Il petroliere

Creato il 14 aprile 2015 da Nehovistecose

(There Will Be Blood)

Regia di Paul Thomas Anderson

con Daniel Day-Lewis (Daniel Plainview), Paul Dano (Eli e Paul Sunday), Dillon Freasier (H. W. Plainview), Kevin J. O’Connor (Henry), Ciarán Hinds (Fletcher Hamilton), David Willis (Abel Sunday), Mary Elizabeth Barrett (Fanny Clark), David Warshofsky (H. M. Tilford), Hans Howes (Bandy).

PAESE: USA 2007
GENERE: Drammatico
DURATA: 158’

1898. Mentre scava in cerca d’argento, Daniel Plainview trova il petrolio. Nel 1902 ha fondato un impero. Ma la sua smania ossessiva di arricchirsi, sommata all’incapacità di accettare la disabilità del figlio e di collaborare col disonesto predicatore Eli, concessionario delle terre, lo porterà alla rovina…

Basato sulle prime 150 pagine del romanzo Oil! (1927) del socialista Upton Sinclair, che a sua volta si ispirò alla vita del petroliere. Uno dei più potenti, tragici, coraggiosi lungometraggi partoriti da Hollywood negli ultimi anni. Ha al centro un personaggio di rara potenza simbolica che ribalta, in maniera negativa, uno dei miti americani per eccellenza, quello del selfmademan, del pioniere che si è fatto da solo, prima vera incarnazione del sogno a stelle e strisce; Daniel Plainview è un essere scimmiesco ingobbito dalla sua stessa inesplicabile rabbia, che non sa porre limiti alla sua abulica e istintiva sete di potere, un mostro morbosamente generato e legato alla terra (si veda l’intro). È il capitalismo imperante che avanza senza fermarsi davanti a nulla. È L’America, è il suo (nerissimo) mito fondante. E non è un caso che, alla fine, il sangue del titolo originale scorra proprio su una pista da bowling, sport americano per eccellenza. Tragico perché non c’è catarsi per nessuno, coraggioso perché arriva a dire che i due elementi che più di tutti hanno contribuito alla nascita della civiltà USA – capitalismo ed evangelismo – sono indifendibili perché entrambi regolati dalle stesse, squallide logiche fondamentaliste. Daniel e Eli sono due nemici che, pur non accorgendosene, fanno parte della stessa specie, due (sporche) facce della stessa medaglia.

È un western post moderno con zero cavalli e molte automobili che ripropone orgogliosamente l’orizzontalità del western classico “sporcandola” con la verticalità delle torri petrolifere; è un melodramma straziante sulla paternità mancata; è un tragi(comi)co viaggio negli abissi della follia umana. Anderson, da sempre paragonato ad altri cineasti (Scorsese, Altman, Tarantino), firma un capolavoro allucinato (e allucinante) che è solo SUO, dotato di uno stile unico, controllatissimo e contemplativo. Dilata il tempo con lunghi piani sequenza per comprendere ogni singolo attimo, e a suon di essenzialità e minimalismo da nel metafisico, nell’onirico, nel fantastico. Il primo piano, come ai tempi di Dreyer, diventa paradossalmente l’unico modo per capire l’universalità delle cose, dal particolare (le psicologie) al globale (l’affresco di una società). Sull’ora e trenta ha qualche cedimento narrativo, ma l’ultima mezz’ora, quasi un film a se per come abbandona il realismo e raggiunge un grottesco esasperato, sconvolge a affascina rivelando che si tratta di un film unico sotto tutti gli aspetti. In molti gli hanno rimproverato questa svolta grottesca, dimenticando che a) è un tratto stilistico tipico dell’opera di Anderson; b) è coerente con lo sprofondamento infernale del suo protagonista.


Raro film dall’epica negativa in cui la grandiosità dei personaggi non è mai eroica. I primi ’20, totalmente muti, dovrebbero far ricredere chi ancora pensa che Anderson sia solo uno che “copia bene”. Imprescindibile il contributo sonoro che, spesso, sostituisce alla musica ritmi tribali che richiamano l’ascendenza selvaggia (selvatica?) ed arcaica del protagonista. Due Oscar, entrambi meritatissimi: attore protagonista a Day Lewis e fotografia a Robert Elswit. L’anonimo titolo italiano rovina l’apocalittico titolo originale, riferimento al detto ben augurante “there will be oil” (ci sarà il petrolio) in cui blood sostituisce oil (scorrerà il sangue). Film di incredibile eleganza, formale e concettuale. Da non perdere.



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