Partiamo dal Novembre del 2011. L’Italia era in evidente crisi finanziaria e politica e il governo Berlusconi non sapeva che pesci prendere. Il famoso spread da qualche tempo era così entrato nelle case degli italiani, ottenendo quotidianamente le prime pagine dei giornali. I Tg non facevano servizio che non tenesse conto del dato economico che fino a poco prima non veniva mai citato. Nessun italiano che non avesse studiato economia aveva idea di cosa fosse. Un numero che, difficile negarlo, ha decretato però la fine del governo del Cavaliere.
Ancora oggi si sente parlare dello spread, ma è citato con un intento opposto a quanto fatto durante la crisi governativa dell’autunno di tre anni fa. Serve a sottolineare il buon operato dell’esecutivo, come un decreto azzeccato che, stando alle ricostruzioni degli analisti, genererebbe la positiva reazione dei mercati.
Contestualmente alla trasformazione del dato economico nel termometro di benessere del Belpaese, ottenne gli onori della cronaca un professore della Bocconi, già editorialista del Corriere della Sera. Stimato economista e con alle spalle esperienze di governance europea, divenne in pochi giorni prima senatore della Repubblica e poi Presidente del Consiglio. La più rapida carriera politica mai conosciuta. I meno smemorati ricorderanno gli elogi ottenuti da Monti durante gli ultimi giorni del governo Berlusconi e i primi mesi di guida dell’esecutivo. Pur con qualche sfumatura, per le ragioni più disparate, tutti i grandi giornali e telegiornali si allinearono, descrivendo e riportando al grande pubblico la “ritrovata credibilità dell’Italia in Europa grazie alla personalità di Mario Monti”. Non entreremo nel merito della veridicità di tale mantra, ma i dati sulla popolarità del professore sembravano delineare la totale fiducia data dagli italiani al salvatore della Patria. E anche il diretto interessato parve crederci, decidendo di “salire in politica” in occasione delle elezioni del 2013. Durante gli ultimi giorni di campagna elettorale Monti chiamò a Palazzo Chigi un professore esperto di leggi e risultati elettorali. La domanda dell’allora Presidente del Consiglio era semplice: “Quanto crede che prenderà Scelta Civica”? L’analista politico, allora, decise di tenersi abbastanza largo, per non abbattere in partenza le aspettative del Senatore, prevedendo un 15%. Sdegnato Monti si disse sicuro di poter raggiungere il 20%. Come andarono le politiche del febbraio del 2013 è cosa nota: Scelta Civica raggiunse l’8,3%. Ben sotto le aspettative, quindi, ma comunque due milioni di voti. Dovuti peraltro in larga parte alla presentazione regale riservata al suo leader.
Dopo il flop elettorale il professore “salvatore della Patria” è scomparso dalle Tv, se si considera la quantità di comparse sul piccolo schermo e l’attenzione referenziale che gli era dedicata durante i mesi di governo.
Alle elezioni europee la somma dei voti di Scelta Civica, Fare per Fermare il Declino e Centro Democratico, i partiti che si sono uniti nella lista “Scelta Europea”, sono stati 196.157. Un salto nel vuoto. Il confronto tra le ultime due tornate elettorali è sconcertante: inpoco più di un anno l’elettorato di Mario Monti si è sciolto, passando da 2.823.814 voti al magro bottino tre giorni fa. Come mai?
Sicuramente Scelta Civica avrà pagato le politiche di rigore messe in atto in due anni di governo, ma anche lo spostamento repentino dell’attenzione dei media su altri lidi. Monti è stato abbandonato dalla grande informazione, che ha cominciato a incensare prima Enrico Letta ed ora Renzi. Alla conferenza dopo le europee, i giornalisti in sala stampa si sono abbandonati ad un lungo applauso alla squadra di Matteo, come riportato oggi su Libero da Mario Giordano. Anche Scalfari, prima dell’apertura delle urne, si è lasciato ammaliare dal giovane fiorentino.
Il partito dei media ha cambiato leader. E si è portato con sé quasi due milioni di e-lettori.
Giuseppe De Lorenzo