Il romanzo di Adler-Olsen si inserisce a pieno titolo nel filone letterario nord-europeo di successo che potremmo definire non semplicemente “giallo”, dato che si tratta di un genere contaminato da forti pennellate noir e crime. La trama è intrecciata in modo raffinato e suadente e si snoda in modo accattivante. Con il tratto caratteristico degli autori d’oltremanica, il romanzo, nelle pagine iniziali, pur di fronte all’evento drammaticamente delittuoso che fa esplodere la suspense, o forse proprio per questo, non pare avere fretta di arrivare alla soluzione. L’ispettore Mørck - della ormai seriale Sezione Q - sembra assorbito da mille ed altre faccende piuttosto che perdere tempo prezioso dietro un misterioso messaggio in bottiglia che, in modo quasi fortuito, piomba sulla sua scrivania. Eppure, come un incontenibile virus, quel messaggio catalizza, pagina dopo pagina, l’attenzione degli investigatori, e la narrazione passa rapidamente da un incalzante short-cutiniziale all’immagine multiforme e cangiante dei punti di vista dei diversi protagonisti, alimentandosi d’una non comune tensione narrativa. E così, mentre per l’ispettore Mørck, si alternano quotidianità difficili da reggere, relazioni problematiche, e problemi “collaterali”, il respiro fatale del mostro piano piano si ingigantisce, affonda i suoi artigli in una realtà chiusa ed insospettabile, tenta sino all’ultimo di sferrare colpi mortali, seminando una feroce scia di violenza, mentre Mørck ed i suoi moltiplicano gli sforzi per fermarlo. Adler-Olsen, con il suo stile attuale e graffiante, si conferma campione nel ricreare e miscelare l’atmosfera cupa e cinica di chi agisce freddamente nell’ombra per commettere i suoi delitti e i toni quasi scanzonati ed umoristici di chi quei crimini deve combatterli. Abbiamo detto, e ribadiamo, crime, perché nel libro non c’è solo il giallo canonico alla Van Dyne, per così dire. Anzi. Semmai, c’è un risvolto antropologico che scolpisce i personaggi a tutto tondo mentre il crimine viene dissezionato crudamente in tutte le sue componenti, come un devastante puzzle che deve essere ricomposto a forza, partendo da una prospettiva iniziale che separa in modo netto il delitto da ogni ipotesi immediata di interesse investigativo: Mørck ingaggerà la sua lotta all’ultimo respiro solo quando lo scenario sarà maturo, coinvolgente, e sarà quasi lo stesso lettore a spronarlo perché cessi la spirale di brutale violenza che avvolge vittime impotenti.Il finale? Ovvio che non è giusto svelarlo per non tradire le aspettative dei lettori, ma sappiate che non c’è nulla di scontato. Fino all’ultima pagina. Michele Barbera
IL PIACERE DI LEGGERE: “IL MESSAGGIO NELLA BOTTIGLIA” di JUSSI ADLER-OLSEN
Creato il 27 agosto 2013 da MichelebarberaIl romanzo di Adler-Olsen si inserisce a pieno titolo nel filone letterario nord-europeo di successo che potremmo definire non semplicemente “giallo”, dato che si tratta di un genere contaminato da forti pennellate noir e crime. La trama è intrecciata in modo raffinato e suadente e si snoda in modo accattivante. Con il tratto caratteristico degli autori d’oltremanica, il romanzo, nelle pagine iniziali, pur di fronte all’evento drammaticamente delittuoso che fa esplodere la suspense, o forse proprio per questo, non pare avere fretta di arrivare alla soluzione. L’ispettore Mørck - della ormai seriale Sezione Q - sembra assorbito da mille ed altre faccende piuttosto che perdere tempo prezioso dietro un misterioso messaggio in bottiglia che, in modo quasi fortuito, piomba sulla sua scrivania. Eppure, come un incontenibile virus, quel messaggio catalizza, pagina dopo pagina, l’attenzione degli investigatori, e la narrazione passa rapidamente da un incalzante short-cutiniziale all’immagine multiforme e cangiante dei punti di vista dei diversi protagonisti, alimentandosi d’una non comune tensione narrativa. E così, mentre per l’ispettore Mørck, si alternano quotidianità difficili da reggere, relazioni problematiche, e problemi “collaterali”, il respiro fatale del mostro piano piano si ingigantisce, affonda i suoi artigli in una realtà chiusa ed insospettabile, tenta sino all’ultimo di sferrare colpi mortali, seminando una feroce scia di violenza, mentre Mørck ed i suoi moltiplicano gli sforzi per fermarlo. Adler-Olsen, con il suo stile attuale e graffiante, si conferma campione nel ricreare e miscelare l’atmosfera cupa e cinica di chi agisce freddamente nell’ombra per commettere i suoi delitti e i toni quasi scanzonati ed umoristici di chi quei crimini deve combatterli. Abbiamo detto, e ribadiamo, crime, perché nel libro non c’è solo il giallo canonico alla Van Dyne, per così dire. Anzi. Semmai, c’è un risvolto antropologico che scolpisce i personaggi a tutto tondo mentre il crimine viene dissezionato crudamente in tutte le sue componenti, come un devastante puzzle che deve essere ricomposto a forza, partendo da una prospettiva iniziale che separa in modo netto il delitto da ogni ipotesi immediata di interesse investigativo: Mørck ingaggerà la sua lotta all’ultimo respiro solo quando lo scenario sarà maturo, coinvolgente, e sarà quasi lo stesso lettore a spronarlo perché cessi la spirale di brutale violenza che avvolge vittime impotenti.Il finale? Ovvio che non è giusto svelarlo per non tradire le aspettative dei lettori, ma sappiate che non c’è nulla di scontato. Fino all’ultima pagina. Michele Barbera
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