Che dici, Dio? Hai la faccia di darmi
il tuo perdono? Non hai capito: son io,
son io che ti maledico!
Non voglio mitizzare l’apprendista maledetto
e spergiurarvi che a rodere il suo fegato
sia stato il famelico rapace di Prometeo,
ma non lo denigrate, prego, assecondando
il padre nella convinzione che
ad aprirgli il baratro nel ventre
fu la vana brama della distinzione.
Egli non voleva essere distinto! Al più, d’istinto,
come fu, da debole pensiero annichilito.
Andate via, sciò, filate: non ho voglia di ferite leccate.
Andate via, sciò, filate: non ho voglia di ferite leccate.
Il suo era l’occhio smagato dell’alieno;
non si raccapezzava, attorniato da occhi accesi
dalle immagini; non si raccapezzava, ma era
di buona compagnia, quando non era attratto
dal suo abisso. Il riscatto a cui tu l’obbligasti,
padre, scavò l’abisso e lo vestì
dell’arroganza dell’orgoglio, ma mai
ti diede colpa. Padre, quell’altalena
dell’anima tu la spingesti
da sonnambolico goliardo, ma mai
ti diede colpa. La rabbia eruttò,
blasfema della legge di natura,
ma mai ti diede colpa. Soltanto, avrebbe
voluto avere dai tuoi occhi
la carezza della comprensione.
I ceci, le ginocchia, il fumo, il mare,
si è perso, nato perso, il buon giullare.