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"Il Parco è un modo di amministrare un territorio”

Creato il 05 ottobre 2010 da Giovannipaoloferrari


“Il parco rappresenta un’innovazione istituzionale che punta a introdurre in un determinato territorio nuove regole indirizzate tanto alla salvaguardia ambientale quanto alla promozione sociale”.
Perna Tonino
Che cos’è un Parco?
In “Uomini e parchi”, testo fondamentale per familiarizzare con il concetto di parco, inteso come area naturale protetta, Giacomini e Romani sostengono che un parco naturale, nazionale o regionale è “un modo di amministrare un territorio” . Partendo da questo assunto fondamentale si può affermare con Perna che “il parco rappresenta un’innovazione istituzionale che punta a introdurre in un determinato territorio nuove regole indirizzate tanto alla salvaguardia ambientale quanto alla promozione sociale. Strumento fondamentale di questa innovazione istituzionale è […] il piano del parco, terreno di incontro e scontro tra istanze sociali e difesa ambientale, ma anche grande provocazione intellettuale nella direzione di un altro modello di sviluppo locale ”. Un parco nazionale, un’area naturale protetta, possono, quindi, rappresentare un nuovo approccio con il patrimonio naturale, con il paesaggio e con il territorio: non più saccheggio e devastazione ma uso oculato delle risorse attraverso efficienti strumenti di pianificazione e di gestione. Un nuovo sviluppo, sostenibile e durevole, che offra possibilità di crescita alle popolazioni locali e opportunità di lavoro per i giovani. Dall’agricoltura compatibile all’ecoturismo, al turismo sostenibile e responsabile, dall’artigianato al recupero dei centri storici, dai prodotti di qualità al restauro ambientale: queste le nuove prospettive che si aprono con un Parco Nazionale. Da queste occasioni può scaturire il futuro delle aree rurali, marginali ai grandi insediamenti urbani e industriali: conservare, in senso attivo, tutelando le identità sociali e culturali, tramandando un patrimonio di tradizioni di valore inestimabile. Avviare una nuova fase della politica di sviluppo economico, superando gli errori del passato, caratterizzato dai grandi investimenti, dalle cattedrali nel deserto, dai finanziamenti a pioggia: creare una nuova cultura che si basi sulle risorse umane e naturali, del luogo, dando vita ad una fitta rete di microimprese, coinvolgendo in prima persona gli abitanti, gli imprenditori, i giovani. La risorsa più importante per un’area naturale protetta è il consenso, la reale partecipazione e collaborazione della popolazione che vi abita: senza di essa è impossibile parlare di un successo per la politica di conservazione dell’ambiente naturale. Esistono strumenti di politica economica, nazionali ed europei, che possono contribuire a questo modello di sviluppo.
Il Parco rappresenta, con i suoi organismi, un valido strumento di partecipazione democratica dove viene attuato un nuovo modello di gestione e di pianificazione del territorio, del patrimonio ambientale e naturale, del paesaggio, di salvaguardia e di recupero dei beni storici, artistici e paesaggistico-architettonici. Si tratta di esigenze imprescindibili per un territorio. In questo modo il Parco non è più unicamente un organismo statale capace, agli occhi della popolazione, solo di imporre vincoli, ma diviene uno strumento indispensabile di sviluppo socio-economico, principalmente, nel rispetto dell’ambiente.
Un Parco Nazionale, quindi, significa, prima di tutto conservare e proteggere l’ambiente naturale, il paesaggio, i segni della presenza e dell’azione dell’uomo. Non solo conservare, ma riscoprire e valorizzare: le tradizioni culturali, la storia delle popolazioni locali, il patrimonio urbanistico e paesaggistico-architettonico sono inseriti in un contesto nuovo, fatto, anzitutto, di una migliore qualità della vita e di armonia con l’ambiente naturale circostante. Da questo possono scaturire un nuovo modo di produrre, di offrire turismo, di vivere e di visitare l’ambiente naturale: lo spazio non è necessariamente “consumato” per far posto alle attività umane. Le risorse naturali divengono la principale fonte di crescita sociale ed economica senza che tutto ciò si traduca in distruzione. Viene in tal modo garantito il rinnovo delle risorse, lo sviluppo diviene un processo durevole nel tempo.
