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Il peso della farfalla, frasi [Erri De Luca]

Creato il 30 gennaio 2014 da Frufru @frufru_90
- Scarabocchi sul libro Il peso della farfalla, frasi [Erri De Luca]
Non erano coraggiosi, erano molti, valore che dà forza ai più deboli.
Bestia assassina l'uomo che abbatteva i figli del re dei camosci da lontano, bestia che brulicava a valle e faceva rumore di tuono quando era sereno. Bestia solitaria quella che saliva da loro per agguato, per portar via. Anche così i camosci lo preferiscono all'aquila, che arriva d'improvviso senza avviso di odore, in giorno di nuvole e di nebbia e spinge nel vuoto i piccoli per divorarli in basso sfracellati.
Meglio l'uomo, che si fa sentire da lontano e che scaccia le aquile. Di lui i camosci si accorgono sempre.
Per un tempo del secolo scorso la gioventù si dette una legge diversa da quella stabilita. Smise di imparare dagli adulti, abolì la pazienza. In montagna saliva cime nuove, in pianura si dava nomi di battaglia. Voleva essere primizia di tempi opposti, dichiarava falsa ogni moneta. Non aveva diritto all'amore, pochi di loro ebbero figli durante gli anni rivoluzionari. Mai più si è visto un altro accanimento a rovesciare il piatto, in una gioventù. Un piatto sottosopra contiene poco però ha la base più larga, sta piantato meglio.
L'uomo passò duecento metri d'aria sotto il branco. Non poteva vederlo, molti salti di roccia più in su. Nessun senso gli dava la certezza che c'era. Sono scarsi i sensi in dotazione alla specie dell'uomo. Li migliora con il riassunto della intelligenza. Il cervello dell'uomo è ruminante, rimastica le informazioni dei sensi, le combina in probabilità. L'uomo così è capace di premeditare il tempo, progettarlo. È pure la sua dannazione, perché dà la certezza di morire.
Si era infilato sotto un mugo la prima volta per sfuggire all'odore di un uomo vicino. Quando era passato, aveva tolto dei sassi con le zampe e si era ricavato un buon riparo. Sotto il tetto di rami alzava il muso di notte verso l'alto del cielo, un ghiaione di sassi illuminati. A occhi larghi e respiro fumante fissava le costellazioni, in cui gli uomini stravedono figure di animali, l'aquila, l'orsa, lo scorpione, il toro.
Lui ci vedeva i frantumi staccati dai fulmini e i fiocchi di neve sopra il pelo nero di sua madre, il giorno che era fuggito da lei con la sorella, lontano dal suo corpo abbattuto.
In ogni specie sono i solitari a tentare esperienze nuove. Sono una quota sperimentale che va alla deriva.
La canna del fucile aveva raccolto fili di ragnatele nei passaggi. Li lasciò stare, erano buon augurio, opera del più grande cacciatore del mondo, che disegna trappole nell'aria per catturare ali. Il ragno era un collega. Nella sua stanza c'erano stesi i fili delle ragnatele intorno alla finestra. Al sole luccicavano per impigliare i voli. I ragni fissano reti con un centro e aspettano. Le prede vanno a loro. L'uomo doveva scalare per andare al centro delle prede. Il ragno era il più bravo cacciatore. Nella sua posizione ancora all'ombra, l'uomo vedeva luccicare al vento un filo di ragnatela fissata sulla canna del fucile.
L'uomo è dotato per la geografia, è la misura che impara meglio pure senza scuola.
L'uomo d'inverno deve solo resistere nel guscio. Pensa: nessuna geometria ha ricavato la formula dell'uovo. Per il cerchio, la sfera c'è il pigreco, ma per la figura perfetta della vita non c'è quadratura.
Un uomo che non frequenta donne dimentica che hanno di superiore la volontà. Un uomo non arriva a volere quanto una donna, si distrae, s'interrompe, una donna no.
Era l'ultimo passo dell'autunno, poi sarebbe venuta la neve e il suo magnifico silenzio. Non ce n'è un altro che valga il nome di silenzio, oltre quello della neve sul tetto e sulla terra.
La sua vita a spasso di stagioni era andata col mondo. Se l'era guadagnata molte volte, ma non era roba sua. Era da restituire, sgualcita dopo averla usata. Che creditore di manica larga era quello che gliela aveva prestata fresca e se la riprendeva usata, da buttare.
Al re piaceva quando la montagna se ne sta in abbraccio stretto col temporale e il vento. L'aquila non vola e l'uomo non sale.
Il re dei camosci era vestito di vento.
L'uomo aveva assistito a duelli di camosci di altri branchi. Ammirava la loro lealtà, mai due contro uno. Lui portava nel fianco il taglio di un coltello traditore, colpo sferrato da uno del mucchio che lo aveva aggredito. Gli uomini hanno inventato i minuziosi codici ma appena c'è occasione si azzannano senza legge.
A quella che arrivava da lui per ultima aveva visto fare la mossa di sbattere i capelli lisci in fuori, oltre le spalle. Somigliava alla scossa di fastidio che allontana e somigliava pure al richiamo di essere toccata sui capelli. Le donne fanno mosse di conchiglia, che si apre sia per buttare fuori che per risucchiare all'interno.
Pagò il suo vino, non quello della donna, se no l'oste ne avrebbe parlato per l'inverno. In un villaggio bisogna saperci stare. In un posto dove ci si saluta tutti chiamandosi per nome, ci sono usanze sconosciute alla città.
Le bestie sanno il tempo in tempo, quando serve saperlo. Pensarci prima è rovina di uomini e non prepara alla prontezza.
Era il giorno perfetto, non si sarebbe più battuto contro nessuno dei suoi figli e non doveva aspettare l'inverno per morire.
Abbassò il fucile. La bestia lo aveva risparmiato, lui no. Niente aveva capito di quel presente che era già perduto. In quel punto finì anche per lui la caccia, non avrebbe sparato ad altre bestie.
Non è mai goffo un albero, nemmeno quando crolla per il ferro del boscaiolo.
Da quel momento la sua vita è legno, viaggia lontano, verso le segherie, diventa casa, barca, chitarra, manico, scultura. Sarà elegante anche caduto in mano a un assassino. Da quel momento è promesso alla cenere.
Gli alberi di montagna scrivono in aria storie che si leggono stando sdraiati sotto.

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