Il passo successivo

Da Margherita

Mi basta così poco per ricadere nelle vecchie abitudini.
Le abitudini della persona disperata
il personaggio che da fuori sembra piatto e scritto male.

A volte mi pare di essere diventata pazza,
di avere le allucinazioni.
Scorgo ombre fuori dalla finestra, in strada.
Senza occhiali non ci vedo bene.

È il modo in cui le ombre si muovono a catturare la mia attenzione.
Mi chiedo se siano proprio loro.

Non sono nuova
alle fughe in strada,
agli anfibi slacciati
ai lacci abbandonati nelle pozzanghere.
Non sono nuova
agli appostamenti alimentati
dalla disperazione e da un'ombra di speranza.
Non sono nuova
alle perlustrazioni
alle ricognizioni
agli inseguimenti.

Basta così poco perché io torni sui miei passi, dopo essermi costretta all'equilibrio, dopo aver forzato la mente altrove. Bastano due ombre, nel giorno del mio rientro in città.

Mentre vago per S. Giuseppe mi dico che forse sono veramente diventata pazza. Forse ho veramente le allucinazioni. Forse sto più male di quanto mi stia ripetendo da giorni, i giorni dell'equilibrio forzato.
Poi vedo le due ombre. Mi si fermano accanto, in auto, prima di una svolta a sinistra.
È allora che mi avvicino al baratro.

La città si sta allagando.
Io sprofondo in una pozzanghera.
L'acqua fino alle caviglie,
ma con gli anfibi non la sento.

Di questo parlavamo.

Il passo successivo sarebbe, letteralmente, il passo successivo,
ma io resto ferma, nella mia pozzanghera,
sotto l'acqua scrosciante,
a pentirmi di non aver lasciato cadere l'ultima veste metallica,
l'ultima membrana protettiva
che da mesi mi separa dall'assoluta oscurità
vegetante tra le mie costole.


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