Un’area naturale protetta offre la possibilità di avviare una seria politica di educazione ambientale. Attraverso la visita e la conoscenza del patrimonio ambientale è possibile instaurare un nuovo rapporto tra cittadini e ambiente naturale. Si tratta, in primo luogo, di un’occasione di crescita culturale: dai resti archeologici al paesaggio agricolo, risultato dei successivi interventi umani tesi a mantenerlo, trasformarlo e gestirlo, dalle tradizioni popolari alle produzioni tipiche. Un immenso patrimonio culturale, indice dell’evoluzione della civiltà rurale, che deve essere conservato, valorizzato e conosciuto. In Italia, al contrario degli altri Paesi industrializzati, è difficile che un cittadino conosca il proprio Paese, la natura che lo circonda, i nomi dei Parchi Nazionali. Anche in questo le aree naturali protette rappresentano uno strumento innovativo.
“Dal punto di vista dell’analisi sociale – sostiene Beato – possiamo definire le aree naturali protette come una forma specifica di divisione socio-spaziale del lavoro. Ci sono dei territori che si specializzano e nei quali si generano e si sviluppano delle funzioni prevalenti: le aree urbane, le aree rurali, le aree agricole, i distretti turistici, le concentrazioni industriali ed infine le aree naturali protette. Si tratta, come appare evidente, di una forma relativamente nuova di specificazione dell’agire umano e di specializzazione territoriale e questa relativa novità si produce in stretta aderenza ai macro-mutamenti dei sistemi sociali contemporanei nei quali l’antropizzazione della natura (popolamento, urbanizzazione, consumo del suolo a fini economico – produttivi, etc..) ha assunto forme diffuse e sovente iper-pervasive. L’interesse odierno e l’intervento degli Stati e dei governi, così come la diffusione dei movimenti ambientalisti, si presentano come un complesso di azioni sociali e collettive che assumono la forma di re-azioni. Azioni cioè che recuperano la natura proprio perché la natura, soprattutto nelle società avanzate, è minacciata e continuamente erosa nei suoi caratteri costitutivi e quindi lancia messaggi intorno alla sua perduta integrità” .
Un Parco consente, perciò, di rivitalizzare il tessuto sociale ed economico di una regione; sia attraverso l’effetto diretto, in termini di occupazione e di investimenti, sia mediante effetti indotti che si ripercuotono su tutti i settori. La presenza di un Parco diviene la fonte di attrazione per finanziamenti e per la localizzazione di nuove opportunità di lavoro. Soprattutto l’incentivazione alla nascita di micro-imprese nel settore ecoturistico, del turismo sostenibile e responsabile , la rivalutazione delle produzioni tradizionali e il recupero del patrimonio architettonico sono da indicare tra gli effetti positivi derivanti dall’istituzione di un Parco. In tal modo viene a realizzarsi una fitta rete di attività imprenditoriali tali da rappresentare l’ossatura del nuovo modello di sviluppo . Questo avviene a favore, in prevalenza, dei giovani che possono individuare in questo l’opportunità per la creazione di nuove attività.
Ciò rappresenta una novità, un’inversione di tendenza rispetto al passato, quando solitamente si dava importanza ai grandi investimenti industriali ed infrastrutturali; un tipo di politica economica non adatta ad aree marginali e rurali, con frequenti effetti disastrosi sull’ambiente naturale e sul paesaggio. Un’area naturale protetta è un nuovo modo di intendere il rapporto tra uomo e ambiente naturale. Vivere, visitare, conoscere un Parco rappresenta l’avvicinarsi alla natura, alla popolazione che vi abita e alla sua cultura. Attraverso un’area naturale protetta è possibile riallacciare i contatti con un mondo che si riteneva perduto per sempre. Il rapporto tra l’uomo e la natura all’interno di un Parco trova una nuova dimensione: le stesse attività umane tradizionali, l’agricoltura, l’artigianato vengono riscoperte e valorizzate, grazie al turismo che affluisce verso il Parco, garantendo in questo modo opportunità di lavoro per gli abitanti del parco, in particolare per i giovani e facendo attenzione alla “careeng capacity” del territorio. Come sostiene Magnaghi il territorio non può essere considerato alla stregua di un asino: caricare eccessivamente l’asino significherebbe farlo morire durante il viaggio, rimanere appiedati e non poter trasportare il carico . Secondo l'I.U.C.N. (International Union for