“Il problema dei partiti non era conquistare un bel po' di voti altrui (cosa praticamente impossibile) ma mantenere, conservare, elezione dopo elezione, il proprio «pacchetto», il proprio blocco di voti. Si pensi al Pci. Escluso dalla possibilità di andare al governo, aveva certo interesse ad ottenere qualche voto in più ma l'interesse prevalente, dominante, era conservare i voti già acquisiti. Anche la sinistra democristiana, impegnata nelle lotte con le altre correnti Dc, aveva lo stesso problema: conservare i propri consensi, condizione necessaria per continuare a praticare il gioco del potere dentro l'allora partito di maggioranza relativa.”Quello che mi lascia interdetto è che, nel ricostruire la suddetta battaglia politico-elettorale, Panebianco ritiene che Pci e Sinistra Democristiana avessero «lo stesso problema» e, francamente, da mero studente e non da studioso, mi pare che la questione non stia affatto in questi termini, giacché per «conservare i propri consensi» la Sinistra Dc lottava prima dentro il partito (imponendo candidature e scegliendo i migliori collegi elettorali) e soltanto poi attraverso il voto (in genere di scambio, che era il modo più sicuro di conservare i propri consensi).In fondo, per gran parte dell'elettorato italiano che votava Dc turandosi il naso, poco importava prevalesse una corrente del partito o un'altra: l'importante era che il Pci arrivasse secondo e così è stato per circa quarant'anni.Mi ricordo, più o meno a metà anni settanta, ero alle elementari, i maestri di scuola ci portarono in visita presso una vicina fattoria e la cosa che più conservo di quella giornata di sole di maggio, oltre agli starnuti e al prurito sconvolgente agli occhi, è il dipinto bianco e rosso, enorme, dello scudo crociato che campeggiava in alto sul silos del granaio in cemento; e, sotto lo stemma, c'era scritto a caratteri cubitali: «Si vota così».Etci.Cazzo ne sapevano le masse popolari cosa fossero le correnti democristiane? Ancora Panebianco non era diventato professore per spiegarglielo.
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