A leggere nel libro degli eventi,
pare tempo sprecato inutilmente
questo guardare sempre oltre, questo
costante esperimento fine a sé stesso.
Non lo ripaga il frequente folgorìo
della memoria che pure eterna l’attimo
e riempie i vuoti d’inventario,
tanto d’avermi fatto assaporare il gusto
d’aver avuto la più rara grazia in dono,
tardivamente apprezzata fino in fondo.
Ma ho lasciato traccia? Nient’altro
m’importava. Ho lasciato traccia?
Non dico sulla creta della Walk of fame,
sicuro, ma ho lasciato traccia?
L’impronta, se impressa, sta nei recessi
inconfessabili dei tanti volti anonimi
incrociati in questo ozioso mio vagare,
senz’altro scopo che la feconda insinuazione
di un po’ di luce obliqua in quei recessi.
E chi potrà mai dire se l’apparenza
refrattaria di quelle superfici lisce
in fondo non nasconda suo malgrado
la clandestina orma del mio passo.