the Conservation of Nature) nel 2001 le aree protette nel mondo erano circa 30.000; pari a circa quindici milioni di chilometri quadrati: l’11% delle terre emerse del globo . Confrontando l’11% del 2001 con il misero 5% del 1992 si deve constatare che la difesa della natura in meno di un decennio ha fatto grandi passi in avanti, ma quali sono stati i primi passi che ha compiuto il pensiero ambientalista nella tutela del territorio? Attorno alla metà del XIX secolo i primi episodi di tutela pubblica della natura scaturirono, con finalità tipicamente estetiche, da una concezione ancora romantica del paesaggio, seppur già indirizzata alla conservazione dell’ambiente. Il primo di essi fu la riserva artistica di Fontainebleau, volta a proteggere la suggestiva selva da un minaccioso disboscamento. A Barbizon, un villaggio ai suoi margini, alcuni giovani pittori, con a capo Théodore Rousseau, si erano ritirati a partire dal 1830 con il proposito di rinnovare la pittura di paesaggio abbandonando regole e convenzioni, vivendo in campagna, per “sentire” la natura. A questa iniziativa seguì, nel 1870, l’istituzione della riserva naturale del Creux-du-Van, realizzata per opera del Club Jurassien e creata, questa volta, con effettivi scopi di esclusiva protezione del paesaggio. Nasceva così il concetto di “area preservata”. Nel 1832, negli U.S.A., viene istituita la riserva di Hot Springs (Arkansas). Nel 1864 l’intera vallata di Yosemite viene dichiarata, insieme al Maripese Greve, “area protetta”. Nel 1964 il governo della California assumerà la competenza del territorio con la seguente motivazione: “per conservare, mostrare al pubblico, usare ed offrire al beneficio dell’umanità questi territori”. Nel 1872 viene istituito il primo Parco Nazionale statunitense: 800.000 ettari di area protetta tra gli stati del Wyoming, Montana e Idaho che assunse il nome di Yellowstone. Nell’atto costitutivo si legge che il parco nasce “per il beneficio e il godimento della popolazione allo scopo di proteggere per sempre questa eccezionale area naturale”. Segue la costituzione dei Parchi di Mac Kinc Island nel 1875, di Sequoia, Yosemite e General Grant nel 1890. In questo contesto si fa strada il mito della “wilderness”, della natura selvaggia e incontaminata , ma anche la categoria di “monumento naturale”. Concezione questa che si va a contrapporre con l’estetismo artistico, con lo spirito religioso della contemplazione del creato, col rispetto dei luoghi storici, con la critica politica alla società industriale, che, invece, anima l’interesse per la tutela dell’ambiente in Europa. Due elementi caratterizzano la concezione statunitense dei Parchi Nazionali: il criterio del “valore scenico e panoramico” e l’uso turistico-ricreativo. La massima apertura verso una fruizione popolare controllata e rispettosa . Come osserva acutamente Perna: “I parchi nazionali svolgevano un ruolo di compensazione, di recupero, in chiave ludica e romantica, di un rapporto armonico uomo-natura negato dal modello di sviluppo imperante. […] Inoltre c’è un bisogno profondo che lega l’identità nazionale, il mito delle origini e l’istituzione dei Parchi che proprio negli Stati Uniti vengono definiti per la prima volta “Nazionali”, perché fanno parte del patrimonio di tutta la nazione, ne costituiscono la base culturale, storica, di un eroico passato. In una parola: l’identità nazionale ”. Sempre negli Stati Uniti si faceva largo un’altra idea: quella di salvaguardare la natura dallo sviluppo inarrestabile dell’uomo. Nel 1908 il presidente degli U.S.A. Roosvelt, di fatti, in una conferenza sulla conservazione delle risorse naturali affermava: “È venuto il tempo di esaminare seriamente ciò che accadrà quando le nostre foreste non ci saranno più, quando il carbone, il ferro e il petrolio saranno esauriti, quando il suolo sarà ancora impoverito, trasportato verso i fiumi a contaminare le loro acque e denudando i campi ”.
Nel frattempo in Australia viene istituito il Parco di Illawana.
Nel 1902 si svolgono i lavori del primo convegno internazionale per la salvaguardia della fauna nel mondo a Parigi, a cui seguiranno altri incontri: nel 1937 a Londra, nel 1940 a Washington, nel 1954 a Londra.
Nel 1909 sono istituiti due Parchi in Lapponia.
Nel 1910 c’è un primo tentativo della Società Botanica Italiana e dell’Unione Zoologica Italiana di creare un Parco (Valle dello Spöl, Livigno), ma l’iniziativa non ebbe seguito.
