Antonio Ingroia
Confesso questo mio limite. Mi capita, per fortuna raramente, di dover giudicare le persone guardando le loro bocche. Ce ne sono di piccole che mi fanno pensare ai serpentelli, alle vipere, alle bisce. Ce ne sono altre che evocano in me i grugni dei porci. Alcune mi rimandano a trichechi, ippopotami, squali. Altre a scimpanzé e a particolari mammiferi. Sarà perché la mia formazione culturale è stata deviata dal marxismo, ma io penso che alla sfera del consorzio umano si possa applicare la teoria di un certo darwinismo sociale. Le facce espresse da simili parti anatomiche non mi sono per niente simpatiche e mi evocano storie lontane. Di lupi e di pecore, di vipere e di bambini che inconsapevoli vogliono giocare.
Una rappresentazione di questa immaginifica scenografia zoologica mi è balzata alla mente recentemente. E’ bastato che il sostituto procuratore della Repubblica, dott. Antonio Ingroia, esprimesse un suo cauto e obiettivo parere, per fare scattare un corale Moloch nel luogo più indicato per le rappresentazioni teatrali dell’orrore: il Parlamento siciliano. Concetto che, a quanto pare, ha una sua sacralità, e che non deve essere usato allegramente, così come non è giusto nominare il nome di Dio invano. E’ una bestemmia.
Dunque, “il Parlamento siciliano – ha detto l’altro giorno Ingroia – è lo specchio fedele di una società e di una classe dirigente profondamente inquinata, soprattutto ai piani alti, dalle collusioni con il sistema mafioso. Purtroppo non è una novità, né una sorpresa”.
Apriti cielo. Tutti gli scudi si sono levati a difesa di quel luogo sacro che in quasi dieci secoli di storia nessuno è mai riuscito a scalfire. Neanche gli spagnoli nel loro secolare dominio sulla Sicilia, neanche i Borbone, quando facevano i re di Napoli e pretendevano dominare la Sicilia con i vicerè.
Il capogruppo del Pdl all’Ars (Assemblea regionale siciliana) ha dichiarato che il procuratore ha espresso un giudizio andato al di là delle intenzioni. Un eufemismo per dire che il magistrato ha pisciato fuori dall’orinale. Il che, tradotto in lingua siciliana, è come dire che non si doveva permettere travalicare i confini della tollerabilità. Il Pid e il grande Sud, formazioni politiche nuovissime che solo Dio sa cosa sono, hanno detto che questa volta Ingroia ha diretto i suoi strali nel mucchio, generalizzando e allontanando così i cittadini dalle istituzioni (sic!). Il più incredibile di tutti è stato l’infaticabile e onnipresente Antonello Cracolici che ha gridato contro il giustizialismo, il moralismo e il qualunquismo del giovane magistrato.
C’era da aspettarselo. Guai a sfiorare le prerogative dei parlamentari siciliani. Sono antiche virtù gelosamente custodite. Tutti le difendono. Risalgono nientedimeno che alla sconfitta degli Arabi, e precisamente a quando, nel 1097 Ruggero d’Altavilla, convocò i nobili Normanni che avevano combattuto contro gli Infedeli avviando la storia del parlamento siciliano.
Vuoi vedere che questa nuova nobiltà che occupa gli scranni dell’Ars ha un re nascosto?