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“Il pianeta di Standish” di Sally Gardner, Feltrinelli

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

standishSi incontrano, ogni tanto, lungo la via che lastrica la formazione di un lettore, libri che spiazzano, inquietano, lasciano non solo domande ma anche sensazioni ingarbugliate con la consapevolezza che probabilmente finiranno per rimane così, perché della loro stessa complessità fanno natura e forza.

Quando si chiude un romanzo la domanda, quasi ovvia, con la quale ci si confronta è sempre la stessa: “Mi è piaciuto?”. Ecco, forse, per “Il pianeta di Standish” di Sally Gardner – edito da Feltrinelli Kids – la questione andrebbe affrontata da un altro punto di vista.
Mi ha colpito al cuore?” E allora, si potrebbe rispondere, credo nella maggior parte dei casi: inequivocabilmente sì.

Il libro si presenta con un curriculum vitae di tutto rispetto: successo di caratura internazionale, tradotto in moltissime lingue e vincitore di numerosi premi – tra i quali anche la Carnegie Medal, il più prestigioso riconoscimento letterario britannico nell’ambito dell’editoria per ragazzi.

Un distopico di qualità quindi. Anche se qui la classificazione di distopia, pur essendo perfettamente azzeccata secondo la definizione del termine (realtà non-utopica, non desiderabile), lascia nell’attribuirla una rarefatta inquietudine, un’angoscia sottile che può racchiudersi tutta nelle due paroline, banali ma cariche, che aprono il libro stesso: e se

Infiniti sono gli universi paralleli di realtà possibili se ad ogni incrocio della Storia si fosse andati per la direzione opposta.
E leggendo dei fatti di Standish – quindicenne con difficoltà di apprendimento, che vive in una situazione di regime oppressivo e violento, totalizzante e liberticida – un interrogativo, costante, emerge come premessa non dichiarata al racconto: e se avessero vinto i nazisti, e non gli alleati, nella seconda guerra mondiale?
Allora, forse, il mondo somiglierebbe a quello partorito dalla fantasia dell’autrice inglese.
Una Madrepatria tirannica e repressiva, pronta a far fuori e isolare ogni dissonanza, diversità, imperfezione, ribellione, da una parte, e un mondo di “nemici” liberi, un luogo ai piedi dell’arcobaleno dove la vita è in technicolor dall’altra.
Una nazione perennemente in guerra – interna ed esterna –  che ha bisogno di trovare tra i suoi cittadini carne da macello e ha necessità di mantenere la sua forza grazie alla mitizzazione della sua grandezza, della sua purezza, della sua superiorità sul resto del mondo.
Rifiuto di ogni diversità e celebrazione della razza, queste le caratteristiche – insieme alla crudeltà, la ferocia, l’arroganza, l’indottrinamento e il terrore – che fanno pensare ad un prolungamento del Terzo Reich. Così come l’anno in cui si svolgono le vicende: un 1956 che fortunatamente nella nostra dimensione, parallela a infinite altre, non è mai avvenuto.

Standish vive invece in questo tempo grigio e senza prospettiva di futuro.
Essendo un impuro, figlio di disobbedienti e nipote di ribelle, è confinato nella Zona Sette, che è là dove la Madrepatria relega gli imperfetti e i dissidenti.
Egli, poi, è impuro tra gli impuri: non soltanto di natali ma anche di capacità. Standish infatti è afflitto da un disturbo dell’apprendimento che gli impedisce di imparare a leggere e scrivere (dislessia diremmo noi, ma poco importa cosa, diranno loro).

Preso di mira da insegnanti e compagni di scuola, oggetto ideale di atti violenti di bullismo e di prevaricazioni ingiuste da parte dei professori, il ragazzo si rifugia in una mondo di immaginazione e fantasia, di sogni a occhi aperti rafforzati da una grandissima capacità di trasfigurare il reale per renderlo sopportabile, almeno.
Nessuna pace lo attende, né a scuola ma tantomeno a casa, dove la sua esistenza è privata dei genitori – fatti sparire dal regime – e confortata dalla sola presenza del nonno, l’astuto, la volpe grigia che provvede al sostentamento e a tutti gli espedienti necessari per la sopravvivenza.

