Il segretatrio della CEI critica il governo: «Senza sinergie non si va da nessuna parte. Se il governo pensa di andare avanti da solo perderà pezzi di gente, pezzi di consenso. Tenendo l’orecchio appoggiato alla storia comune della gente vediamo i limiti di certe agende politiche.» Così dice monsignor Galantino, aggiungendo poi che è necessario mettere al centro dell’azione di governo «la famiglia, la formazione, il lavoro, i nostri giovani; quando non si fa questo si tradiscono le attese della gente.» Caro monsignor Galantino, io invece critico lei. Ma non la critico perché critica il governo. Ci mancherebbe. Si rilegga bene il discorsetto che ho riportato sopra: non si accorge che è la tipica sbobba del politicante o del sindacalista, quello che in piazza dice tutto e niente, ma lo dice con vivissima partecipazione lisciando il pelo al popolo? Da una parte sembra di risentire la vecchia retorica della concertazione, che in Italia ha già fatto abbastanza guai; dall’altra sembra che anche lei, come molti, e forse come la maggioranza degli italiani, ritenga che la politica sia onnipotente, nel bene come nel male, e che il suo primo compito sia quello di accudire il gregge, cioè la gente. Non si accorge che di queste sfatte quadrature del cerchio è fatto quel populismo debole che regna in Italia dalla fine della guerra e che ci ha portato alla paralisi?
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