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Il Peccatore – Germano Dalcielo

Creato il 31 ottobre 2012 da La Stamberga Dei Lettori
Il Peccatore – Germano Dalcielo
I Contenuti
"La storia insegna quanto ci abbia fruttato quella storiella su Cristo". Un papa del Rinascimento pronuncia questa frase ammettendo che dietro la figura mitica di un uomo morto sulla croce duemila anni fa ci dev'essere qualcosa che non quadra. Mai Fra' Remondino, un semplice monaco benedettino del Monastero di Beato Marzio sulle colline di Gualdo Tadino, si sarebbe aspettato che sotto la versione ufficiale si nascondesse una verità così sconvolgente: ha appena scoperto un manoscritto sconosciuto che contiene la prova di quel segreto innominabile, ma qualcuno tenta di ucciderlo, lo rapisce, lo sottopone a torture indicibili per impedirgli di diffondere un messaggio che farebbe vacillare le fondamenta dell'impero cattolico. Chi c'è dietro a tutto questo? Perché Suor Lucia, la veggente di Fatima, in punto di morte invia una missiva in Vaticano? Riuscirà la Verità a venire a galla?
La Recensione
La novelle cuisine dei vangeli gnostici. Con una invidiabile disinvoltura Germano Dalcielo ci presenta questa collezione di tessere che intrecciano una trama saltellando per i secoli come in una potentissima macchina del tempo. Così la vicenda di Fra’ Remondino si intreccia con le beghe di Leone X, le confessioni di un fantomatico Ischirione di Betania e i ritrovamenti di un Lester Cook che questa volta non gioca a tennis ma fa l’archeologo. Scritto in forma accattivante, con dei flash di narrazione introdotti con luogo e data, lo scritto ci descrive la censura e l’assassinio come strumenti usualmente praticati dai prefetti della chiesa né più né meno di quanto possa emerge dalle scandalose note storiche di chi voglia rileggere la storia dei papi o dei cristiani dei primo secoli. Non a caso la figura di consigliere e segretario di Leone X, che l’autore identifica con Pietro Bembo (Pietro Bembo era un cardinale fratello del letterato Luigi Bembo, il segretario di Leone X si chiamava Bernardo Dovizi da Bibbiena) è del tutto sovrapponibile a quella del monsignor Eginardo Bontempi, colui che condannerà a vivere come un vegetale il povero frate dopo aver bruciato il famigerato manoscritto. Il punto centrale della narrazione, ovvero il fatto che Cristo fosse legato da amore omosessuale a Ischirione, ripercorre la diatriba secolare che tenta di individuare chi fosse “il discepolo che egli amava”. Generazioni di studiosi prima dell’autore hanno suggerito ora la figura di Lazzaro ora quella di Maria di Betania, sorella di Lazzaro e di Marta, per una probabile identificazione. Resta il fatto che il vangelo di Giovanni, dove viene più volte nominato il discepolo amato, descrive un personaggio di una tenerezza straordinaria  che si appoggia sul seno di Gesù chiedendogli chi lo tradirà, che non fugge quando Cristo viene arrestato né lo rinnega (al contrario di Pietro), che è l’unica figura maschile ai piedi della croce, che è il primo che riconosce dal sepolcro aperto e dalle bende che la resurrezione è avvenuta (anche se attende Pietro per entrare nel sepolcro), e che infine è il primo che identifica il Cristo che appare dopo la resurrezione durante la pesca sul lago di Galilea. E “del tutto romanzata” è nello scritto di Germano Dalcielo anche la figura di Leone X, Giovanni de’ Medici, il quale più che papa (non era nemmeno stato ordinato sacerdote) fu frutto della politica di intreccio di poteri fra la famiglia Medici e il Papato, visto che il padre Lorenzo de’ Medici (il Magnifico) convinse il papa Innocenzo VIII a nominarlo cardinale a soli tredici anni. Nella suo pontificato si occupò di riconquistare Firenze, che i Medici avevano perduto a causa del re di Francia, e di conquistare Urbino. Intraprese innumerevoli alleanze per i suoi scopi. A parte gli innominabili vizi di Giovanni, riportati da Francesco Guicciardini nella Storia d’Italia (“si scoperse poi dedito eccessivamente, e ogni dí piú senza vergogna, in quegli piaceri che con onestà non si possono nominare”), la  frase che riporta il presunto motivo della morte di papa Medici (“per fotter troppo in cul ”) è tratto da una Pasquinata del 1521 ovvero da un anonimo componimento popolare che il popolo romano all’epoca soleva appendere ad una statua detta Pasquino situata di fianco a Palazzo Braschi non lontano da piazza Navona. Le pasquinate non hanno alcun valore storico e ben ne possiamo comprendere la natura se pensiamo che Leone X era abituato a tenere una brillante vita mondana, storicamente l’età dell’oro del Papato, ovviamente non con i suoi denari ma con i soldi di prestiti e esose tassazioni a carico del popolo. E tuttavia Leone X era uomo colto e raffinato (aveva avuto mentori illustri) e mecenate generoso di Raffaello, Michelangelo, Bramante, Erasmo da Rotterdam nonché dello stesso Guicciardini. Accolse istanze di rinnovamento interne alla chiesa nel corso del V concilio lateranense tenutosi dal 1512 e al 1517. Inoltre, non era particolarmente sanguinario, riservandosi