20 luglio 1992.
Sono passate poco più di dodici ore dall’eccidio. Due agenti della Criminalpol venuti da fuori sono in via D’Amelio. La prima cosa che cercano di capire è dove si siano appostati gli attentatori con il
telecomando che ha fatto esplodere l’autobomba. I due escludono subito i palazzi che si affacciano su quel tratto della strada: sono sventrati, se si fossero posizionati lì, i killer si sarebbero esposti a un rischio troppo alto. Lo sguardo si posa poco più in là, oltre un muro che separa la via da un grande giardino. Gli agenti mettono a fuoco un palazzo di dodici piani appena edificato. Percorrono poco più di cinquanta metri, entrano nello stabile e salgono le scale. Si imbattono nei due costruttori del palazzo, i fratelli Graziano. Si fanno portare nel loro ufficio e abbozzano una sorta di interrogatorio.
“Avete visto qualcosa?”. Poi chiedono loro i documenti per un controllo via radio: vogliono sapere se hanno precedenti. Nell’attesa, uno dei poliziotti sale fino alla terrazza, rendendosi subito conto
che da lì la visuale su via D’Amelio è perfetta. Per terra, nota un mucchio di cicche. Dalla centrale intanto comunicano che i costruttori sono schedati come mafiosi. Sono due dei sei fratelli Graziano, una progenie di imprenditori edili legati ai Madonia e ai Galatolo... Ce n’è abbastanza per portarli in
centrale e proseguire gli accertamenti, ma sopraggiunge all’improvviso una squadra di poliziotti.
“Colleghi, è tutto a posto. Ce ne occupiamo noi, adesso”, dicono ai due agenti della Criminalpol. Che se ne vanno perplessi, fanno ritorno in centrale e stilano comunque un rapporto dettagliato. L’indomani ricevono un ordine di servizio: devono rientrare al comando di origine. Il loro lavoro a Palermo è concluso. Dei fratelli costruttori qualche mese dopo la strage parlano pentiti del calibro di Gaspare Mutolo e Francesco Marino Mannoia... La testimonianza degli agenti della Criminalpol è finita oggi nella nuova inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla morte di Borsellino e della sua scorta. Per tutti questi anni i due poliziotti hanno creduto che qualcuno avesse vagliato il loro rapporto, che quella pista fosse stata battuta. Invece il rapporto è sparito dalla questura di Palermo. Le indagini hanno però appurato che nel palazzo, poche ore dopo che gli agenti della Criminalpol si erano allontanati, era arrivato un gruppo di carabinieri. Nella loro relazione risulta tutto a posto, tutto normale. E il palazzo della mafia su via D’Amelio sparisce. Come l’agenda rossa di Paolo Borsellino.
Il Patto di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci (Chiarelettere)
PREFAZIONE di Marco Travaglio
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