Magazine Per Lei
Era da molto che volevo scriverne un post, e credo sia impossibile scriverlo senza un accenno nostalgico.2005-2008, tre anni di studio e divertimento insieme. Mi alzavo la mattina presto, prendevo il pullman e viaggiavo fino alla città universitaria che solo da due anni è diventata la mia dimora fissa, quindi per tutta la triennale sono stata una pendolare accanita! E amavo, Dio quanto lo amavo, prendere quel pullman la mattina presto. Mi dava, come dire, un senso di libertà desiderata. Venire a Lecce, all'università, tutto poteva significare tranne annoiarmi. Tutti i giorni capitava una cosa nuova. Era impossibile che mi annoiassi.Avevo un'amichetta preferita, poi, una compagna di corso, con cui passavo le mie intere giornate. Era così facile, allora, avere un'amica con cui ridere, con cui ridere anche per le cose più stupide. Quelle stupidate riempivano le nostre giornate. Frequentavamo le lezioni, spesso ne saltavamo tante e, invece che nella classe d'inglese, ci ritrovavamo in centro, in giro per negozi o nel solito negozio di rosticceria. Da quanti professori ci siamo abilmente nascoste per non sentirci dire "perché non siete venute a lezione??". Perché si sa, in una classe di una ventina di persone, tutti conoscevamo tutti e nessun volto poteva mai essere anonimo.No, è davvero troppo. Ora sono alla specialistica e, anche se è passato poco tempo da allora, sembra davvero tutto diverso. Sono cresciuta, sono un'altra. Adesso non me ne starei più seduta su quei gradini puzzolenti e sporchi a mangiare un panino con la mortadella in attesa di una lezione. Ho la macchina, sono indipendente, tornerei come minimo a casa a cucinare, giacché adesso abito nella città universitaria. Ma è questo il punto! Ora sono grande, pago le bollette, faccio commissioni, preparo da cucinare, lavo e stiro il bucato, ho una casa da accudire. Prima non c'era tutto questo. Abitavo con i miei, non sapevo neppure come si accendesse un fornello o un ferro da stiro, non avevo la macchina, dipendevo da un autobus. Mi mancano quelle giornate all'insegna dell'avventura, quando non sapevo cosa potesse aspettarmi e non avevo neanche la necessità o la voglia di saperlo. Tanto non dovevo dar conto a nessuno, non avevo niente di urgente da fare, nessuna aspettativa, nessun impegno, se non quello di frequentare le lezioni e di preparare, a tempo debito, qualche esame. Andarmene da casa la mattina presto e tornare col buio non era affatto un problema, non lasciavo nulla di incompiuto, potevo benissimo liberarmi di tutti i pensieri, tanto questo non faceva male a nessuno. Non servivo, ecco. Dovevo pensare solo alla mia vita, agli studi, all'università. Quello era il mio unico obbligo. Mi manca quel senso di assoluta libertà e di egoismo.
Lo so, lo so che non sono certo l'unica ad aver "subìto" questo genere di cambiamenti (insomma, l'età è passata per tutti coloro che si ritrovano adulti!), ma essere alla magistrale e non avere affatto lo stesso spirito di quando ero in triennale (a soli due anni di distanza) mi suona un pò strano, anzi no, non strano, mi suona piuttosto malinconico.
Provo nostalgia per la mia bella triennale, provo nostalgia per gli stessi corridoi lungo i quali oggi cammino, ma dritta verso l'uscita. Ieri, invece, in quei corridoi ci restavo per tutto il giorno, seduta sulle panchine di quello che io e le mie amiche chiamavamo "l'aldilà", tra una lezione e l'altra. Quelle panchine come minimo oggi saranno occupate da altri studenti che hanno preso il nostro posto.Poi, al terzo anno, all'improvviso mi resi conto che quel primo percorso stava per terminare. E io che, vi giuro, non me ne stavo neanche accorgendo! Lo ricordo benissimo, fu un momento, un pomeriggio. Mi ritrovai a pensare che nel giro di 8 mesi, circa, il mio "tempo" sarebbe scaduto. Incominciai a preparare gli ultimi esami a manetta perché non volevo restare indietro, e nei tempi previsti mi presi la mia bella laurea. Ed era la fine di un'epoca.
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