Nel 1914, finalmente, è la Svizzera a realizzare il primo Parco Nazionale europeo con criteri e finalità scientifici: l’Engandina. L’Alta Engandina era stata teatro di un “impressionante massacro forestale” . La presenza di grossi quantitativi di ferro aveva portato ad un sistematico disboscamento per alimentare le fornaci. Esaurite le risorse legnose locali le fonderie avevano dovuto chiudere. La valle dell’Engandina fu ceduta alla Società Elvetica di Scienze Naturali, che lasciò che la vegetazione rinascesse spontaneamente effettuando un’operazione mirabile di restauro ambientale.
Negli Stati Uniti, intanto, viene creato un organismo statale di controllo e coordinamento: il National Park Service.
Nel 1921 vede la luce il Parco del Lunemburgo nel Paese maggiormente industrializzato d’Europa: la Germania.
Nel 1821 il valdostano Giuseppe Delapierre aveva avuto l’intuizione del Gran Paradiso. Ma solo nel 1922 l’ex riserva di caccia reale viene istituita Parco Nazionale per la tutela “della fauna, della flora, delle formazioni geologiche e del paesaggio ”. Il suo territorio era già protetto dal 1821, “protetto certamente non dalle cacce reali che in esso si esercitavano con grandi perdite di animali. Ma proprio gli animali furono protagonisti della genesi storica delle aree protette italiane. In particolare fu lo stambecco, che, proprio perché specie a rischio, determinò di fatto una nuova trama di atteggiamenti e di comportamenti, per quanto aurorali, nei riguardi della natura da preservare ”. Il pericolo di estinzione, infatti, di animali come lo stambecco o l’orso marsicano a causa della caccia, portò ad una nuova sensibilità diffusa. Fu così che si ottenne dal Regno sabaudo il divieto di caccia nell’intero massiccio alpino, cioè la tutela più realistica a quei tempi che poteva essere messa in atto. Il Parco del Gran Paradiso rappresenta nel nostro immaginario collettivo il “Parco per eccellenza”. In un bel testo di recente divulgazione Giulio Ielardi, giornalista e fotografo free lance che da anni percorre in lungo e in largo il territorio dei Parchi Nazionali italiani, così scrive del Gran Paradiso: “Questa storia, quella dei parchi italiani intendo, ha un inizio preciso. Data a un giorno d’inverno di ottantrè anni fa. “Allo scopo di conservare la fauna e la flora e di preservarnele speciali formazioni geologiche, nonché la bellezza del paesaggio, sono dichiarati Parco Nazionale i terreni compresi nell’attuale riserva reale di caccia del Gran Paradiso, i cui confini sono quelli indicati nella carta annessa al presente decreto”. È l’articolo 1 del regio decreto-legge 3 dicembre 1922, n. 1584, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del successivo 13dicembre. Mezzo secolo dopo Yellowstone, nasce il primo Parco d’Italia. E giunge a poche settimane dall’insediamento al governo Benito Mussolini. Il provvedimento è in realtà bloccato in Parlamento già da tempo e quella del suo varo è un’occasione ghiotta per la nuova classe dirigente, scrive lo storico Luigi Piccioni, che “ha bisogno di marcare con alcuni atti esemplari, in questi primi mesi di governo, la propria distanza dalla irresoluta classe dirigente liberale” . Il decreto arriva a coronamento di una vicenda partita un secolo prima.
È del 1821, difatti, l’approvazione delle Regie patenti con cui la caccia allo stambecco veniva proibita in tutto il regno, pena il pagamento di quindici scudi di multa, nove giorni di prigione e la confisca degli animali. A Giuseppe Delapierre o Zumstein, ispettore forestale di Gressoney, viene attribuita la sollecitazione all’erede al trono, il giovane Vittorio Emanuele figlio del re Carlo Alberto, per sottrarre all’estinzione l’ungulato fattosi sempre più raro. Vera matrice del Parco Nazionale, viene quindi istituita una riserva reale di caccia […] La riserva reale , col suo corpo di cinquanta e più guardie, dura fino al 1919 conservando sulle montagne – nonostante le periodiche cacciate reali – oltre tremila stambecchi. Nell’anno successivo Vittorio Emanuele III, succeduto improvvisamente al padre Umberto I nel 1900, dona allo Stato italiano la riserva di caccia coi suoi 2200 ettari e gli edifici annessi. […] Poi arriva finalmente il decreto istitutivo […]. Il decreto ha diciannove articoli e contenuti sorprendenti. “Ha già in nuce i principi informatori e i contenuti normativi concreti che ritroviamo, perfezionati e rafforzati nella successiva legislazione e in particolare nell’attuale legge n. 394/1991”. È il commento di Gianluigi Ceruti, l’avvocato di Rovigo nonché ex vice-presidente di “Italia Nostra” che ha condotto in Parlamento – dopo le vane proposte avanzate da trent’anni da associazioni, organismi scientifici, parlamentari, governi – la sospiratissima norma quadro sulle aree protette fino all’approdo finale”.
