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Il paradiso di Carrie Bradshaw

Creato il 10 ottobre 2015 da Nebbiadilondra @nebbiadilondra

Shoes: Pleasure and Pain si chiama la mostra che il Victoria and Albert Museum dedica alle scarpe, la passione, gioia e dolore di quasi tutte le donne (e di molti uomini) del mondo. Ma per me che ho trascorso la prima parte degli anni Duemila a guardare Sex and the City, questa incredibile distesa di scarpe di tutte le forme e colori si dovrebbe chiamare “Il paradiso di Carrie Bradshaw”…

“I thought these were an urban shoe myth!”

E non solo perché ci sono le mitiche Mary Jane disegnate da Manolo Blanick, quelle che fanno esclamare a Carrie: “pensavo che queste scarpe fossero una leggenda metropolitana!” quando le scopre nel magazzino di Vogue America, ma perché ammassati in questo piccolo e afoso spazio espositivo ci sono almeno venti secoli di storia: 200 esemplari che vanno da vere e propri delizie come un antico sandalo egizio del 30 A.C. finemente decorato in foglia d’oro, alle famose scarpette da ballo rosse del film omonimo del 1948, accabto ai moderni capolavori del suddetto Blahnik e dei due Christian più  famosi del mondo: Dior e Louboutin.

Christian Louboutin © Victoria and Albert Museum, London

Ma se Sex and the City ha ufficialmente trasformato Manolo Blanick nel calzolaio delle fiabe e le sue calzature nel simbolo di uno stile di vita elegante e raffinato come quello delle mitiche quattro donne che le indossano nel mio telefilm preferito, il ruolo giocate dalle calzature nella sociologia della moda e del costume è noto da tempo. Dimmi che scarpe porti e dirò chi sei. Forse perche’ più di ogni altro aspetto dell’abbigliamento le scarpe esprimono la nostra personalità, dettano il modo in cui ci muoviamo, rivelano le nostre passioni la nostra identità e, più che mai nel caso di noi italiani, la nostra nazionalità.

Da sempre poi le scarpe sono potenti indicatori dello stato sociale di chi le indossa. Chi non ricorda le scarpette rosse di Giustiniano nei mosaici di San Vitale a Ravenna, simbolo del suo stato imperiale?

The mosaic of Emperor Justinian and his retinue, 547 D.C. San Vitale, Ravenna.

The mosaic of Emperor Justinian and his retinue, 547 D.C. San Vitale, Ravenna.

E quanto più sono scomode e poco funzionali, quanto più le scarpe indicano che chi le porta non deve lavorare. Basta guardare le vertiginose pianelle indossate XIV e il XVII secolo dalle donne veneziane (prima) ed europee (poi) o delle minuscole scarpine di seta ricamata, lunghe solo 10 cm che coprivano i mozziconi di piedi delle donne cinesi, che erano regolarmente sottoposte alla barbarica pratica della fasciatura dei piedi – pratica abolita ufficialmente da un decreto imperiale solo nel 1902, ma continuata pare fino agli anni Cinquanta.

Chopines, Punched kid leather over carved pine, Venice, Italy,1600s © Victoria and Albert Museum, London

Chopines, Punched kid leather over carved pine, Venice, Italy,1600s © Victoria and Albert Museum, London

A 19th-century ‘Lotus’ shoe. Footbinding left women’s feet 8cm (3 in) long. V&A Museum

Dai tacchi rossi di Luigi XIV, alle vertiginose piattaforme delle geishe giapponesi, alle caratteristiche suole rosse di Christian Loubutin, le scarpe indicano appartenenza (o no) ad un circolo esclusivo e trasformano almeno idealmente, chi le indossa in re o regina per un giorno. E mentre, durante uno dei miei numerosi turni di lavoro all’interno della mostra, mi rifaccio gli occhi con una paio di strepitosi sandali argentati di Jimmy Choo, so tuttavia che mi sentirei molto più a mio agio indossando gli stivaloni dei moschettieri che fanno bella mostra di sé nella teca successiva, che più che Cenerentola, non mi dispiacerebbe essere D’Artagnan per un giorno. Certo non scambierei le mie Adidas con i famigerati zatteroni blu creati da Vivienne Westwood da cui Naomi Campbell è famosamente caduta nel 1993…

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Archiviato in:moda Tagged: Londra, monarchia, mostre, recensioni, scarpe, Sex and the City, storia del costume, televisione, Victoria and Albert Museum

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