La mancanza di lucidità è la polverina magica che gira nell’aria e appare solo come danza caotica nelle lame di luce. E’ ormai brulica anche nelle cronache papali, nell’esaltazione estatica e permanente delle parole di Bergoglio, nel calcare la mano con i bagni di ”popolarità” e il continuo riferimento alla povertà. Qualcosa che sta diventando imbarazzante, che scava alla velocità della luce una fossa gigantesca tra i molti discorsi e le azioni nulle e crea uno iato che alla fine potrebbe minare la credibilità dell’edificio retorico – pauperistico del papa, Se solo appunto ci fosse un minimo di lucidità.
A parte lo Ior dove è in corso una lotta fra clan e che comunque qualcosa la deve pur cambiare se non vuole essere considerato alla stregua di una banca caraibica, non c’è alcun segnale di cambiamento: i poveri, la condanna del profitto a tutti i costi, ma intanto la Chiesa continua a scremare risorse e a pretendere una sorta di zona franca per i profitti delle sue attività, a voler far parte del mondo ricco. L’otto per mille che viene utilizzato in gran parte per la chiesa stessa e non per opere di bene, continua tranquillamente il suo corso e così le esenzioni dall’imu e pure la richiesta di ricche donazioni alle sue scuole a detrimento di quella pubblica dove appunto vanno i poveri o quelli che vogliono una preparazione migliore e non al riparo della potenza di ricatto delle rette. Né cambiano di un millimetro i buoni rapporti con le istituzioni dei ricchi, si continuano a fabbricare gigantesche crune per farci passare canapi di calibro imbarazzante anche per una cattiva coscienza. Ci si congratula e si fa samba con quelle gerarchie che dai tempi di Wojtyla, hanno “normalizzato” la chiesa sudamericana a favore degli sfruttatori interni ed esteri o magari con i dittatori. Ci si accorge giorno dopo giorno che il pauperismo è l’espediente retorico e attentamente dosato di una chiesa in difficoltà, che sa di non per tacere. E cerca di far scambiare per voce ciò che è solo una eco.
E i media invece di svolgere un minimo di opera critica, si lasciano trascinare nel meccanismo, potenziando anche con le forzature questa impressione di cambiamento e ribaltamento. Proprio due giorni fa è balzato agli onori delle cronache una presunta rivoluzione bergoglica sui gay: «se una persona è gay, chi sono io per giudicarla». Una frase che si è subito diffusa come uno tsunami giungendo persino a lambire un rapito Vendola. Peccato che la frase riguardasse solo i gay che “cercano il signore e hanno buona volontà”, vale a dire quelli che hanno consapevolezza di essere nel peccato e che si astengono dai rapporti. Perché come lo stesso papa ha detto un gay è comunque una persona “che si è persa” e ” va aiutata”, sempre che sia ” persona per bene” .
Leggendo con un minimo di attenzione il passaggio papale che riporto integralmente alla fine del post, ci accorge che in realtà nulla è cambiato: che gli omosessuali non dovessero essere discriminati o emarginati, che fossero fratelli era già patrimonio della chiesa e il Papa in questo fa un diretto riferimento al Catechismo. Ma ciò non toglie che siano anche pecorelle smarrite, persone bisognose di aiuto ed eventualmente di cure. Dunque giudicate sulla base della loro buona volontà di cambiare o, non potendo, di rifiutare la loro condizione e le sue conseguenze carnali, per così dire. La Chiesa comprende, ma non accetta. Nulla di tutto questo è stato capovolto o rivoluzionato da Bergoglio: ciò che cambia è solo il tono e una certa astuzia mediatica nel far balenare riflessi che in realtà non ci sono.
Oddio meglio questo che il silenzio, meglio parlare di poveri che di finanza. Ma alla fine, come in ogni pauperismo che si rispetti, la povertà non ha un vero riscatto dalle sue cause e diventa una dimensione ontologica, un sacrificio offerto a Dio che tuttavia non garantisce il paradiso, ma anzi merita l’inferno se ci si ribella ad essa. Non è poi detto che la teologia della repressione debba sembra presentarsi con il guanto di ferro. Il velluto, come Bergoglio sa bene dai tempi della dittatura argentina, a volte è più efficace.
*«Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Non si devono discriminare o emarginare queste persone, lo dice anche il Catechismo. Il problema per la Chiesa non è la tendenza. Sono fratelli. Quando uno si trova perso così va aiutato, e si deve distinguere se è una persona per bene».