Parco Selous - Kudu maggiore.
Cicogna dal becco a sella.
L'alba sorge piena nella boscaglia del Sable Mountain Lodge. Ho ancora nelle orecchie i fruscii della notte, il grattare curioso di ciò che si muoveva tra i cespugli bassi sotto le palafitte del bungalow isolato, gli stridori chiocci tra i rami più alti. Mentre nell'oscurità indovinavi il baluginare di occhi gialli nascosti tra le frasche, adesso che la luce penetra e rischiara l'aria gradualmente, tutto sembra addormentato e silenzioso come in un eden dopo la cacciata. Bisognerebbe fermarsi, almeno un po' a meditare, a riflettere, ripensare a Rilke quando diceva: "Ascolta, ascolta l'ininterrotto messaggio che dal silenzio si crea. Ecco fruscia qualcosa e viene a te". Davvero una stretta al cuore, lasciare la collina e il bosco. La pista malandata taglia in due il parco di Selous, il più grande dell'Africa, una immensa superficie solcata da torrenti ed enormi stagni stagionali in cui si insinuano i meandri marroni del fiume Rufiji. Si attraversa anche una vasta area in cui viene praticata la caccia. E' davvero incredibile la differenza del comportamento degli animali che ci vivono rispetto a quelli che popolano gli altri parchi. Intanto, se ne stanno tutti ben lontani dalla strada, in gruppi sparsi, zebre, gnu, antilopi e gazzelle. Quando l'auto corre lungo la pista, gli animali che i vari branchi lasciano di vedetta, la seguono con la coda dell'occhio, le giraffe tra i rami alti e spinosi delle acacie ed i bufali con le zampe ben piantate nel fango, ma appena rallenti o ti fermi per scattare una foto, ecco che, come percorsi da una scossa elettrica, ogni branco, anche quello più lontano si butta in una fuga precipitosa e impaurita, le gazzelle saltando sugli arbusti più bassi, gli animali più corpulenti al galoppo tra i tronchi caduti, lasciandosi alle spalle solo una nuvola di polvere rossa.Quando sono così lontani da diventare puntini confusi all'orizzonte, finalmente si fermano girando i musi ancora dubbiosi se quella sia la distanza di sicurezza per metterli al sicuro dal colpo fatale. I comportamenti ritornano normali, non appena superi i confini del parco vero e proprio, quasi che un cartello scritto come una sorta di salvacondotto ben chiaro, sia esposto a dirimere le aree e che ogni animale ne sia a conoscenza. Ecco infatti che dopo pochi chilometri anche i kudu, le più timide tra le antilopi, rimangono ferme ad osservarti a pochi metri, il maschio dalla gigantesche corna a torciglione, col capo eretto ed orgoglioso a guardarti fisso negli occhi. Le femmine con i piccoli brucano senza paura pochi metri più in là, mentre una famigliola di facoceri, indaffaratissima, coi codini dritti al cielo come misirizzi, attraversano la strada di corsa. Dove il verde è un po' più fitto gruppi di elefanti devastano i tronchi con la consueta noncuranza o sguazzano nelle pozze di fango scacciando i bufali. Ma lo spettacolo più bello di Selous, dove puoi vedere un'avifauna ricchissima e diversificata, va in scena nei grandi stagni al di là della pista. E' un ecosistema mutevolissimo, a seconda dell'intensità delle piogge e delle stagioni, che crea un' area umida continuamente diversa, che ti costringe ogni volta a ricercare nuovi punti di osservazione. Riesci ad arrivare fino a pochi metri dall'acqua e a distinguere chiaramente gli occhi sporgenti dei tanti coccodrilli in attesa di qualche animale più ingenuo all'abbeverata, mentre più al centro dove l'acqua è appena un po' più profonda i dorsi violacei degli ippopotami sono così fitti da non riuscire a contarli.
Solo di tanto in tanto qualcuno si agita per trovare uno spazio migliore, alza la testa, spalanca l'enorme bocca per mostrare i canini assassini, poi ricade con un tonfo sotto la superficie e tutto ritorna alla calma. La superficie grigia torna uno specchio che riflette solo i tronchi contorti delle piante che affogano nell'acqua. Sui bordi estremi invece, è tutto un brulicare di ali, di zampe che affondano nella mota, di becchi che scavano il fango della riva alla ricerca affannata di cibo. Gruppi di cicogne bianche, nere, qualcuna isolata dal becco a sella, altre dagli strani becchi ritorti, se ne stanno un po' più al largo con l'acqua fino al ginocchio; più vicini alla riva, aironi bianchi, grigi, egrette candide, zampettano facendosi largo tra le spatole che dragano il fondo con i becchi a cucchiaio, tra i flamingos che invece lo strusciano lungo una linea verticale o tra i cavalieri d'Italia sulle sproporzionate zampe arancio, tese a compasso per coprire maggiore spazio. Grandi pellicani beccheggiano come idrovolanti alla fonda e neri cormorani infilano il lungo collo sott'acqua per riemergerlo rivolto al cielo in goffi scuotimenti, tesi ad ingollare di fretta il pesce appena inghiottito. Proprio sulla riva un minuscolo airone nero, ha invece un suo modo particolare di nutrirsi. Fa qualche passettino in diverse direzioni, zampetta qua e là come un ubriaco che ha perso la strada di casa, poi si acquatta d'improvviso e allarga le ali come a formare una campana attorno al capo. Così nascosto si ciba dei pesciolini che, improvvisamente al buio non riescono più a scorgere la minaccia incombente. Puoi rimanere a guardare per ore, rapito da uno spettacolo sempre nuovo e diverso, dietro di te un gruppo di impala tra i cespugli, si ripara dal calore che ormai diventa sempre più intenso e penoso.
Parco Selous - Airone nero.
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