Confesso che ero piuttosto titubante sull’andare a vedere o meno Il Ponte delle spie , il film di Spielberg sullo scambio fra Gary Powers il pilota dell’U2 abbattuto sull’Unione sovietica nel 1960 e l’agente del Kgb, Rudolf Abel, catturato a New York nello stesso anno: ormai sono diventato gravemente allergico alle manipolazioni storiche di marca Usa e temevo uno shock anafilattico. Invece ne sono uscito vivo: la ricostruzione oltre ad essere narrativamente interessante è abbastanza aderente ai fatti, a parte il finale in cui si allude a una possibile brutta fine di Abel tornato fra i suoi che erano pur sempre – oh my God – comunisti, mentre si dà per scontato che Powers ritorni tranquillamente nel seno degli all american boys, un tratteggio stravagante perché chi ebbe davvero dei problemi fu proprio il pilota dell’U2 sostanzialmente accusato dall’opinione pubblica americana di non essersi schiantato con l’aereo e , catturato, di non essersi ucciso col cianuro in dotazione. Un personaggio riabilitato in memoriam solo dopo mezzo secolo.
Però ci sta, quotidianamente si vede e si sente assai di peggio. Tuttavia c’è un rapido passaggio del film che non so se interpretare come una gaffe della sceneggiatura, un messaggio subliminare lanciato all’americano medio , una presa in giro del medesimo o l’ennesimo di saggio storico all’americana: è il punto in cui un poliziotto, dopo una sorta di attentato nei confronti dell’avvocato di Abel, interpretato da Tom Hanks, mostra tutta la sua indignazione per il difensore della spia sovietica e gli dice che non può sopportare la sua azione visto che lui aveva combattuto, era nella terza ondata sulla spiaggia di Omaha in Normandia. E’ davvero singolare perché come ognuno sa o dovrebbe quanto meno sapere anche se vede nel tronismo l’unica aspirazione di una vita, l’Urss combatteva allora assieme agli Usa, anzi per dirla proprio tutta, senza il suo contributo decisivo non ci sarebbe stato alcuno sbarco, né in Normandia, né altrove. Sia per un motivo militare perché i tedeschi senza il fronte russo avrebbero potuto disporre di 5 milioni di uomini in più, di decine di migliaia di aerei e di carri oltre che, presumibilmente, di giganteschi rifornimenti in materie prime provenienti dall’Asia sovietica
(e anche dell’atomica se l’idiozia di Hitler, in questo caso benvenuta, non avesse negato i fondi per la sua costruzione fin dal 1938 ). Sia per un motivo strategico visto che lo sbarco in Normandia si rese necessario, a guerra già sostanzialmente persa dalla Germania, proprio per evitare che i sovietici arrivassero al cuore dell’Europa (vedi nota).
Ma è proprio questo contributo decisivo che oggi si vuole cancellare facendo della sconfitta del nazismo un risultato esclusivamente americano, un cannibalismo storico cui sono invitati i poveri inglesi con le loro cornamuse e i francesi con la baguette sotto le ascelle, purché stiano al loro posto. Questa sorta di esclusiva con appropiazione indebita è diventata la pietra angolare dell’eccezionalità americana, la stessa che permette di esportare democrazia e generare caos e massacri senza produrre l’indignazione e la reazione che meriterebbe. Figuriamoci se dopo la “fine della storia” il merito andasse diviso con altri e che altri, addirittura con i comunisti. Si tratta ovviamente di una tesi improponibile sul piano scientifico o meglio dal punto di vista del rigore storiografico, persino da parte del revisionismo che anzi tende a rigiudicare il nazifascismo all’interno di una presunta guerra civile europea tra capitalismo liberale e comunismo, ma abbastanza rozza da andare benissimo per la vulgata mass mediatica e avvalorata sempre di più con l’esclusione dei russi dalle manifestazioni ufficiali per la vittoria, alle quali al contrario partecipano in pompa magna gli sconfitti.
Così probabilmente quella del poliziotto non è una gaffe, ma il punto centrale del film, la chiave di lettura in chiaro della dinamica psicologica della vicenda e anche quella cifrata della storia secondo l’evangelio americano.
Nota E’ben noto come i piani di invasione dell’Europa furono preparati in tutta fretta dagli americani (operazione Bolero) , già dall’inizio della loro entrata in guerra alla fine del ’41 quando si temeva che una totale vittoria dei nazisti sull’Unione Sovietica avrebbe dato alla Germania i mezzi per contendere il potere globale a Usa e Gran Bretagna. Poi furono messi in secondo piano e ripresi attivamente dopo Stalingrado quando le paure si invertirono e si cominciò a temere che l’Urss potesse investire l’intera Europa. Con la conferenza di Casablanca del gennaio 1943 le cose non si erano delineate chiaramente e venne ancora prudentemente deciso di costituire solo un saliente continentale con l’invasione dell’Italia che nei piani doveva portare ad attestarsi in poco tempo lungo le Alpi. La cialtroneria della catena di comando italiana che mandò all’aria tutti i piani costruiti con Badoglio e la casa reale, insieme all’accanita e imprevista resistenza tedesca, contrapposta ai cedimenti sempre più grandi sul fronte orientale, resero necessaria la preparazione nel corso del ’44 dell’invasione in Normandia.