Nel gennaio del 1923 (Regio Decreto 11/01/1923) viene istituito il secondo Parco Nazionale italiano. L’orso marsicano sarà la specie da salvaguardare e diverrà anche il simbolo del Parco, l’area protetta più conosciuta d’Italia, ma anche la più riconosciuta se nel 1972 il Consiglio d’Europa ha conferito al Parco il diploma europeo. Dopo la data della sua istituzione il Parco Nazionale d’Abruzzo estese la sua area tra il 1925 e il 1926 (12.000 ettari). Nel 1933, come scrive il suo prestigioso direttore, “Il fascismo contrariato da alcune decisioni di salvaguardia ambientale che ostacolavano i suoi progetti di intervento sul territorio, soppresse d’autorità l’ente autonomo e, pur di abolire contestualmente anche il Parco, ne decretò di fatto la sostanziale condanna” .
Nel 1935 verrà istituito il Parco Nazionale dello Stelvio, Parco che apre drasticamente il problema del rapporto con le popolazioni locali, problema che alimenta ancora oggi il dibattito sulle aree protette. Si pensi soltanto che il regolamento di applicazione della Legge istitutiva verrà emanato soltanto nel 1951. L’istituzione del quarto Parco Nazionale – il Circeo – è legato alla trasformazione territoriale italiana pianificata: in modo particolare alla storia della bonifica. L’area situata a sud di Roma ai confini con la Campania era inserita nel grande progetto di bonifica integrale delle paludi pontine e destinata a scomparire. La nascita di questo Parco che in seguito registrò sempre un deficit di protezione è stata segnata dal conflitto politico e culturale. E, tuttavia, 7.445 ettari di territorio intatto furono sottratti dalla bonifica integrale.
Il primo Parco Nazionale italiano ad essere istituito nel dopoguerra è quello della Calabria. Esso è anche il primo Parco ad essere istituito nel Mezzogiorno a sud dell’Abruzzo. Ma fu necessario attendere il 1968 prima che venisse deciso di tutelare con una Legge dello Stato gli straordinari boschi della Sila. “Il dibattito politico e culturale relativo alla costituzione di questo Parco fu di tipo eminentemente ecologico e territoriale. Mentre i naturalisti peroravano una perimetrazione di un’area vasta e senza soluzione di continuità spaziale, il decisore pubblico – sotto le forti pressione degli interessi locali – optò per una soluzione spazialmente separata. Le zone che furono sottoposte a regime di tutela sono infatti in un rapporto di discontinuità e si estendono in ciascuna delle tre province calabresi ”.
I cinque Parchi Nazionali prima citati vengono solitamente definiti in letteratura e nel dibattito pubblico come parchi storici e ciò a sottolineare non solo un ordine temporale, ma anche al fine di mettere in risalto l’avvio di un nuovo corso del movimento protezionista ed una nuova stagione delle politiche pubbliche ambientali.
