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Il pavone e i generali - Cecilia Brighi

Creato il 09 gennaio 2012 da La Stamberga Dei Lettori
Il pavone e i generali - Cecilia Brighi
I ContenutiNella fantasia di molti occidentali, la Birmania è una terra di grande fascino, di storie preziose, di incanti velati... In realtà, questo Paese è il primo esportatore di metanfetamine al mondo e il secondo per il traffico di oppio.
Un Paese che da quasi mezzo secolo è oppresso da una sanguinosa dittatura militare, che schiaccia il popolo con il lavoro forzato, con violenze, stupri e deportazioni. Un regime dittatoriale che, da oltre dieci anni, tiene agli arresti domiciliari Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace e simbolo della resistenza democratica e non violenta.
Questo libro racconta le vicissitudini e la fuga rocambolesca all'estero di alcuni dei protagonisti politici e sindacali dell'opposizione.La RecensioneIl tema di cui tratta Cecilia Brighi in questo racconto-saggio è della massima importanza per l'opinione pubblica internazionale: la perla dell'Indocina, uno stato dalle tradizioni antiche come la Birmania-Myanmar (il secondo nome è stato imposto dalla giunta dei generali che schiaccia il Paese sotto il peso di una dittatura che dura da oltre sessant'anni), grida di un dolore che risuona purtroppo inascoltato in tutto il mondo, anche se ogni tanto si intravvedono dei barlumi di speranza.
Di recente la visita del Segretario di Stato USA Hilary Clinton e il suo incontro con il premio Nobel Auung San Suu Kyi ha lanciato di nuovo un fascio di luce sugli scenari di una road map per una possibile transizione della Birmania verso un regime democratico, ma le promesse della Giunta militare, che governa disposticamente alla faccia di ogni risoluzione ONU da decenni, lasciano sempre molti punti interrogativi.
Almeno finchè non ci saranno passi decisi verso una direzione accettabile su diritti umani e civili, la Birmania rimane ostaggio di un pugno di militari e degli interessi internazionali dei colossi vicini, Cina e India su tutti, e dei loro appetiti per le risorse naturali dello Stato indocinese, mentre le testimonianze dell'opposizione clandestina restano un monumento e un monito alla resistenza.
Queste storie si aggiungono come una corona di martìri civili alla vicenda più nota della leader Suu Kyi, figlia essa stessa del generale e padre nobile dell'indipendenza birmana, e tracciano un quadro insieme scoraggiante e commovente delle difficoltà che gli oppositori birmani affrontano anche solo per esprimere le proprie opinioni.
Fondamentale si rivela il ruolo del sindacato, visto che il lavoro trasformato in vera e propria schiavitù da parte del governo militare è uno degli strumenti più vessatori messi in campo dal regime: dalla base dei lavoratori, che comprende anche semplici esponenti della società civile e artisti e intellettuali, si alzano le proteste, puntualmente represse dalla dittatura nel sangue, sparso durante le manifestazioni, o piegate attraverso la detenzione in carceri, che ricordano le orrende storie di lager, gulag e di genocidi, come nella vicina Cambogia.
I racconti, tutti molto ben documentati e corredati da note storiche cronologiche in coda al libro, ricostruiscono il panorama di una vita da paradiso terrestre che però l'avidità di pochi trasforma da Eden in inferno: gli usi e le tradizioni di un popolo dalla saggezza millenaria, la convivenza di tribù con lingue e storie diverse unificate dopo la liberazione dal colonialismo inglese, lo sprofondamento nella miseria più nera di un intero popolo stremato dalla fame e ridotto in stato servile, ma che conserva intatta la sua dignità e lotta per il proprio riscatto.
Colpiscono in modo particolare le fughe, che - prima o poi - gli esponenti del dissenso sono costretti ad affrontare, in genere nella vicina e più liberale Thailandia, dividendo famiglie e rinunciando al proprio passato ma non a lottare per il cambiamento.
A fronte del pathos che oggettivamente queste testimonianze contengono, però va detto che la cura editoriale lascia molto a desiderare: sciatteria nelle costruzioni sintattiche, errori banali e ripetuti (uno su tutti la locuzione latina 'obtorto collo' storpiata più volte in 'ob torto collo'), una certa povertà lessicale e la scelta di uno stile al limite del fiabesco, che mal si concilia con la serietà del tema, compongono un insieme che quasi fa venire il sospetto che sia mancata una revisione editoriale di raccordo e ripulitura testuale.
Il che considerando appunto quale sia l'importanza del soggetto risulta ancor più grave e festidioso per il lettore.
Giudizio: +2stelle+
Articolo di PolyfiloDettagli del libro
  • Titolo: Il pavone e i generali
  • Autore: Cecilia Brighi
  • Editore: Baldini Castoldi Dalai
  • Data di Pubblicazione: 2006
  • Collana: collana
  • ISBN-13: 9788884907240
  • Pagine: 310
  • Formato - Prezzo: paperback - 17,50 euro

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