Ormai in Italia sparare sul Partito Democratico è diventato come sparare sulla croce rossa… a Kabul: troppo facile. Certo i dirigenti del PD ogni giorno riescono a fare dichiarazioni che lasciano più di stucco del giorno prima, ma questo partito ha ancora degli elettori. Elettori che insultano, condannano, censurano ma che nel bene o nel male impiegano parte del loro tempo a confrontarsi con il PD. Ed il Partito Democratico sta iniziando a non capire più se meglio passare inosservati oppure se meglio che la gente parli di lui, anche parlandone male.
Il PD, o almeno una parte dei suoi iscritti, ha radici che arrivano fino al PCI. Si certo, sembra impossibile, ma anche al crollo dell’URSS non ci credeva nessuno. E del Partito Comunista Italiano il PD ha matenuto diversi elementi: su tutti la centralità del partito. Il partito è la tua famiglia, la tua casa, “il partito ti può aiutare” (Cit.); tanto che oggi l’unica indicazione politica che viene dal PD sembra essere il mantenere unito il partito a tutti i costi. E da qui scene pietose di minoranze interne che si oppongono dopo aver votato compattamente con la maggioranza del loro partito, prese di posizione che dalla mattina alla sera vengono ribaltate da compromessi per impedire lo sfascio.
Il partito copre ogni assenza di linea politica, esacerbando il fideismo laico già insito nel Partito Comunista. Una chiesa senza più culto della personalità, questo oggi sembra essere il PD. Per poter superare senza danni il crollo dell’Unione Sovietica si è proceduto ad una destalinizzazione nostrana che ha totalmente privato il partito del ruolo della guida, arivando al paradosso di rivendicare l’essere democratici come soluzione per turare ogni falla. Cos’altro sono le primarie se non il controsenso della delega agli elettori, evitando ogni responsabilizzazione. E senza guida la barca va alla deriva.
Il caso Berlusconi è sintomatico: abbattuto il culto del capo ma matenuta la centralità del partito si è finito per cercare un condottiero, ma in negativo. Riallacciandosi all’arroganza insita nel ruolo di “guida del proletariato”, ci si è legati ad un nemico adorandolo come un capo. Questo è il rapporto del PD con Berlusconi, e se Silvio dovesse cadere allora sarebbe la fine del PD. Un Partito Democratico che ha ripreso il leninismo ancora rimasto nel suo DNA e l’ha adattato ad una battaglia di trincea, senza aspirazioni rivoluzionarie, dove il partito ha sempre ragione e chi contesta è un sabotatore oppure un infiltrato. Sembra proprio che il PD sia più simile al PCI di quanto possa sembrare a prima vista, e viene naturale pensare alle tesi della “democrazia bloccata”.
La comparsa di Beppe Grillo ha rischiato di frantumare il PD e la sua autorappresentazione, ancora basata sul falso binomio sinistra/destra, ma purtroppo i grillini sono di altra generazione rispetto al loro leader. Credono davvero che la politica si faccia convincendo le persone e raggiungendo il 100% dei voti, come in un gioco di ruolo ben riuscito. La timida arroganza, un po’ da secchioni sfigati, dei grillini ha permesso al PD di fare un passo enorme oltre i limiti imposti dalle sue parole d’ordine, finalmente il partito poteva abbracciare la destra superando la politica degli -anti. Grillo voleva abbattere le mura ma ha soltanto aperto un varco. Tuttavia entrando nella fortezza il PD si è suicidato, basare una linea politica su di un nemico significa darsi in pasto al nemico stesso quando le armi si depongono, e con le ultime elezioni presidenziali il PD si è politicamente arreso. Ora non è che una carcassa portata dalla corrente.
E gli elettori del PD? Continueranno a seguire il PD, l’idea di avere un altro partito non è nemmeno immaginabile, chi nasce cattolico non muore musulmano, a parte poche eccezioni. E perdere le certezze fa paura, meglio affidarsi al nulla chiudendo gli occhi. Ecco perché il PD, a meno di colpi di scena, salverà Berlusconi. La scelta più logica sarebbe eleggere finalmente Silvio Berlusconi a segretario del PD ma viviamo in un mondo senza fantasia.
Muoia Sansone con tutti i filistei!