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Il poliziotto e lo studente

Da Aquilanonvedente

Dal quotidiano Repubblica del 15/11/2012, pag. 2.

Il poliziotto: “Perché i miei coetanei mi odiano tanto? Anch’io come loro combatto le ingiustizie”

Il poliziotto e lo studente
TORINO – “Ho avuto paura, forse per la prima volta da quando sono in servizio ho avuto davvero paura. Sono rimasto al mio posto però anche quando mi hanno colpito perché è il mio dovere…” dice l’assistente di polizia Massimo C., 36 anni, il più grave dei tre poliziotti feriti a Torino.

Che cosa è accaduto precisamente?

“Proteggevo una sede della Provincia. Ci sono arrivati addosso in una quarantina mascherati con caschi e sciarpe. Impugnavano mazze da baseball, bastoni spranghe. Mi hanno massacrato ma c’è una cosa che mi fa più male delle ferite. E’ l’odio che ho visto nei loro occhi, erano come invasati…”

Che pensa di loro?

“Che sono ragazzi come me e che probabilmente hanno i miei stessi problemi. Coetanei che però mi vedono come un nemico, un qualcosa da eliminare. Vorrei spiegare loro che con la violenza non si risolve nulla, che ci sono altri modi di combattere le ingiustizie. Io per farlo mi sono arruolato in polizia e nel mio lavoro ci credo…”

L’universitario: “Per noi le divise sono un ostacolo se non ci fanno raggiungere gli obiettivi”

TORINO – Nicola Malanga, 23 anni, è presidente del senato studenti dell’ateneo torinese, eletto tra

Il poliziotto e lo studente
gli studenti indipendenti.

Perché l’aggressione al poliziotto?

“Non ho visto l’aggressione al poliziotto e comunque non era certo pianificata: per noi la polizia è un ostacolo se ci impedisce di raggiungere i nostri obiettivi. Non un nemico. E’ ovvio che ci siano anime diverse in un corteo di migliaia di persone, ma atti di singoli non devono ricadere sull’intero movimento.”

Anche le incursioni contro diversi uffici pubblici non si possono definire “pacifiche”. Eppure le rivendica?

“Quelle sì, erano state concordate nelle assemblee che hanno preceduto la manifestazione. Purtroppo sono i media che ci obbligano ad alzare il livello dello scontro: se vogliamo far sentire la nostra voce siamo costretti a esporci in questo modo. Altrimenti sarei ben contento di attaccare dei manifesti con le nostre idee, come fece Lutero sulla porta della chiesa, ma adesso non otterremmo lo stesso effetto.”

Dopo aver letto queste due brevi interviste, non ci sarebbe bisogno di alcun richiamo pasoliniano per stabilire da che parte stare.

Purtuttavia, una riflessione breve breve voglio farla.

Avete notato come parla l’universitario? Come uno dei peggiori politicanti. Notate bene.

Non ho visto l’aggressione al poliziotto“: è tipico dei politicanti. Quello che non vedono direttamente (o che fanno finta di non vedere) può essere messo in discussione, può anche non essere mai accaduto.

Il poliziotto e lo studente
Atti di singoli non devono ricadere sull’intero movimento“: il politicante che parla a nome del partito si dissocia sempre dai singoli atti, non perché li giudichi negativamente, ma perché (riallacciandosi a quanto dice prima) l’aggressione “non era certo pianificata“, come se questo la rendesse meno grave.

Sono i media che ci obbligano ad alzare il livello dello scontro“: eccolo qui lo stronzone! In un colpo solo riesce da un lato a dare la colpa ai giornalisti (tipico dei politicanti: dicono una cosa e il giorno dopo la smentiscono, dando la colpa ai giornalisti che hanno capito male) e dall’altro a confessare che gli scontri servono per avere visibilità sui media. E se i ragazzini prendono le manganellate dai poliziotti, tanto meglio, perché ci sarà una visibilità ancora maggiore (questo l’ho aggiunto io, ma il senso è quello).

Quell’universitario lo vedremo laureato intorno ai 30-32 anni. Poi il papà gli troverà lavoro in qualche banca o in qualche multinazionale. Se possibile, magari anche in qualche ente pubblico. Intorno ai quarant’anni, se lavora nel privato, inizierà a partecipare alle prime “razionalizzazioni” aziendali, licenziando a pié di lista qualche decina di operai. Se lavora in un ente pubblico, parteciperà alla privatizzazione (se non alla chiusura vera e propria) di qualche servizio pubblico (di quelli meno redditizi, tipo asili nido, scuole materne, ecc.). Poi lo candideranno al Parlamento.

E’ soltanto a quel punto che qualcuno si chiederà: ma perché il 14 novembre 2012 non gli hanno spaccata la testa a questo qui?

Ma ormai sarà troppo tardi…

P.S.: le foto sono quelle della manifestazione della CGIL a Roma il 23 marzo 2002, quando Cofferati portò in piazza circa tre milioni di persone. Altri tempi (e soprattutto altri segretari della CGIL)…

Musica!



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