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Il pensiero equilibrato

Creato il 05 febbraio 2010 da Dallomoantonella

 

Buongiorno carissimi lettori,  vorrei  continuare con voi la mia riflessione  sull’importanza del pensare e del pensare bene.

Non ritenete anche voi  che  in un mondo  mediatico   che pullula  di  stimoli  tra i più inverosimili e tra i più dispersivi,  sia  utile ogni tanto poter leggere   di discorsi  forse non proprio  spontanei,   ma senz’altro  vantaggiosi  per lo sviluppo  della  propria  capacità  di comprensione del reale?

E’ con questo spirito  che io mi rivolgo a voi,  giovani e meno giovani, uomini e donne che siate, con la serenità e con la curiosità  di chi  vuole  esprimersi per arrivare a fare esprimere, per   arrivare a pungolare  tasti dolenti e forse un pò troppo indolenziti;  così oggi con voi  vorrei parlare  di quello che potrebbe essere ritenuto come   la ricerca   del pensiero  equilibrato.

Cominciamo   allora a definire che cos’è un pensiero equilibrato:

  1. è un pensiero che considera tutti i possibili punti di osservazione
  2. è un pensiero  che  vuole essere subito spendibile nel quotidiano, se pur nella sua gradualità
  3. è un pensiero  che  aiuta la realizzazione dell’essere  perchè fatto a misura dell’essere stesso
  4. è un pensiero  che  non teme il confronto con gli altri  pensieri
  5. è un pensiero che sa mettersi in discussione continuamente
  6. è un pensiero  che  contribuisce a costruire altrettante società equilibrate

Si potrebbero elencare altri numerosi punti, ma già questi primi sei   permettono di spaziare nella problematica ad essa connessa. Al primo passaggio si è detto che il pensiero che vuole essere positivo  considera tutti i diversi punti di osservazione; si sta ovviamente parlando di società democratiche che danno a tutti la possibilità di parola.  Senza volere approfondire meglio questo concetto e senza entrare nell’analisi  dei sistemi democratici di per sè estremamente complessi, passerei subito al secondo punto.  La comprensione del secondo passaggio è di  minore immediatezza:  cosa significa infatti  che  un pensiero  vuole potere essere subito speso nel quotidiano?  Significa  che  deve essere un pensiero  concreto per quanto astratto, radicato per quanto elevato, concretizzabile  per quanto  ispirato  da  principi  di lungo termine.

Di conseguenza un simile procedere   non può che realizzare l’essere che lo persegue, almeno nella teoria;  doverosa la distinzione tra teoria e pratica;  una volta sul campo  l’equilibrio del proprio pensiero (di per sè affatto scontato)  si scontra con le mille varianti  della contingenza;  in genere le mille varianti spesso in balia del caos più totale  non permettono il compimento  de l pensiero equilibrato;  ne conseguirebbe non proprio lo stato di realizzazione dell’essere equilibrato, ma piuttosto uno stato di  frustrazione  e di possibile scoramento.  La sola nota positiva che andrebbe sottolineata è  che tra lo scegliere se partecipare al caos o non parteciparvi,  è sempre meglio potere dire di non avervi  assolutamente partecipato o meglio, di non avervi minimamente contribuito, votandogli contro.

Continuamo sull’onda  dei punti indicati in premessa:  il pensiero  equilibrato  non teme il confronto con gli altri pensieri proprio perchè è nella sua essenza  la ricerca  del   confronto.   Dal  confronto  possono nascere le tanto auspicabili possibilità d’intesa  che sono la sola garanzia di progresso comune.  Attraverso il  confronto e la ricerca di accordi si arriva necessariamente a compromessi; i compromessi non sono la panacea  di tutti i mali ma sono la condizione umana  che permettono  la convivenza.

Eccoci   al punto centrale tra tutti quelli esposti:  il pensiero equilibrato   sa mettersi continuamente in discussione, ossia  non si spende come concluso e non  revisionabile,  non si spende  come superiore, ma  si spende come parziale e fallibile per quanto  l’unico  auspicabile nell’attimo fuggente.   Il pensiero  che sa ascoltare,   che sa mettersi nell’occhio dell’altro che guarda,  non può che essere un pensiero emotivo, fatto anche di sentimento,  di passione; è un pensiero creativo, artistico,  vivente, vitale, umano, non è un intelligere ingessato, rigido, a senso unico, carico di pregiudizi;  il suo intelletto è  leggero, mobile, arguto, vigile,  non prevedibile, onesto  ed umile.   La sua onestà  ed  umiltà  gli fanno  riconoscere i propri  possibili  errori,  le proprie  mancanze  detatte dal limite del tempo  contingente. L’uso della logica unito al sentimento  permette di far precedere al pensiero  emotivo intuizioni  e immagini flash  che potremmo definire vere e proprie folgorazioni della mente, vere e proprie premonizioni del futuro; questo sapere mescolato  o comunque non comprovabile sotto un aspetto puramente analitico, non attestabile sotto un livello percettivo  perchè  accostato  a un livello impercettibile, non è una conoscenza disprezzabile e condannabile solo perchè non ci dice nulla di certo;  è solo una conoscenza embrionale,  interna, potremmo chiamarla la conoscenza del cuore piuttosto che la conoscenza della mente nuda e cruda.

Infine  è un pensiero che contribuisce  a costruire altrettante  società equilibrate, se non proprio equilibrate (difficilissimo trovare realtà comunitarie  di largo respiro  che  possano vantare  questo titolo)  quantomeno sulla strada   verso la ricerca dell’equilibrio,  sempre tese  a trovare accordi, a trovare intese, a trovare  mediazioni  che non siano  squallide  mercificazioni   dove la legge del più  forte sopravanza  sui diritti dei più deboli.  E’   la classica goccia nel maremagnum degli oceani  che  non vuole, non deve e non può abdicare alla sua natura, alla missione, al suo credo, alla sua verità. 

Ascoltatori amatissimi,  voi cosa ne pensate?  Non è forse degno di attenzione  questo   possibilissimo e per nulla  irreale   ”pensiero equilibrato”?

Sorge conclusiva di questo discorso la domanda: dove si colloca l’equilibrio in questo pensiero?  Non certo all’esterno dell’essere che lo pensa, ma nel suo interno, l’equilibrio è una questione interna che va costruita dentro di sè; non si può certo pretendere di dare equilibrio agli altri se prima detta condizione non è stata raggiunta personalmente, ma è anche indubbio  che nel perseguire questa condizione gli altri ci possono aiutare, gli altri ci possono influenzare, anche l’esterno più che mai contribuisce se si vuole inconsapevolmente, ossia non si è soli, non si fa nulla in solitaria, tutto quello che  si arriva a comprendere avviene per una questione di passaggi, di trasbordi, di connessioni.

Il pensiero personale diventa debitore verso il proprio prossimo; asserire che i filosofi sono persone solitarie ossia poco comunicative è un’enorme assurdità;  per essenza non c’è essere maggiormente comunicativo di un filosofo che sa  che nel pensiero  pulsa  la forza di ogni azione. In quanto all’essere solitari, è una banalità;  è chiaro che ogni lavoro richiede il proprio genere di spazio e di contesto, semplicemente c’è chi lavora con martello e scalpello o in una catena di montaggio, e chi lavora con un foglio di carta ed una penna, comunque si sta parlando  sempre di  lavori  che hanno all’interno della società il loro indiscutibile  ruolo.


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