La schizofrenia è una forma di malattia psichiatrica caratterizzata, secondo le convenzioni scientifiche, da un decorso superiore ai sei mesi (tendenzialmente cronica o recidivante), dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell'affettività, con una gravità tale da limitare le normali attività della persona.
Il disturbo borderline è un disturbo di personalità che viene sinteticamente descritto come grave patologia caratterizzata da instabilità pervasiva dell'umore, delle relazioni interpersonali, dell'immagine di sé, dell'identità e del comportamento, e una più generale anomalia nella percezione del senso di sé.
Il termine borderline deriva dall'antica classificazione dei disturbi mentali, raggruppati in nevrosi e psicosi, e significa letteralmente "linea di confine". L'idea originaria era riferita a pazienti con personalità che funzionano "al limite" della psicosi pur non giungendo agli estremi delle vere psicosi o malattie gravi (come ad esempio la schizofrenia).
Fonte:Wikipedia (e vabbeh! Non avevo tempo per citazioni più affermate)
Si, vabbeh, direte, che c’entra con la lettura?
C’entra, c’entra, perché ho sempre pensato che il mio modo di leggere ed amare i libri fosse, in realtà, un po’ patologico. Davvero, al limite della psicosi.
Lasciamo perdere il fatto che nasco da un padre che i libri per leggerli li fodera, rigorosamente con carta patinata, perché non lascia impronte, è più pratica della plastica, è resistente e non macchia (come invece la carta dei quotidiani), lasciamo perdere anche il fatto che lo stesso padre racconta che da piccolo lo mandavano a fare le commissioni ed arrivava sempre tardi perché si fermava a leggere ogni volantino o foglietto trovato per strada e che, ormai alla pensione, continua a comprare libri, a volte doppi, senza riuscire a leggerli. E lasciamo anche perdere che io stessa non riesco a passare nella stessa strada di una libreria senza entrare e svenarmi comprando tutto ciò che al momento mi attira (ad averceli più soldi). Non è questo che mi caratterizza come schizofrenica, al limite come compulsiva!
Ho scritto più volte ultimamente che il mio modo di leggere è sempre stato un po’ in apnea (prima che ci fosse la bimba, ovviamente) sarei capace di leggere per pomeriggi interi, giornate intere, nottate intere se solo il fisico mi accompagnasse ancora. Ricordo lunghissime giornate di calura estiva durante le quali ero in grado di iniziare un libro di Agatha Christie e smettere di leggerlo solo a notte fonde, all’ultima pagina. Ma non è solo il tempo che dedicherei alla lettura a rendermi psicotica.
Non mi piacciono i racconti e non amo la poesia ed il motivo è che sono troppo brevi. Amo i libri lunghi, lunghissimi, perché mi permettono di conoscere i personaggi fino in fondo, di affezionarmici, di entrarci dento… o meglio… di permettere loro di entrare dentro me.
Ecco, è in questo che si traduce la mia schizofrenia da lettura. Ogni volta che leggo un libro che mi appassiona, i protagonisti, belli o brutti che siano, mi entrano dentro, si impossessano di me come fossero spiriti e mi seguono finché non finisco il libro.
E non è una cosa carina, perché non è che io pensi semplicemente al libro e alle sue vicende, no no, io inizio a pensare, vivere e sentire come i protagonisti del libro e, ribadisco, non sempre sono personaggi del tutto positivi.
Cercherò di non essere ridicola: io ADORO questa sensazione, non mi da alcun fastidio, non mi fa sentire folle e nemmeno strana… so di essere fatta così e basta e il livello di fusione con i personaggi è la mia misura di quanto il libro mi piace: se lo spirito non mi possiede allora vuol dire che l’Autore non è riuscito a toccare le mie corde.
Vittoria, ci stai riuscendo: ti porto con me durante la giornata, mi sto portando dietro, purtroppo, anche Anna ed un certo prurito alla nuca e sono sicura di aver conosciuto quel tale manager con il vizio di ravanare nel profondo (se è chi dico io, ha vinto due o tre concorsi ormai). E mi porto dietro anche una vividissima sensazione di claustrofobia per l’impossibilità di sfuggire alle dinamiche familiari e ad un destino che descrivi tanto bene.
Non ho ancora finito di leggere, Vittoria, ma la sensazione più forte, oltre al coinvolgimento e al divertimento, è proprio questa claustrofobia… e non prenderla male! Per me vuol dire che il tuo libro mi sta coinvolgendo totalmente, ci sono dentro… o lui è dentro me!
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