l’uso dello strangolamento e squartamento unicamente in occasione della scoperta di una presunta congiura ai suoi danni ordita dal cardinale Alfonso Petrucci, vescovo di Massa Marittima, in combutta con il medico personale del papa, tale Battista da Vercelli. Prova di ciò è la tolleranza con la quale guardò inizialmente alle tesi di Lutero, tolleranza che gli costerà lo scisma della chiesa protestante di lì a pochi anni. È dunque poco verosimile il ritratto che ne traccia Germano Dalcielo nel quale egli appagherebbe le sue voglie con i garzoni di cucina, essendo molto più probabile che egli usasse intrattenere rapporti omo con giovani letterati e eruditi di bell’aspetto, come riportato nella vicenda di Marc'Antonio Flaminio da parte dello storico Carlo Falconi. Né d’altra parte Leone X si privava di compagnie femminili, come Beatrice Ferrarese e Lucrezia da Clarice. Di fatto, e da questo punto di vista poco è cambiato rispetto alle moderne cronache, i potenti amano lo sfarzo e l’arte del ricevimento di cui amanti e cucina sono ingredienti fondamentali. Il cuoco di Leone X, tale messere Domenico Romoli incaricato di predisporre per il papa pranzi anche di sessantacinque portate, si narra fosse un esperto conoscitore di erbe, essenze e ricette afrodisiache. E che poi papa Leone X possa aver scritto a Luigi Bembo sulla “favola di Cristo” forse non meraviglia neppure, visto che le indulgenze furono per lui il mezzo principale per procacciare ricchezze tanto da fargli attribuire addirittura la Taxa Camerae della quale però non si è provata l’autenticità. Quindi, per onestà intellettuale, è opportuno che la recensione dell’opera di Dalcielo sia separata dalla discussione circa verosimiglianza del quadro storico nel quale si intreccia il romanzo, del quale si intuisce la complessità dalle brevi note sopra riportate, dato che lo scopo richiederebbe ardite competenze storiche e teologiche.  Venendo dunque al merito del romanzo “Il Peccatore”, ad un lettore attento sfugge lo scopo del titolo del romanzo (chi è “Il Peccatore” ?). E anche ci si potrebbe domandare perché il “segreto di Ischirione” sia un segreto visto che per secoli è stato materia delle correnti gnostiche del Cristianesimo.  Viceversa, si può commentare su come è scritto questo romanzo che storico non è, e, pertanto, non può che essere considerato thriller o noir.  Con un incipit magistrale, l’autore incolla il lettore alla narrazione e, tuttavia, innesta sulla vicenda di Fra’ Remondino, una serie di altalene da capogiro nello spazio e nel tempo con le quali inserisce in parallelo una congiura che porterà all’avvelenamento di Leone X, reo di voler rivelare ai fedeli il “segreto” custodito nel manoscritto di Ischirione di Betania. Subendo sofferenze indicibili, che avrebbero affossato un ventenne, questo baldo frate di sessantacinque anni, riesce a sfuggire al suo aguzzino, recando in grembo lo scomodo manoscritto che, inspiegabilmente, non era stato preso con sé dal sicario sotto mentite spoglie ma, piuttosto, abbandonato a bruciacchiare sotto la pioggia. Il frate si rivolge alla polizia, e dal lì al Prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede. Dopodiché la sua fine. Viene spontaneo domandarsi: come può un frate Benedettino, quindi certamente una persona colta, non cercare ausilio all’interno del suo ordine presso i suoi confratelli e, comunque, non provare a rendersi conto di che cosa fosse scritto nel manoscritto, prima di correre ad affidarsi ciecamente alla somma autorità vaticana? Tantopiù che il suo sicario gli aveva senza ritegno manifestato di essere in combutta con la somma autorità Vaticana? Dopo l’epilogo tragico, la storia ha due divagazioni. Una riguarda la veggente di Fatima in punto di morte e l’altra un giovane archeologo di nome Lester Cook che ritrova ad Al-Arish lo scheletro di un uomo con una costola rotta morto circa duemila anni prima. Anche in questo caso si tratta di “tessere” che non sono necessariamente funzionali all’intreccio narrativo. Circa la Nota dell’Autore alla fine del libro, cosa si può dire dei tredici papiri di Nag Hammadi che non sono astati completamente decifrati e, in parte, sono andati perduti, oppure della stessa traduzione del vangelo di Giuda, che è ancora controversa? Nella nota l’autore de “Il Peccatore” ci parla del suo ragionevole dubbio. E forse è proprio questo il merito de “Il Peccatore”, certo non quello di sollevare la questione circa la sessualità di Cristo, che probabilmente è del tutto irrilevante, ma, piuttosto di invitarci a riflettere sulla dicotomia Lazzaro – Pietro, Amore – Chiesa che ben descrive la lotta di sempre fra la libertà e l’onesta intellettuale e le dinamiche del potere affogate nella ragion di stato.
Giudizio: +4stelle+
Articolo di Stefano di Stasio

Dettagli del libro
  • Titolo: Il Peccatore
  • Autore: Germano Dalcielo
  • Editore: Simplicissimus
  • Data di Pubblicazione: 11 Agosto 2011
  • Collana: Gialli-Noir
  • ISBN-13: 9781447809043
  • Pagine: 109
  • Formato - Prezzo: ePub PDF - Euro 0.99


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