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Mi capita di scrivere per capire, per capirmi, per far esondare i sentimenti pericolosamente, per rendere partecipi gli spettatori non paganti che si sbracciano ai bordi della mia vita a dire qualcosa. Sbracciati a darmi qualcosa, piuttosto. E mi capita di scrivere per legittima difesa, anche a distanza di anni, in quelle che sembrano ere incalcolabili dal punto di vista sociale, figlie di percezione distorta del tempo; in un anno accadono tantissimi cambiamenti che stirano il tempo come si fa con la pasta fresca per le tagliatelle. Morbidamente vanno avanti e tu? Non siamo noi a girare la manovella, ci é dato calcolare e ci é dato prendere quello che resta dei nostri calcoli e schiaffarlo su quel che ci lasciano della verità. A volte si deve dire “basta”, si devono cambiare le regole, o le si devono infrangere, si devono ridefinire i rapporti e gli spazi in cui ci muoviamo consapevolmente. Siamo tutti diversi, le nostre reazioni sono risposte, e alla stessa domanda ognuno può rispondere in maniera impercettibilmente diversa e non per questo sbagliare.
Vuoti di cuore ci portano all´isola che non c´è. Guarda che cinico quello lì. Guarda come si dimentica gli accenti, come spende troppo, come raschia i cerchi della macchina parcheggiando. Poi fagli una radiografia e guardagli i sogni fratturati che si porta appresso da chissà quanto e tu non sai nemmeno quanto dolore a muoversi come se niente fosse. O forse lo sai e allora ti cadono le parole come le foglie stanche del ficus dal balcone. Mi capita di scrivere per raccontare di quel silenzio che vedo, che lo attraversi, fatto per non essere niente e invece è respingente.
Salve, cosa desideri? Guarda vorrei un chilo di silenzio, questo qui mi sembra buono. É il tuo? Sí, sì, il mio, freschissimo. Lo prendo, ma solo per capire di cosa è fatto.
Pare che ci sia un cimitero di resi di silenzi in periferia, dove le macchine caricano le puttane e i cartelloni pubblicitari son così vecchi che non hanno più niente da dire. Amen. Ti guido via, ma siamo passeggeri. Ci portano le parole non dette, ci fanno, ci violentano e noi lì a guardare con spalle da imbecilli e occhi da incompresi. Un giorno qualcuno se li ricorderà questi vuoti ingiusti, questi crateri sulle strade dei nostri anni. Un giorno qualcuno passerà alle interpretazioni. Adesso allacciati la cintura. Andiamo avanti bellezza, imballati singolarmente a ignorare i dislivelli patologici, a salutare la gente come ci saluta.