Ricapitolando velocemente i Parchi Nazionali comprendono:
• Gran Paradiso, il primo Parco Nazionale italiano, istituito nel 1922 e ampliato nel 1979, 70.200 ha, di cui 32.500 in Piemonte e 37.700 in Valle d'Aosta, confinante con il Parco Nazionale francese della Vanoise; ambiente di tipo alpino, connotato dal massiccio del Gran Paradiso;
• Abruzzo, istituito nel 1923 ed ampliato nel 1990, 43.950 ha di cui la maggior parte (32.000 ha) in Abruzzo, il resto (4.400 e 7.550 ha) rispettivamente in Molise e nel Lazio; territorio montano dell'Appennino centrale;
• Circeo, istituito nel 1934, 8.622 ha, interamente nel Lazio, Parco costiero con proiezione insulare, caratterizzato da una molteplicità di ambienti di elevato valore paesaggistico e scientifico;
• Stelvio, istituito nel 1935 e ampliato nel 1978, 115.271 ha, di cui 61.824 in Lombardia e 53.447 in Trentino-Alto Adige, grande area montuosa di elevato interesse geologico, comprendente il più grande ghiacciaio italiano;
• Calabria, istituito nel 1968, 15.894 ha, in Calabria, formato da tre zone staccate:
1. Sila Grande (7.000 ha) caratterizzata da una morfologia dolce, costituita essenzialmente da rocce cristalline e pascoli;
2. Sila Piccola (5.700 ha) caratterizzata da foreste, numerosi corsi d'acqua e varietà di specie vegetazionali;
3. Aspromonte (3.200 ha) caratterizzato da vasti terrazzamenti degradanti verso il mare con una vegetazione di foreste di pini;
• Pollino, istituito nel 1990, 196.437 ha, di cui 93.500 in Calabria e 102.937 in Basilicata, grande massiccio con formazioni calcareo-dolomitiche, ricco di foreste;
• Dolomiti Bellunesi, istituito nel 1990, 31.000 ha, nel Veneto, gruppo di rilievi rocciosi dolomitici sulla riva destra della Valle del Piave;
• Monti Sibillini, istituito nel 1990, 71.314 ha, di cui 17.800 in Umbria e 53.514 nelle Marche, grande massiccio calcareo dell'Appennino centrale, spartiacque tra i mari Tirreno e Adriatico;
• Arcipelago Toscano, istituito nel 1989, 67.500 ha, di cui 3.419 ha di terraferma, isole di elevato pregio naturalistico, paesaggistico e storico-culturale;
• Foreste Casentinesi, istituito nel 1990, 35.370 ha, di cui 17.720 in Toscana e 17.650 in Emilia Romagna, importante ecosistema forestale appenninico;
• Val Grande, istituito ne l1991, 50.000 ha, in Piemonte, bacino orografico nel settore meridionale delle Alpi al limite del bacino del Lago Maggiore, tra le più vaste aree wilderness in Italia;
• Cilento e Vallo di Diano, istituito nel 1991, 100.000 ha, in Campania, comprendente la catena calcarea dei Monti del Cilento nell'Appennino centrale e il Vallo di Diano, singolare realtà ambientale che ha conservato integre le sue caratteristiche ambientali e territoriali;
• Gargano, istituito nel 1991, 30.000 ha, in Puglia vasto altopiano il cui settore orientale è occupato dalla foresta umbra;
• Gran Sasso e Monti della Laga, istituito nel 1991, 85.000 ha, nell'Appennino centrale, comprendente la catena calcarea del Gran Sasso e la catena dei Monti della Laga, unico massiccio non calcareo dell'Appennino centrale;
• Maiella, istituito nel 1991, 60.000 ha, in Abruzzo, massiccio calcareo inciso da una dozzina di grandi canyon;
• Vesuvio, istituito nel 1991, 12.000 ha, in Campania, circoscrive per intero l'area vulcanica del Monte Somma-Vesuvio, a breve distanza da Napoli, paesaggio vulcanico tra i più famosi del mondo;
• Gennargentu e Golfo di Orosei, 100.000 ha, in Sardegna, grande area di natura selvaggia comprendente le tre zone del massiccio del Gennargentu, del Supramonte, e il Golfo di Orosei, ambiente geologico vario, con prevalenza di calcari e dolomie, paesaggio aspro e caratterizzato dalla presenza di fenomeni carsici;
• Isola dell'Asinara, 5.190 ha, in Sardegna, un'area ad alta naturalità con flora e fauna marine rare (la destinazione dell'isola è da più di 100 anni a carcere speciale).
La data a cui fare riferimento è quella dell’ottobre del 1980 quando si tenne un ormai noto convegno a Camerino (nelle Marche) convegno indetto dal Comitato per i parchi nazionali e le riserve analoghe. E in questa sede che fu elaborata – attraverso un’irripetibile collaborazione tra le comunità scientifiche e le espressioni più consapevoli dell’ambientalismo italiano – la strategia italiana per la conservazione. Fu posto un obiettivo molto semplice però di ampio contenuto comunicativo: tutelare il 10% del territorio italiano chiamando a concorrere in questa azione di grande rilevanza prima sociale che politica lo Stato e gli Enti Locali e soprattutto le Regioni. L’ambizioso obiettivo verrà raggiunto quasi vent’anni dopo e “si può oggi affermare che con ogni probabilità la politica pubblica delle aree protette – pur tra asperrimi contrasti politico-sociali e culturali, difficoltà realizzative ed inadempienze burocratiche – costituisce oggi la più avanzata (anche se non la più implementata) tra le politiche ambientali italiane”.

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