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Il peso dei suoni

Creato il 18 giugno 2013 da Www.marsala.it @@il_volatore
Un originale maestro, il compositore Luigi Nono, che ha rivoluzionato la musica liberandola da qualsiasi schema. C’è un posto prezioso, nella nostra splendida e caotica capitale, dove la musica fiorisce in qualsiasi periodo dell’anno. E, contro chi afferma che la cultura non paga, riportiamo la notizia ufficiale della chiusura del bilancio consuntivo 2012 dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, in attivo (e addirittura per il decimo anno consecutivo!). Il segreto di questo successo, oltre alla bellezza del luogo (ricordiamo che la struttura è opera di Renzo Piano) è dovuto anche alla varietà di attività. La protagonista dell’Auditorium è sempre la musica (classica, sinfonica, musica da camera, ma anche jazz, pop e tutti gli altri generi musicali). Ma, oltre ai concerti, il complesso ospita conferenze, dibattiti, letture e lezioni. Si tratta, quindi, di un immenso e accogliente parco nel quale spaziare tra l’arte (mostre di pittura, di fotografie, ecc.), la letteratura, il teatro e la musica. Proprio all’Auditorium si è recentemente svolta una serata speciale dedicata ad un maestro scomparso qualche decennio fa e del quale si sente parlare sempre meno. Luigi Nono (nato a Venezia nel 1924) diventa famoso a livello internazionale soprattutto per il suo impegno politico. Spesso, infatti, ha utilizzato nelle sue composizioni testi politici, come le lettere di condannati a morte della resistenza europea. Ha portato alla ribalta temi sociali come le pessime condizioni degli operai in fabbrica (La fabbrica illuminata (1964). Si è schierato apertamente contro il fascismo e ha messo in musica testi di autori come Ungaretti e Pavese per dar vita ad una musica “impegnata”. Nono si era iscritto al Partito Comunista intorno ai trent’anni ed è celebre l’aneddoto su un concerto a Roma, durante il quale si esibiva anche Giovanna Marini. Si racconta che la performance di Nono non fu immediatamente apprezzata e il pubblico cominciò a fischiare. L’artista, allora, afferrò coraggiosamente il microfono e disse “Compagni, il Partito comunista italiano, il nostro partito, ha bisogno vitale di tutta la nostra cultura, di tutta la nostra intelligenza, di tutta la nostra arte e di tutto il nostro impegno”. E a quel punto ci fu un clamoroso applauso. In effetti bisogna riconoscere che la musica di Luigi Nono è decisamente insolita e, nonostante la sua idea di portare anche alle classi sociali più umili la cultura musicale, si è rischiato spesso di mal interpretare le intenzioni e le volontà del compositore. Egli elaborò, infatti, una musica che non deve essere capita ma molto più semplicemente ascoltata. L’auditorium ha dedicato a questo originale maestro il concerto Polifonica-Monodia-Ritmica, dal titolo di una sua composizione di musica per ensemble (1951). Oltre al pezzo di Nono, che ha aperto la serata, sono state eseguite altre 5 composizioni di giovani musicisti ispirate allo stile del musicista veneto. Si tratta di un concerto particolare, sicuramente di non facile ascolto per chi si aspetta un’armonia classica, o per chi cerca un senso, un significato immediato. Perché le creazioni di Nono sono tutt’altro che classiche e suscitano sensazioni contrastanti, dubbi e curiosità. Prima tra tutte… una musica può essere anarchica? Perché questa lo é: va oltre ogni schema, oltre ogni regola. Come se quelle note sghembe uscissero fuori dal loro pentagramma e si scrivessero disordinatamente su una partitura che precipita e risale, che passa bruscamente dal suono più acuto a quello più grave, reinventando le scale, incurante degli accordi. Suoni altalenanti, spesso stridenti, archetti che picchiano il violino, dita che battono le corde del contrabbasso. Ascoltare Polifonica-Monodia-Ritmica è un po’ come ascoltare un concerto prima del concerto, ossia quando gli spettatori stanno per sistemarsi sulle poltrone e i musicisti cominciano ad accordare