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Posto che quanto sembra conveniente fino al necessario lo sia in sé, ma che Dio torni conveniente fino al necessario per dargli fondazione trascendente, avere fede non fa troppa differenza col non averla. È il paradigma dell’ateo devoto e possiamo semplificarlo anche in questo modo: Dio non esiste, ma è bene far finta. La finzione può arrivare a rendere del tutto indistinguibile chi crede in Dio da chi non vi crede e, come se il Papa fosse davvero il Vicario del Figlio di Dio, si può arrivare anche a baciargli la mano (e meno male che non s’usa più baciarne la pantofola, sennò l’ateo devoto farebbe pure quello): Dio non esiste, la religione è solo un instrumentum regni, il gesto è puro ossequio conveniente fino al necessario. E però ogni finzione ha un punto debole e lì salta il paradigma: è quando Dio pretende priorità rispetto al fine del quale è stato chiamato a farsi instrumentum.
Il paradigma dell’ateo devoto che s’era preso una sbandata per Joseph Ratzinger salta proprio sul richiamo che Benedetto XVI fa alla priorità di Dio, perché “il discorso razionale resta sullo sfondo ma assume una veste ancillare di difficile comprensione per i laici extra ecclesiam” (Il Foglio, 27.11.2010). Se tra chi crede e chi non crede c’è accordo su quasi tutto ciò che per entrambi è conveniente fino al necessario, perché sostenere che senza Dio tutto cade? Fingere che esista non basta?Giuliano Ferrara è triste perché il suo Ratzi pretende troppo: “Benedetto conferma nel suo ultimo libro, con la consueta forza argomentativa, il dissenso cristiano da alcuni tratti insopportabili dell’esistenza moderna, ma la ricetta nella sostanza cambia: il teologo e filosofo proponeva che il secolo si comportasse «come se Dio ci fosse» […], mentre il pastore […] oggi si rivolge al suo gregge con un più prudente appello alla fede nel Dio vivente”, e così “le linee del suo insegnamento pastorale perdono in parte quell’attrazione trasgressiva, quel vigore provocatorio e quell’aura di sfida al secolo, sul suo infido terreno, che ci hanno fino a ieri fatto ragionare, magari anche un po’ delirare e, in un certo senso, credere di poter credere”. Un po’ di delirio, ok, ma la conversione, cazzo, è troppo.
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