E' la seconda metà del mese di Aprile del 1943, quando le forze di sicurezza naziste cominciano il lavoro di "liquidazione" del ghetto ebreo di Varsavia. E' da gennaio dello stesso anno che la resistenza armata del ghetto si oppone alle deportazioni. I combattenti sono isolati, male equipaggiati e non hanno alcuna speranza di vittoria.
La comunità ebraica di Varsavia è una delle più grandi d'Europa e, a dispetto di una lunga storia di antisemitismo russo e polacco, ha sviluppato un fiorente quartiere, già a partire dal 13° secolo. Con l'invasione nazista della Polonia, nel settembre del 1939, era naturale che gli ebrei polacchi cercassero rifugio e aiuto nella comunità di Varsavia. A Novembre, il quartiere venne sigillato e venne innalzato un muro alto 20 metri, che lo circondava per 11 miglia; era stato creato il ghetto. Ad eccezione di un un piccolo numero di lavoratori specializzati che uscivano dal ghetto, durante il giorno, per andare a lavorare, il contatto con e dall'esterno era proibito, e punito con la morte. I non-ebrei vennero allontanati dal ghetto, mentre 138.000 ebrei, dall'esterno, furono portati dentro. Fame e malattie, in particolare tifo, si impadronirono dell'area sovraffollata. Nell'estate del 1941, erano già morte 5.000 persone al mese. Conseguenza di questo forzato sovraffollamento, fu la creazione di una comunità: con i suoi ospedali auto-organizzati, librerie, teatri, orchestre e scuole. Giornali e pubblicazioni clandestine, si moltiplicavano, via via che il ghetto si radicalizzava. Emersero due blocchi principali. Da una parte, ci fu quella che prima sarebbe stata un'improbabile alleanza fra i comunisti, i sionisti di sinistra e l'anti-sionista Socialist Bund. Insieme, avrebbero formato il gruppo armato di resistenza conosciuto come ZOB (Organizzazione di battaglia ebraica); dall'altra, un gruppo più piccolo di sionisti di destra si unì nel ZZW (Unione Militare Ebraica).
L'estate del 1942, vide la "Soluzione Finale" entrare in una nuova fase. I nazisti ordinarono al Consiglio Ebraico di fornirgli 6.000 persone al giorno, per la deportazione verso il campo di Treblinka. Le notizie arrivate dal campo, portarono alla decisione di resistere e non permettere alcuna ulteriore deportazione. Era l'autunno quando si formarono le prime unità combattenti ebraiche. Male equipaggiate, dipendevano dall'esiguo numero di armi leggere che venivano rubate ai tedeschi, e dalla piccola quantità di armi che riusciva ad arrivare dalla resistenza, all'esterno. Ma, ostili alla sinistra e profondamente compromessi con il tradizionale anti-semitismo polacco, il governo polacco, in esilio a Londra, negò qualsiasi supporto.
Solo più tardi, col procedere dei combattimenti, la Guardia del Popolo (le forze di resistenza comuniste) avrebbe dato aiuto agli insorti e, ad un certo punto, sarebbero anche entrati nel ghetto per combattere a fianco della resistenza ebraica.
Nel gennaio del 1943, le forze naziste circondarono il ghetto per incominciare le deportazioni di massa. La comunità rifiutò di obbedire e i combattenti occuparono le strade. Per dodici settimane i combattenti dello ZOB e dello ZZW riuscirono a controllare il ghetto, e a tenere a bada i nazisti. Senza nessun piano di battaglia a lungo termine, e senza alcuna speranza di sopravvivere, sapevano solo di stare salvando la loro comunità da una morte certa nei campi di sterminio. La maggior parte dei combattenti erano armati solo di una pistola e di bottiglie molotov; ben poca cosa contro i carri armati e l'artiglieria tedesca. Erano le sei del mattino del 19 aprile del 1943, quando le SS entrarono nel ghetto, con l'intenzione di dare inizio alla "liquidazione". Contro tutte le previsioni, i combattimenti continuarono fino a metà maggio, quando i nazisti raggiunsero il loro obiettivo: 13.000 ebrei erano stati uccisi e 50.000 deportati a campi di sterminio. Solo un mazzo di combattenti era riuscito a scappare e ad unirsi agli altri gruppi di resistenza. Alcuni di loro sarebbero sopravvissuti per partecipare alla liberazione di Varsavia, nell'agosto del 1944. Un'altra storia, questa, con i sovietici a solo 15 chilometri, quando la resistenza prese il controllo della città.
Ma Stalin, deliberatamente e cinicamente, decise di lasciare la resistenza al proprio destino. Una Polonia indipendente sarebbe stata un grande inconveniente.
Uno degli ultimi sopravvissuti dei combattenti del ghetto, Marek Edelman, avrebbe detto: " Nessuno credeva che si sarebbe salvato. Sapevamo che la nostra lotta era condannata, ma essa avrebbe mostrato al mondo che c'era una resistenza contro i nazisti, che si potevano combattere i nazisti."
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