Dino Licci-Politeismo (Pervigilium Veneris) acrilico su tela 120X80Pur essendo il politeismo una forma molto elementare di religiosità, essa, a mio avviso, espletava una funzione ansiolitica sulle vicende umane. Incolpando gli dei degli eventi nefasti che turbavano la vita dell’individuo, si allontanava il senso di colpa che oggi alberga nell’individuo moderno. Il Dio monoteista è per definizione buono e giusto per cui la colpa di un evento infausto ricade sempre su chi lo ha subito, che deve vestire i panni del penitente sempre in debito verso chi l’ha creato. Questo induce a sensi di colpa l’umanità e, negli individui più deboli, può addirittura scaturire in pericolose nevrosi e crisi di panico conclamate.LA RELIGIONE EGIZIASarebbe estremamente complesso cercare di riassumere in poche righe la pletora di dei che affollavano il pantheon egizio, conseguenza del fatto che l’antico Egitto era suddiviso in 42 distretti, ognuno dei quali aveva un nome legato alla località di origine ed un proprio dio a protezione delle messi e del raccolto. Era sempre presente un’evidente zoolatria essendo molti dei egizi rappresentati con aspetto animale ( Bast-il gatto, Fathor-la mucca, Anubi –lo sciacallo) forse in riferimento ad una primitiva componente totemica che in parte si evolse verso l’unificazione del dio nelle due componenti umana ed animale (aspetto umano e testa animale), cosa che ci ricorda le divinità indiane come il simpatico Ganesh, il dio dalla testa d’elefante.Con l’unificazione del paese si introdusse il culto di divinità comuni come la triade divina composta da Geh (la terra), Nut (il cielo) , e Ra (il sole).Molto poetica l’immagine del sole che veniva accolto la sera nelle braccia della madre terra per riposarsi la notte dal lungo cammino.Ma altri dei affollarono presto la mitologia egizia spesso generando conflitti tra le classi sacerdotali delle varie località. Così ad Ermopoli sorse una Ogdoade composta da otto divinità , quattro maschili con la testa di rana e quattro femminili con la testa di serpente , abitanti dell’isola delle fiamme o isola dei coltelli, isola formatasi da una collina di fango emersa dalle acque. Queste divinità avevano come capostipite Thot, che simboleggiava la luna, ed erano:Nun e Nunet : il caos delle acque primordiali;Kuk e Keket: l’oscurità;
Huh ed Huhet: l’illimitatezza;
Amon ed Amonet: l’invisibili
Invece a Menfi, sede dei faraoni delle prime dinastie, si veneravano Ptah ed il creatore Atum.Ma tutti gli egizi avevano un dio in comune, il dio della morte, il dio Osiride, perché essi credevano che esistesse una vita ultraterrena e che il corpo avesse una sorta di anima, il Ka, che però non poteva esistere senza il suo corpo. Ecco perchè gli egizi imbalsamavano e mummificavano i loro corpi. Il Ka, giunto nel regno dei morti, veniva giudicato da Osiride ed un consesso di 42 demoni che lo condannavano, se peccatore, ad orribili tormenti , mentre lo inoltravano, se puro di spirito, nel regno di Yaru, dove il grano cresceva alto e la vita trascorreva gioiosa per l’eternità.Mentre il cammino dell’anima di un cattolico è aiutato oggi e nel nostro occidente dalle preghiere dei suoi cari o meglio ancora (per i preti) da elargizioni in denaro (le cosiddette “messe” o lasciti in favore del clero), il Ka aveva a disposizione delle norme da seguire per non incappare negli infiniti pericoli del mondo ultraterreno. Queste norme erano scritte nel LIBRO DEI MORTI e contenevano preghiere, formule magiche, inni sacri, di cui il Ka doveva far uso per non cadere nei tranelli tesi dai demoni del male che avesse incontrato nel suo percorso verso la salvezza e la gaiezza eterna.




