Magazine Cultura
di Salvatore Pili
Nel I capitolo l’autore puntualizza che l’attuale popolazione sarda, fatta eccezione per la gallurese che ha seguito un’altra sorte, analizzata geneticamente risulterebbe in continuità genetica con la popolazione della cultura di Otzieri( 3200-2850), periodo in cui si ritrovarono fissati i caratteri di popolo nella gente sarda.
Con questa affermazione il Cabriolu prende nettamente le distanze dagli studiosi che hanno visto la Sardegna terra di conquista sottomessa alle invasioni di popoli più o meno vicini. Scende nei dettagli l’autore e sostiene che gli studi genetici sull’uomo della cultura di Otzieri rivelano contatti col popolo Basco, Irlandese, dell’Italia centrale, Turco. Nega decisamente l’eventualità d’invasioni che abbiano influito sul mutamento genetico: in appoggio alla sua affermazione di un popolo geneticamente endemico, cita gli studi del glottologo Mario Alinei che sosterrebbe che la lingua attuale sarda sarebbe il risultato di un processo endemico di questo popolo iniziato nel paleolitico.
La Gallura avrebbe, invece, una popolazione che nel linguaggio e nelle caratteristiche genetiche differisce dal rimanente contesto perché più esposta agli influssi esterni provenienti dalla Corsica. L’aver messo in risalto le affermazioni dell’Alinei circa la storia evolutiva della lingua sarda, immagino voglia significare anche che il Cabriolu sia disposto ad avanzare più di una riserva su quanti sostengono tout-court che la lingua sarda derivi dal latino; ritengo voglia aggiungere che la facilità con la quale la gente sarda abbia preso a parlare correttamente il latino, non sia dipeso dall’arretratezza dovuta al suo isolamento, ma forse per la probabile affinità fra le due lingue; e voglia sopraggiungere il dato storico che i primi re di Roma furono Etruschi e che” Reges soliti sunt esse Etruscorum qui Sardi Appellantur…” e questo quindi, anche se ciò potrà far storcere la bocca a parecchia gente, rafforza la possibilità di una certa affinità fra i due linguaggi.
Secondo il Cabriolu è a partire dalla cultura di Otzieri che la gente Sarda si scopre comunità e come tale addotta criteri comuni nelle costruzioni, nell’artigianato ceramico, nell’utilizzo di tante miniere di cui è ricco il sottosuolo dell’isola.” I presupposti della cultura di Otzieri……hanno condotto…..a dare origine…..civiltà…..nuragica”. Anche questa asserzione vuole mettere in chiaro il suo pensiero per quanto riguarda la gente sarda fautrice della cultura Nuragica( non so se qualche volta si sia lasciato andare a parlare o scrivere di “Nuragici” termine di cui non ne approva l’utilizzo come non si è mai usato il termine “Piramidici” riferito agli Egizi): c’è un filo conduttore che unisce le genti della cultura di S. Michele a quelle della civiltà che ha espresso fra le altre cose i Nuraghes; queste non hanno meno sardità di quelle,soprattutto non vengono dalla Lidia o chissà da dove. I Nuraghes anche se è vero che hanno prestato la loro impronta a questa cultura sono, per l’autore, solo la parte più emergente di questo grande mare culturale. Non è meno forte il riconoscimento alla cultura Sarda dal Bronzo Medio(1600-1330) Età del Ferro(900-510) di essere cultura statuale con tutte le prerogative implicite che questo stato comporta.
Passa poi a indicarci le diverse miniere degli svariati minerali, essendo arduo il numerarle mi limiterò a riassumere che esistono miniere di piombo, argento, zinco, rame ,oro, ferro, stagno nativo puro e stagno in lega con altro minerale, così anche con questo dato può tappare la bocca a coloro che, ignorando la presenza dello stagno nell’isola hanno pontificato che la produzione del bronzo debba essere stata necessariamente insegnata da genti che già conoscevano la pratica della fusione dei diversi componenti.
Mette in evidenza come la centralità dell’isola Sarda nel Mediterraneo rende inevitabile il coinvolgimento di questa negli scambi fra l’Europa e l’Africa in tutte le direzioni; come la ricchezza del suolo e sottosuolo in qualche modo la favorissero nelle relazioni di scambio prima, commerciali poi. Chiude il capitolo accennando alla fortuna commerciale incontrata dalle “sarde” e dalle “sardine”, precisando che in origine l’attenzione e il successo commerciale era riservato al tonno giovane di un anno che veniva chiamato chissà perché “sarda”.
Immagine: I Commilitoni - Museo Archeologico di Cagliari
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