i propri strumenti e ad accordarsi tra loro. Quell'insieme di note accennate, quella sensazione di qualcosa che va ad iniziare, quei momenti in cui il pubblico non ascolta ancora pienamente, non guarda il palco, e gli artisti si sentono liberi di agire, di tentare, anche di sbagliare...e, invece, sei già in pieno concerto. Infatti per Luigi Nono non è importante la composizione musicale, quanto piuttosto l'ascolto in se stesso. Questi suoni confusi rimbombano dentro chi ascolta, come uno scandaglio che si muove sinuosamente dentro l'anima. L'atto del sentire è il vero protagonista delle opere di Nono e non una vera e propria melodia. Agisce sull'ascoltatore come stimolo, sa toccarne i tasti più profondi, aziona la sua immaginazione per liberare le sensazioni più disparate. Nessuna guida esclusiva, nessuna adesione ad un genere musicale, solo un ascolto assolutamente libero e soggettivo. Un bizzarro personaggio delle composizioni di Nono è il silenzio, in mezzo ai suoni, ai rumori, alle voci e ai cori. Sì, perché in questa nuova dimensione musicale anche il silenzio ha un suono, è un silenzio pieno, con un suo peso, un suo ritmo e un suo tempo. E’ un prendere fiato, è un passaggio verso territori inesplorati, è un aumentare l'attesa. Per questo il maestro Maurizio Pollini ha definito le composizioni di Nono come una "musica circolare che scompare nel silenzio". Un’altra geniale innovazione di questo poliedrico artista è stata quella di immaginare, per la prima volta, anche lo spazio attorno alla musica. Infatti per l’opera Prometeo - Tragedia dell'ascolto (1984) un giovane Renzo Piano aveva architettato e costruito, seguendo le indicazioni del musicista, una sorta di conchiglia di legno nella quale ospitare musicisti, coro e pubblico come a volerli rendere un unico strumento musicale. Questa specie di arca, con un’altezza di circa 14 metri, prevedeva il pubblico al centro della scena e passerelle dislocate a diverse altezze per accogliere musicisti, solisti, coristi e direttori d’orchestra. Lo scopo era quello di eliminare la distanza tra gli esecutori e gli ascoltatori. Si pensi al Teatro Totale. Il suono deve avvolgere l’ascoltatore, renderlo parte integrante della performance. Meglio ancora, secondo il veneziano, la musica deve essere ovunque, uscire anche fuori dai classici teatri e dai luoghi preposti ai concerti, arrivare a tutti e accompagnare l'uomo nella sua quotidianità. La sperimentazione e la ricerca erano sicuramente alla base del lavoro di Nono, la dodecafonia, l'amplificazione, la manipolazione dei suoni, l'utilizzo della musica elettronica, hanno dato vita ad nuovo modo di realizzare musica. La polifonia di Nono altro non è che un viaggio verso terreni musicali sconosciuti, in cui non esistono mete, direzioni o guide. Come un percorso libertario e pieno di eventi inaspettati (una nota, poi un rumore, poi una sospensione). Un itinerario che inizia senza sapere dove si andrà a finire, esattamente come la vita stessa. A tal proposito, l’ultima opera di questo innovatore del panorama musicale contemporaneo è ispirata ad una frase scoperta in un monastero spagnolo: "Caminantes no hay caminos hay que caminar". Questo aforisma sembra riassumere tutti i lavori dell'artista. Infatti nell'esistenza umana non c'è un percorso segnato, non c'è una strada obbligata, non c'è neanche una guida. C'è solo da camminare. Nella composizione per due violini “Hay que caminar" sognando (1989), quindi, i violini emergono nel silenzio guidandoci all'ascolto puro di una musica speciale, inaspettata, a tratti inquietante, a volte energica. Di certo strepitosamente nuova. Viaggiatori, spettatori, compagni – ci suggerisce ancora oggi Nono – non ci sono strade, si deve camminare. Così come si deve vivere, anche se ci sfugge il motivo profondo, esattamente come si può ascoltare la musica di Luigi Nono, semplicemente...ma con l'anima, senza distinguerne regole, schemi o partiture.   Sabrina Sciabica - 18 giugno 2013  

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