Era un martedì quando arrivò la lettera che avrebbe cambiato ogni cosa. Un normalissimo mattino di metà aprile che profumava di bucato fresco e di erba tagliata. Harold Fry era seduto a far colazione, sbarbato a puntino, con la camicia immacolata e la cravatta, in mano una fetta di pane tostato che però non stava mangiando.
Se doveste immaginarvi un ordinario pensionato inglese, ecco, potrebbe essere proprio lui. Harold Fry, un uomo da cui non ti aspetteresti nient'altro che la cura del giardinetto davanti a casa e una pinta al pub - sempre che non sia astemio. Una di quelle persone che scivolano via nella loro vita fatta di abitudini e poche parole, vai a sapere quali dolori, quali compromessi, quali sogni infranti ci sono dietro.
Solo che un giorno gli arriva quella lettera. Queenie, la sua vecchia amica. sta muorendo, in una clinica su al nord. E lui nemmeno ci pensa e in effetti nemmeno decide. Si dirige verso l'ufficio postale per imbucare la sua lettera di risposta, solo che arrivato all'ufficio postale non si ferma. Prosegue, un passo dopo l'altro. Così com'è. Cosa ha da dire a Queenie, glielo dirà di persona, 800 chilometri e rotti più avanti.
Finché io continuerò a camminare, lei dovrà vivere. La prego, le dica che questa volta non la deluderò.
Succederanno molte cose, in questo viaggio che in effetti è un pellegrinaggio. E forse Harold non salverà Queenie, ma farà in modo di salvare se stesso, un passo dopo l'altro, forte di una lentezza che sarà il vero dono consegnato alla sua vita. E non solo alla sua.
Magari non è un capolavoro, L'imprevedibile viaggio di Harold Fry di Rachel Joyce (Sperling & Kupfer). Però è scritto bene e pieno di sentimenti, senza dosi eccessivi di zucchero e di retorica. Piuttosto, un frullato di malinconia e ironia al servizio di una gran bella storia. Che si fa leggere, come no. E sorpresa, ti fa stare anche meglio.