi se ne usa di meno per venire incontro al cambiamento dei gusti e che anche le quantità di pezzi preparati si sono dimezzate da quaranta a venti per anno.

(Nel link in basso la ricetta di Emanuela Vici, La maga in cucina, da Montefranco (TR))


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