Prima di Bergoglio, papa Wojtyla compì una visita pastorale a Sarajevo il 12 e il 13 aprile del 1997. In uno dei molti tra discorsi e omelie che pronunciò nella sua breve visita, Giovanni Paolo II disse che "le tensioni, che possono crearsi fra gli individui e le etnie come eredità del passato e come conseguenza della vicinanza e della diversità", avrebbero dovuto "trovare nei valori della religione motivi di moderazione e di freno, anzi di intesa in vista di una costruttiva cooperazione". Non pare che in Bosnia Erzegovina questo sia ancora accaduto, ma forse, più che per causa delle religioni, per colpa dei politici locali che continuano a sfruttare le appartenenza etniche per scopi elettorali condannando il Paese ad una perenne impasse.
Papa Wojtyla avrebbe dovuto recarsi a Sarajevo già nel 1994, quando ancora il conflitto era in corso. A quella visita, che poi non si realizzò, lavorò con discrezione anche Alexander Langer. Qui di seguito il testo che scrisse in quella occasione (ringrazio Edi Rabini per la segnalazione), così com'è riportato sul sito della Fondazione.
8.9.1994, Comunicato - Verona Forum"Non per pusillanimità Wojtyla ha rinunciato a Sarajevo - ci riprovi come pellegrino ecumenico!"No, non lo si può ritenere pusillanime per aver disdetto la visita a Sarajevo. Il Papa ha rinunciato, in questo momento, ad un gesto storico, sicuramente non per paure personali.Giovanni Paolo II aveva scelto di fare quello che tutte le grandi istituzioni internazionali avrebbero dovuto fare da tempo: andare a Sarajevo, non lasciare sola la città accerchiata, riconoscere e valorizzare l'unità pluri-religiosa e pluri-culturale della Bosnia Herzegovina, oggi massacrata da una feroce spartizione ed epurazione etnica. Un gesto tanto più significativo, in quanto da parte di molte gerarchie cattoliche troppi incoraggiamenti erano venuti alla voglia di "stare per conto proprio" e di "disfarsi degli altri, con i quali è impossibile convivere".Spero che il Papa non si lasci scoraggiare da questa disdetta, e che porti avanti con profetica determinazione quello che comunque si annunciava come il gesto umano, europeo e politico più alto e pregnante che si potesse compiere. Ma perchè non "alzare il livello", rendendo ancor più significativo - e forse anche meno attaccabile - la sua azione, trasformando con tutta umiltà e pazienza il suo viaggio "apostolico" in una visita "ecumenica", da preparare e da compiersi insieme ad esponenti religiosi di fede cristiana ortodossa, di fede musulmana, di fede israelita, di altre confessioni cristiane (evangeliche e riformate) europee?Oltre all'esplicita proposta che in questo senso ha manifestato il Patriarca Alessio di Mosca, vi era già stato un precedente: nel novembre 1991 una missione inter-religiosa, iniziata dal presidente delle comunità israelitiche francesi Jean Kahn, aveva riunito ecclesiastici cattolici, protestanti, musulmani in un viaggio a Belgrado ed a Zagabria. Si è svolto pure un incontro inter-religioso nell'ottobre 1993 a Sarajevo, in presenza del cardinale Etchegaray e del vescovo Monterisi, del Reis islamico di Sarajevo Efendi Mustafa Ceric, di esponenti ortodossi ed israeliti (al quale ho avuto l'onore di essere invitato, come esponente del Parlamento europeo e del Forum di Verona per la riconciliazione nell'ex-Jugoslavia). E non dimentichiamo la preziosa disponibilià già manifestata a proposito dal rabbino Elio Toaff.Spero che il Papa voglia considerare l'opzione ecumenica, per dare al tempo stesso soddisfazione a chi lo attende con ansia, e per rendere più fruttuoso e permanente l'impatto della sua visita. Se infatti nell'ex-Jugoslavia le religioni, da bandiere di guerra quali attualmente vengono impugnate, si trasformassero in elementi per ricostruire ponti di convivenza e di tolleranza, qualche speranza di uscire dal tremendo conflitto potrebbe rinascere.Bruxelles, 8.9.1994 Alexander Langer