Dopo tanti annunci e rilanci, mercoledì è stato il giorno in cui il premier Matteo Renzi, tra le altre cose, ha presentato il suo piano per il rilancio del lavoro, nel nostro Paese: una vera e propria vetrina, in cui il rottamatore – con fare da televenditore, hanno criticato aspramente in molti – ha presentato le mosse del Governo, per i giorni a venire.
Intanto, abbiamo una data, il 1° maggio: a partire da quel giorno, infatti, partirà il taglio alle tasse in busta paga, per tutti quei lavoratori dipendenti (circa 10 milioni) che hanno uno stipendio lordo mensile pari o inferiore a 1.500 euro, un provvedimento che si tramuta in circa 80 euro netti in più. Dove trovare le coperture per una misura del genere? 10 miliardi di euro l'anno è la cifra necessaria, secondo le stime del premier, per rendere operativo il provvedimento, soldi che arriveranno da una spending review più accorta e mirata.
Nello stesso periodo, inoltre, diventerà operativo un altro importante provvedimento: il taglio del 10% dell'irap, l'imposta sulle aziende. Lo scopo, spiega Renzi, è quello di liberare capitali utili per il rilancio dell'economia e delle stesse imprese. La copertura arriverà dall'aumento al 26% della tassazione sulle rendite finanziarie.
Non c'è che dire: il Governo, da qui a maggio, avrà il suo bel daffare per permettere al suo premier di mantenere quanto promesso. Il dubbio, però, è quanto mai lecito: non sono pochi, quelli che mostrano un aperto scetticismo, soprattutto per quel che riguarda la questione dei fondi necessari, per non parlare, poi, dell'onnipresente occhio critico dell'Unione Europea, sempre attenta all'andamento dei disastrati conti italiani.
Nello stesso mese, inoltre, diventerà operativa anche la parte italiana di Garanzia Giovani, con lo stanziamento di ben 1,7 miliardi di euro, per il programma che dovrebbe permettere un più facile passaggio dal mondo della scuola al mondo del lavoro. Inoltre, Renzi sembra intenzionato, da subito, ad estendere la Garanzia Giovani ai Neet, invece di attendere gli sviluppi futuri del progetto.
Altro provvedimento, forse il più importante, annunciato dal premier, è la revisione della riforma Fornero, tramite la presentazione di un disegno di legge, che verrà portato in Parlamento nei prossimi giorni, dove si lavorerà ad una nuova riforma del lavoro. Renzi parte dal suo Jobs Act, per introdurre nel nostro sistema un nuovo sistema di lavoro e di welfare.
Prossimamente, quindi, avremo l'introduzione del reddito minimo e di una nuova forma di sussidio di disoccupazione universale; l'obbligo, per le imprese, di non avere più del 20% di forza lavoro assunta a tempo determinato; gli stessi contratti a termine, ridotti all'essenziale, non potranno durare più di tre anni, mentre l'apprendistato diventerà la forma contrattuale predominante.
La parte riguardante il tetto massimo del 20% di precari e il limite di tre anni ai contratti a termine, però, entrerà in vigore da subito, poichè seguirà l'iter del decreto legge. Proprio in questo provvedimento, però, si annida la parte peggiore e più precarizzante del Jobs Act. Stiamo per assistere all'ennesima deregolamentazione del mercato del lavoro.
Fino ad oggi, infatti, il limite massimo di dipendenti a termine era demandato agli accordi tra aziende e sindacati e, secondo le stime, si è sempre rimasti nella media tra il 10 e il 15% di precari sul totale dei lavoratori. Spostare l'asticella al 20%, probabilmente, porterà sicuramente a nuove assunzioni, che saranno, però, fittizie, in quanto basate su contratti a termine, privi di tutele, grazie all'introduzione del tetto dei tre anni.
E' assolutamente vero che esistono fin troppe leggi e leggine, circa il rinnovo di un contratto a termine, ma, per lo meno, ci sono delle regole e dei limiti. Limiti che, grazie a Renzi, scompariranno: come quello di una sola proroga al contratto (sei mesi, più altri sei mesi, poi doveva scattare l'assunzione a tempo indeterminato o il divieto di assumere altri precari, in caso di licenziamento), che lascerà spazio a proroghe infinite, senza alcun obbligo di assumere a tempo indeterminato, al termine dei tre anni.
Insomma, si rischia di passare da un opposto – l'eccesiva burocratizzazione precarizzante, imposta dalla Fornero – all'altro – l'eccessiva deregolamentazione precarizzante di Renzi -, con il risultato, però, identico in entrambi i casi: il precariato e non saranno, certo, 80 euro in più a salvarci da esso.
Danilo