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Il ponte delle spie

Creato il 13 gennaio 2016 da Eva Gatti @avadesordre

La cattura di una spia russa a New York nel 1957 getta gli Stati Uniti nell'isteria collettiva ma per garantire che il giusto processo a Rudolf Abel, la difesa viene affidata a James Donovan, un avvocato di punta di un grosso studio legale. Per Donovan il processo ad Abel non è solo una facciata ma si impegna a fondo per il suo assistito mettendo a rischio l'incolumità della propria famiglia. Quando il pilota di un U 2 americano che stava fotografando il territorio russo, viene catturato: Donovan, ancora una volta suo malgrado, diventa il negoziatore dello scambio tra le due spie ma proprio in quei giorni a Berlino Est si costruisce il muro e un giovane studente americano finisce nelle prigioni della DDR..

Pontedellespie

La prima inquadratura del film mostra il flemmatico Abel intento a dipingere il proprio autoritratto con l'ausilio di uno specchio: vediamo l'uomo di spalle e abbiamo di fronte le due rappresentazioni, così diverse tra loro. In questa inquadratura c'è tutto il significato del film: la doppia vita della spia, di chi la gestisce, di chi la deve condannare ma non troppo per poi avere in mano qualcosa da proporre in un possibile scambio. C'è la difficoltà della mediazione, della diplomazia che si nasconde dietro una sua teatralità.
C'è anche il registro stilistico della pellicola che dietro una perfetta rievocazione d'epoca parla del nostro presente, un film che sembra hitchcockiano ma in realtà è fordiano: l'uomo solo, sicuro di quanto ritiene giusto pronto a battersi per ciò in cui crede anche a costo di andare contro i propri interessi e la luce quasi divina che inonda le aule di tribunale deriva da Il giudice un film del 1934 di John Ford. Anche a quella luce viene dato un valore ambiguo nel film: se nella prima parte illumina Donovan nei momenti in cui esprime i suoi alti ideali, la ritroviamo anche a Berlino nello studio dell'avvocato doppiogiochista Vogel, perché anche lo strumento più nobile in tempi loschi si presta a usi pessimi.
Un'altra immagine che mi ha molto colpita è quella di Donovan sulla metropolitana mentre tutti stanno leggendo in prima pagina dei suoi tentativi per ricorrere in appello per conto di Abel e improvvisamente la gente inizia a riconoscerlo e a mostrargli il suo disappunto, questa scena mi è parsa una perfetta rappresentazione dei social media dove ogni notizia diventa l'occasione per esprimere il proprio disappunto senza mai riflettere o ragionare. Ancora una volta è l'uomo solo, che non ha neppure scelto quella situazione ma ci si è trovato per caso, a dover far affidamento sulle proprie convinzioni ed andare avanti, senza badare agli altri come dice espressamente Donovan al pilota Powers che dopo la prigionia russa si trova a dover affrontare il disprezzo dei suoi connazionali.
Pur così odiato, Powers va salvato per quello che potrebbe rivelare mentre lo studente Frederic Pryor, che ha avuto la sfortuna di trovarsi dalla parte sbagliata del muro è una pedina sacrificabile ma non per Donovan che nella sua umanità riconosce il valore di ogni singola vita.
Il finale è un' po' appesantito dalla retorica dell'antiretorica con il rientro a casa e nella normalità dell'eroe per caso ma la pellicola riesce a instillare una lezione morale e a divertire al contempo.


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