Nella Zona Sette infatti manca tutto: dai generi di prima necessità alle medicine, dai panni per coprirsi agli utensili di casa. L’atmosfera è perennemente di guerra.
Soli, spiati da vicini al servizio della Madrepatria pronti a vendere chiunque per un misero privilegio, isolati dal mondo esterno perché radio e televisioni sono proibite, costretti in uno spazio sporco e angusto, Standish e il nonno possono soltanto andare avanti per meri istinti di natura.

Ma gli eventi sono destinati a precipitare, a partire da quando una nuova famiglia di respinti si stabilisce accanto a loro. Si tratta del giovane Hector e dei suoi genitori, anch’essi confinati per motivi politici.
I due ragazzi stringono velocemente un’amicizia strettissima. Diversi ma quasi complementari, Hector e Standish sembrano davvero fatti l’uno per l’altro: la brillantezza, la sicurezza e la prestanza del primo allontanano la minaccia dei bulli e ottengono il rispetto dei professori, la fantasia, lo spirito sognatore e la creatività del secondo creano per entrambi un universo fantastico in cui rifugiarsi e sperare.
Attingendo, nello specifico, all’immaginario dello spazio e dei pianeti da esplorare.
Perché ciò di cui tutti parlano, di cui tutti si vantano, l’evento destinato a confermare per sempre la supremazia della Madrepatria e a tacitare i nemici è talmente grande da alimentare l’immaginazione di chiunque: l’allunaggio previsto per il 19 Luglio, un’impresa da sempre data per impossibile e che ora pare prossima a realizzarsi.

Sarà davvero così? In un crescendo di colpi di scena, tutta la vita di Standish verrà sconvolta in poche settimane. Una realtà già dura verrà messa ancora alla prova, prima dalla perdita di Hector, sparito anch’egli senza lasciare traccia, poi da un misterioso nuovo inquilino la cui identità sarà tanto sorprendente quanto pericolosa e, infine, dalla scelta, coraggiosa ed eroica, di prendere posizione e impegnarsi per cambiare gli eventi.

Un romanzo duro dove non viene lasciato spazio ad alcuna forma di edulcorazione.
Una storia fantastica che ha il realismo di un colpo allo stomaco e il vigore di una scrollata poderosa di spalle.

Prima di addentrarsi nella lettura di questo libro è necessario abbandonare tutto ciò che eravamo abituati ad aspettarci in un racconto per ragazzi.
“Il pianeta di Standish” è un’esperienza nuova che non lascia spazio ai cliché del genere, dove anche la prosa è insolita – scorrevole ma allo stesso tempo complessa coi suoi salti temporali e una prima persona che entra e esce dalle stanze delle fantasia, con capitoli brevi ma, insieme, fili da tendere e riannodare continuamente.

Una storia in cui tutto è scuro. E’ solo il risultato a essere luminoso.
Perché dopo aver sofferto – molto – sperato – moltissimo – essersi commossi  – un poco – essersi arrabbiati – assai – e aver accettato, inesorabilmente, quell’ultimo masso sul petto, non si potrà che chiudere il libro con uno strano sorriso sulle labbra.
Ed è quel sorriso, inaspettato, che racconta della libertà, della potenza della ribellione, dello stimolo a sognare, della resistenza, inossidabile, dell’amicizia e dell’amore, del valore – che è ben altro rispetto alla perfezione -, del coraggio di andare incontro alle proprie idee e contro tutti gli indottrinamenti e le violenze.
E’ quel sorriso, come una luce alla fine del tunnel, che ci restituisce, infine, il senso.

(età consigliata: dai 13 anni)

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