Il dolore non sempre ha dei connotati precisi. Lo si scorge in un gesto un po’ smanioso, in una smorfia appena accennata, in un’espressione svagata. Lo si scorge in uno sguardo spento, in due occhi grigi che si intravedono da quelle fessure in cui un tempo brillava il ghiaccio, e ora…
Il dolore è la consapevolezza che quando esci di casa ci sono migliaia di ragazzi che prendono il pullman, vanno a scuola, si allenano in un campo di periferia con la speranza di vincere un qualsiasi campionato da nulla, pur sapendo che non diventeranno mai chissà chi. E invece il tuo è lì, che vive da segregato e altro non ha se non guarda una, due, tre partire di calcio… E sognare. Che cosa poi?
È da quando ho chiuso Il posto giusto, romanzo d’esordio di Simona Garbarini pubblicato da Casasirio, che nella mia testa risuona una canzone di Francesco De Gregori. La leva calcistica del ’68… la conoscete? Quella il cui ritornello dice: Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia…Chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai, di calciatori che non hanno vinto mai…
Non so bene perché, perché a parte il sogno di giocare a pallone e la nascita in un quartiere e in una famiglia problematici, Nino e Toni, il protagonista di Il posto giusto, almeno all'apparenza, in comune non hanno molto altro.
Toni viene da una casa famiglia, la madre è morta anni fa e il padre, dopo anni di abusi, è in galera per droga. Toni gioca a calcio in un campo fangoso della Falchera, un quartiere della periferia nord di Torino che negli anni '80, periodo in cui è ambientata la vicenda, era molto degradato. Gioca in mezzo ad altri bambini come lui e sogna di fare il calciatore, da grande. Un sogno che sembra realizzarsi, quando nella vita di Toni non compare Guido, medico delle giovanili del Toro, che un giorno si ritrova a vedere proprio una partita di Toni, in quel campo sgangherato della Falchera. Da lì alla presa in custodia il passo e breve. E da lì, a farlo giocare nelle giovani del Toro anche. Perché Toni ha talento, tanto talento. Ma ha anche un passato pesante, che torna a fargli visita e compromette, oltre che il rapporto con Guido, anche il suo futuro. Toni sparisce per un po’, e poi quando ritorna deve cominciare tutto da capo, con addosso una fama davvero difficile da cancellare in quell'ambiente. Ma, dicevamo, Toni ha talento, tanto talento. Come il Nino di De Gregori. E anche altruismo e coraggio, che lo portano a un finale inaspettato.
È un bel romanzo, Il posto giusto di Simona Garbarini. Che parla di calcio, sì, ma come espediente per far capire quanto un sogno possa aiutare a rialzarsi e a cambiare la propria vita. Ma parla anche di altro. Di abusi, di case famiglia e di adozioni. Di droga e cattive strade. Di amicizia e di solitudine. E di amore: quello tra padri e figli, che a volte non c’è, che a volte c’è anche se il sangue non è lo stesso, che a volte deve rimanere nascosto ma è più forte che mai.
Forse alcuni temi, tipo quello delle adozioni e della droga, vista la loro importanza, avrebbero dovuto essere approfonditi un po’ di più. Vengono quasi sempre solo sfiorati, quel tanto che basta a farci capire cosa è successo o sta succedendo, senza mai però analizzarli a fondo. Credo che dipenda anche dal fatto che Il posto giusto è fondamentalmente un romanzo per adolescenti, che in certi dettagli potrebbero perdersi. A parte questo, comunque, devo dire che il romanzo mi è piaciuto molto. Si legge di un fiato e lascia tanto su cui riflettere.
Non lo so se poi Nino quel calcio di rigore sia riuscito almeno una volta a tirarlo e a non sbagliarlo. So invece che Toni ha fatto molto, molto di più.
Titolo: Il posto giustoAutore: Simona GarbariniPagine: 196Editore: CasasirioAcquista su Amazon:formato brossura: Il posto giustoformato ebook: Il posto giusto