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Il ponte delle spie di Steven Spielberg: la recensione

Creato il 13 dicembre 2015 da Ussy77 @xunpugnodifilm

bridge-of-spies-il-ponte-delle-spie-news-gate-steven-spielbergQuanto è attuale la Guerra Fredda

Contraddistinto da una fluidità narrativa invidiabile, Il ponte delle spie è un prodotto che, seppur ambientato durante la Guerra Fredda, possiede una grandissima attualità. Il ritorno di Spielberg dietro la macchina da presa è una lezione di moralità, priva di stucchevolezza.

1957. Rudolf Abel, pittore di ritratti e di paesaggi, viene arrestato con l’accusa di essere una spia russa. Il governo americano vuole assicurare ad Abel un processo giusto e gli affida l’avvocato Donovan, che fino a quel momento si è occupato di assicurazioni. Donovan prende sul serio la difesa, attirandosi le ire dell’opinione pubblica e della moglie. Nel mentre un aereo spia viene abbattuto nello spazio aereo russo e all’orizzonte si profila uno scambio di prigionieri. La CIA affida il delicatissimo compito a Donovan.

Ispirato a fatti realmente accaduti e a un personaggio che ha vissuto appieno la Guerra Fredda, l’ultimo film di Steven Spielberg è un catalizzatore di attenzioni. Difatti lo spettatore si sente rapito da una narrazione con i tempi giusti e che, nonostante la sostenuta verbosità, non annoia e non perde il filo del discorso. Ed è così che il pubblico fa la conoscenza de Il ponte delle spie, un film in cui si respira un profondissimo senso di moralità e responsabilità, delle quali trasuda (senza barcollare mai) il personaggio interpretato da Tom Hanks, a suo agio nelle vesti di un semplice, ma risoluto, avvocato newyorchese di assicurazioni, che si ritrova a dover difendere una spia russa catturata negli Stati Uniti. E non sarà l’unica mansione che ricoprirà durante il conflitto statico tra Usa e Unione Sovietica.

Film dal “passo” noir, che si tramuta in un thriller d’altri tempi con strizzate d’occhio all’ironia da commedia (merito dell’apporto in sede di scrittura dei fratelli Coen), Il ponte delle spie costringe lo spettatore a fare i conti con le situazioni che si vengono a creare sullo schermo cinematografico, a filtrarle e a rapportarle all’attuale presente. Non è un caso che Spielberg si sia concentrato su un personaggio che ha fatto sempre “la cosa giusta”, non esclusivamente per spirito patriottico, ma seguendo la propria coscienza, rimanendo fedele al suo nerbo morale e alla sua professionalità. La delineazione del personaggio sotto questo punto di vista è perfetta e la scelta di farlo impersonare a Tom Hanks è azzeccata, perché riesce a infondergli un’ingenuità pura, quasi fanciullesca, derivante dalla consapevolezza di trovarsi a proprio agio con la propria coscienza. Invece recuperando il concetto relativo all’attualità del film, si può notare l’accurata ambientazione storica costruita attorno all’avvocato Donovan. Sul finire degli anni Cinquanta c’era un forte immobilismo tra due nazioni, c’erano le spie che facevano il doppio gioco e rischiavano la propria vita per un cumulo d’informazioni. Ora la situazione è molto simile, anche se amplificata: lo stallo non è tra due schieramenti definiti, ma tra due religioni, due linee di pensiero, internet fa lo sporco gioco delle spie e si lotta ancora per un pugno d’informazioni. Spielberg esibisce la sua idea: l’importante è fare sempre la cosa giusta. Ma si pone anche una domanda fondamentale: a quale prezzo?

Spielberg rende omaggio a un giusto della Storia e mette in scena un film consapevole della sua funzione sociale. Un prodotto con carattere, che fa comprendere quanto sia importante la vita di ciascuno, da questa o dall’altra parte della cortina di ferro. O dall’altra parte del mondo.

Uscita al cinema: 16 dicembre 2015

Voto: ****


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