1970, nove dipinti dell’artista americano arrivano a Londra. Lo stesso giorno il corpo di Rotko viene trovato disteso sul pavimento del bagno del suo studio. Il pittore ha indugiato così a lungo nel terreno della morte che ha finito per togliersi la vita. Nel 1970 era il momento dell’arte come gioco , Andy Warhol e Roy Lichtenstein si gustavano assieme al Rock and roll, lontani da qualsiasi pensiero e rifiutando la solennità dell’arte. Il fatto che Rotko si fosse tolto la vita rendeva la sua opera ancora più funerea.
Eppure…quei quadri…qualcosa in loro vibra potentemente, pulsa. Quelle linee nere trascinano in luoghi misteriosi. Sono l’inizio di un’avventura sconosciuta in uno spazio sconosciuto.
Ha 55 anni è all’apice della fama e sta lavorando su commissione a una serie di dipinti (il compenso è di 35.000 dollari: cifra altissima per l’epoca) che dovranno coprire come “un fregio continuo, impossibili da evitare, ineluttabili, come il destino“, le pareti dell’inaugurando The Four Seasons, ristorante di lusso situato all’interno del Seagram Building, il bellissimo grattacielo di Manhattan progettato da Mies van der Rohe. Gli Stati Uniti vogliono dimostrare al mondo la profondità dell’arte oltre alla spettacolarità. È il più grande pittore americano vivente ma ha passato 30anni di difficoltà economiche e lotte interiori.
Una sfida. Che cosa può fare l’arte? Può irrompere nella vita di tutti i giorni? Può metterci in contatto con le sensazioni dell’estasi, dell’angoscia, del desiderio e terrore? Il pittore riflette a lungo. Nutre un sentimento di ambivalenza nei confronti del capitalismo americano e nel successo.
30anni più tardi non può dire di no alla commissione del Four Seasons è la sfida più grande della sua carriera.
I suoi colori sono gli attori delle sue opere sono la divisione della superficie in rettangoli spesso orizzontali e l’utilizzo del colore che viene distribuito in modo omogeneo sopra a questi spazi, fino a far quasi scomparire la traccia della pennellata. Scelte compositive che servono a rendere la contemplazione dello spettatore più intima, permettendo una sorta di volo prospettico nel colore. Un viaggio ipnotico, mentale e spirituale, all’interno dell’opera, grazie alla fusione del colore con la geometria dell’immagine. Ma non si tratta di un viaggio allucinatorio o di un’esperienza sensoriale, perché i quadri di Rothko sono dei capolavori del dramma. Sono una rappresentazione della tragedia esistenziale del loro autore, senza che vi sia una soluzione di continuità e senza alcuna pausa salvifica data dal tempo.
” Un artista dipinge per gli esseri umani e le reazioni degli uomini di tutti i giorni sono l’unico premio capace di dare soddisfazione vera all’artista“. Negli ultimi anni le sue opere sono richiestissime ma il successo è doloroso, diventa acolista e fumatore. Il suo lavoro si incupisce. Si chiude sulla difensiva, amareggiato e abbraccia il nero corvino. Quei contorni sfilacciati pieni di luce sono spariti, al loro posto dipinge il nero della luce, una sorta di tomba della sua speranza per l’arte. Dipinto dopo dipinto si avvicina alla fatalità, divide la luce, ed è pronto alla morte. Crea uno spazio dal colore sfumato e ambiguo in cui finire, lontano dalla confusione dell’attualità.
Ci ha lasciato opere che parlano del dolore e della gioia, del nascere e del morire, della vita fino alla tomba.