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Il Pd perde a sua insaputa

Creato il 21 maggio 2012 da Albertocapece

Il Pd perde a sua insaputaC’è una nuovo sviluppo nella politica italiana, quella dei partiti che perdono a propria insaputa: così accade nel Pd che canta vittoria non accorgendosi di aver ormai imboccato la strada del disastro. E non è solo la vittoria dei grillini a Parma a definire un quadro fosco, ma principalmente la diserzione dalle urne che segnano le elezioni meno partecipate della storia della Repubblica. Il dato del 51, 4% di per sé striminzito non restituisce la realtà perché è la media delle affluenze nei comuni dove si è votato, ma nei centri di gran lunga più grandi rispetto agli altri, Genova e Palermo siamo al 39% e a Palermo al 41%. Questo significa che sulla platea globale  degli aventi diritto al voto, parecchio meno della metà è andata alle urne. La disaffezione è drammatica. La platea degli incerti e degli schifati, una massa enorme.

Sempre nelle città più grandi troviamo come sindaci un uomo di Sel e uno dell’Idv, mentre altrove, praticamente dovunque, è solo l’effetto miraggio dovuto alla dissoluzione del centrodestra che sembra far vincere il partito: le percentuali sono ingannevoli perché  i numeri assoluti di voti della vittoria sono parecchio inferiori a quelle delle precedenti sconfitte. E in alcuni casi, come quello di Como, di fatto è l’indistinguibilità delle proposte che porta in testa l’astensionismo minore.

Se il Pd dovesse trarre da tutto questo un’ indicazione sul fatto che sta seguendo la linea giusta, appoggiando a tutti i costi la restaurazione montiana e gli incubi di governi di salute nazionale, sbaglierebbe proprio tutto. Sono invece crollati, implosi vent’anni di berlusconismo e con essi la fatua seconda repubblica. Assieme alle zattere e scialuppe di salvataggio che cercano nuovi battelli, nelle acque agitate della crisi affiorano desolanti anche i reperti ideologici, quei teoremi del liberismo che Berlusconi aveva proclamato senza per volerli realizzare se non nella parte riguardante la spoliazione del lavoro dai suoi diritti.

Fare ora i difensori di quella paccottiglia che peraltro si rivela ogni giorno più nefasta senza accorgersi che stanno cambiando i paradigmi e facendosi al contempo i sotterranei difensori dei privilegi di casta, assoggettandosi ai voleri testamentari del berlusconismo rappresentati da una falange parlamentare senza più senso che tuttavia ancora difende gli interessi del padrone, significa il dissolvimento. E ancor più una demenziale complicità nel caso qualcuno volesse spingere sull’acceleratore  di fenomeni oscuri, riproporre vecchie strategie della tensione, qualcuno che risiede nel cuore di tenebra del Paese deciso a offrire ai governanti di unità nazionale macabre comparsate al seguito di funerali.

Su questa strada di compressione democratica e di svuotamento della partecipazione, come insegnano le vicende del Novecento e anche quelle dell’Ottocento, vincono solo le destre, quelle estreme e populiste come dimostra quella della Francia e della Germania di Weimar. Meglio accettare la realtà di una sconfitta ora, con tutto quello che implica che prendersi la responsabilità di una sconfitta del Paese e della civiltà domani.

 


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