PRIMA DEL BUIO INFINITO
Non più il sentiero amato
e tante volte percorso
nella selva amica
quando l’ombra avvolge ormai la Terra.
L’inverno nucleare è già iniziato,
attimi di luce ancora
prima del buio infinito.
Un ricordo, particolare e personale, di Gunter Grass morto pochi giorni or sono all’età di ottantaotto anni (era nato nel 1927). Considerato il maggior scrittore tedesco della seconda metà del novecento, Gunter Grass è stato uno scrittore piuttosto schivo, riservato e con quella specie di charme della discrezione tutto tedesco. Il film IL TAMBURO DI LATTA, tratto dall’omonimo romanzo, visto nei primi anni Ottanta del secolo scorso ancora ragazzina e forse ancora incapace di comprendere appieno la sua profondità o la sua nitidezza ma comunque fortemente impressionata da scene curiose o crude, belle o troppo estreme che non si dimenticano più.
La conoscenza di questo scrittore davvero grande sarebbe avvenuta, però, negli anni a venire, precisamente nel 1987, con la lettura del romanzo LA RATTA che, in quegli anni, ha suscitato non poco scalpore perché visto in un’ottica di nichilismo palese o di fondo e per la sua, in un certo senso, crudele premessa di un possibile scenario futuro nemmeno tanto lontano.
Il romanzo LA RATTA di Gunter Grass, più che le sue altre opere, mi ha come segnata, forse con un piccolo marchio a fuoco nell’anima e in un subconscio piuttosto tormentato e turbolento. Una storia senza un inizio e senza una fine si potrebbe dire, dove tutti i personaggi dei precedenti romanzi di Gunter Grass si ritrovano puntuali al principio di un’era in cui una guerra o una catastrofe nucleare ha cancellato ogni traccia di civiltà e il mondo nel quale, nostro malgrado, agiamo e viviamo tutti.
Deriva del mondo, deriva della civiltà umana, deriva del pianeta ma, soprattutto, deriva dell’uomo consapevole, finalmente, dei suoi tragici errori storici, della sua barbarie, del suo imbrutimento, di ciò che ha perpetrato e compiuto fin dalla sua comparsa sulla Terra. Ora i dominatori sono i ratti, animali non proprio nobili e fieri, decisamente schifosi, ai quali l’autore concede il privilegio di essere i padroni del mondo come da sempre lo sono stati in tempi di pestilenze, di carestie, di guerre, di morte e di sconvolgimenti di ogni genere. Cosa pensare o dire di Gunter Grass come scrittore e come uomo adesso che egli non è più? Uno scrittore forse scomodo perché forse veritiero e radicale che ha irriso, dissacrato, sferzato e reinventato la società e la letteratura cercando di scuotere, dal suo intorpedimento, un’umanità irretita dall’ipocrisia e dalla mediocrità; un uomo colpito nel profondo, temprato o traumatizzato, anche lui, dal fuoco e dall’acciaio(in modo indelebile), come tutti quelli della sua generazione, durante un’infanzia e un’adolescenza vissute in pieno periodo nazista in una Germania che ne ha subito o accettato le estreme conseguenze insieme all’Europa e al mondo intero, ma che ha pur intravisto e messo in pratica, nonostante tutto, il potenziale inesauribile di rinascita, di libertà, di vita insito nell’Arte, la sola realtà umana capace di creare e di edificare ancora dopo ogni immane catastrofe singola o collettiva.
Francesca Rita Rombolà